Aldo Bianchini
SALERNO – La nuova “serata di ordinaria follia” (denunciata dal quotidiano le Cronache – 18.07.19) ripropone alla pubblica attenzione il gravissimo problema del “pronto soccorso” dell’Azienda Ospedaliera Universitaria (San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona) meglio nota come “ospedale Ruggi” di Salerno.
Non si può sempre continuare a denunciare solo il caso o i casi di malasanità (nella fattispecie un ragazzo con la clavicola fratturata è stato ore sulla barella in attesa di sistemazione e probabilmente di controlli – fonte le Cronache) per vendere qualche in copia in più del proprio giornale; bisognerà che anche la stampa si produca in uno sforzo tecnico professionale nella proposizione di even tuali “modelli lavorativi” che possano risolvere quello che comunque resta un grave vulnus della sanità pubblica: strutture, aziendalizzazione e umanizzazione.
La struttura; il biglietto da visita del Pronto Soccorso del Ruggi è, a dir poco, scandalosamente inquietante; quello del Ruggi è, forse, l’unico Pronto Soccorso al mondo in cui bisogna fare una curva ad U per fermarsi di fronte all’entrata di accoglienza; una stortura incredibile, nata con la nascita dell’ospedale negli anni 70 e che non si riesce a rigenerare al meglio. Certo la curva ad U c’entra poco con il modo di accogliere e di curare, così come non c’entra con le aspirazioni spesso un tantino forzate dei pazienti, ma è la cartina di tornasole di un “sistema sanità” che comunque stenta a decollare nonostante le ineccepibili professionalità che vi operano al suo interno, spesso a prezzo di duri sacrifici personali e relazionali.
Tutti tranquilli, però; è stata annunciata la mega idea deluchiana della costruzione di un nuovo ospedale con strutture modernissime; ma non fatevi troppe illusioni, è solo campagna elettorale per le regionali del 2020.
; nel merito mi piace riportare una riflessione del dott. Nunzio Antonio Babino (già direttore sanitario dell’Ospedale di Polla e di altre strutture sanitarie regionali): “””Dietro ogni problema c’è l’uomo … la persona malata è un uomo o una donna, in ambedue i casi, che spesso percepisce un disagio nel vivere il proprio “status” di bisogno degli altri, nella fattispecie degli Operatori della sanità pubblica. Questi ultimi, uomini e donne, operano in un Sistema, che da poco ha “festeggiato” i quarant’anni dalla fondazione (Legge 23 dicembre 1978, n.833). Questo sistema, prima nazionale, poi regionale ha voluto “aziendalizzare” la sanità ed ha finito con farla diventare “disumana”””. Sicuramente la forzata aziendalizzazione ha prodotto delle distorsioni all’interno del sistema perché si è voluto creare dal nulla dei “manager” quando gli stessi soggetti erano soltanto e molto probabilmente dei “buoni funzionari”
L’aziendalizzazione
L’umanizzazione degli operatori; è sempre il dott. Babino che scrive: “””Occorre riflettere su questa situazione (sicuramente non voluta dal Legislatore né dai soggetti protagonisti) per mettere subito in campo nuove strategie capaci di recuperare più “umanità” nei rapporti tra Operatori e Malati. Come? Innanzi tutto liberando il Medico ed in genere l’Operatore della Sanità dai tanti problemi burocratici venutisi a creare in un contesto dove sembra che a tutti faccia piacere che nessuno abbia l’autorevolezza né per “comandare”, né per “decidere” autonomamente “in scienza e coscienza” professionale. E’ questa la sfida della nuova Sanità che vorremmo: efficiente non solo dal punto di vista scientifico, ma anche e soprattutto capace di non sottovalutare l’importanza dei rapporti umani e delle risposte assistenziali più umanizzate, rispetto a come sono attualmente praticate dagli Operatori e percepite dai Cittadini”””. Condivido punto su punto quanto scritto dal dr. Babino, uno scritto che è anche una proposta fattiva per la creazione di un “nuovo modello lavorativo” a livello nazionale; è proprio così, le persone educate e perbene ci sono dovunque, ma ci sono anche gli idioti e i cretini mascherati da un camice bianco.
Allora cosa fare ? chiederebbe il semplice cittadino. Bisognerebbe innanzitutto far passare un principio in assoluto: “Dietro ogni paziente c’è una persona malata, e quindi indifesa, che va rispettata in maniera totale”, al di là di ogni ragionevole stanchezza dell’operatore, di insofferenza del paziente, di carenza di personale e/o di guasto alle macchine e strutture operatrici sanitarie, touch ecografico compreso. Non ci sono mezze misure, questa è una regola ferrea che deve fermare chiunque, dal direttore generale dell’ospedale fino al più umile ma utile addetto alla pulizia. Dopo, soltanto dopo, si può anche passare ai giusti chiarimenti ed alle spiegazioni, urbane e comprensibili, del modello lavorativo che ogni organizzazione ospedaliera si dà per far fronte all’enorme richiesta di assistenza sanitaria che viene dalla popolazione.
I tre massimi responsabili dell’Azienda Sanitaria Universitaria (il direttore generale AOU dr. Giuseppe Longo, il direttore sanitario AOU dr. Cosimo Maiorino, il direttore presidio ospedaliera dr. Angelo Gerbasio) e la bed-manager (dott.ssa Rosa Sammartino) sanno benissimo come affrontare tutti i problemi, soprattutto quelli che vengono dal passato, che assillano il mondo della sanità pubblica; ed ho avuto modo in più occasioni di constatare la loro capacità organizzativa.
Siamo tutti noi che ci dobbiamo mettere il resto, segnalando le inefficienze e gli errori e senza alcuna drammatizzazione cercare di offrire anche delle soluzioni.
Qualche mese fa ho avuto modo di incontrare e conoscere da vicino il direttore sanitario dell’AOU, dr. Cosimo Maiorino, con il quale ho avuto modo di dialogare, con grande reciproco rispetto dei ruoli, sulla sanità in genere e sui problemi sopra enunciati in particolare. Il direttore sanitario ebbe modo anche di suggerirmi che al di là degli uomini che esistono dietro gli operatori e dietro i pazienti c’è, comunque, un altro problema che a volte è insuperabile: la struttura ospedaliera; difatti quella del Ruggi a prima vista non appare, così come ideata e costruita quarant’anni fa, in linea con le moderne esigenze ospedaliere.
Ritenendo di assoluta attualità le mie riflessioni scritte qualche tempo fa, condivido l’analisi fatta dal Giornalista Aldo Bianchini sui problemi causati dall’aziendalizzazione del Sistema Sanitario, tra cui la perdita di “umanità”, sicuramente involontaria, da parete degli Operatori.
Mi auguro che i Responsabili del Sistema, Politici, Direttori Generali, Direttori Sanitari, Direttori dei Reparti Ospedalieri, Medici ed Infermieri tutti, non solo del Pronto Soccorso, prendano coscienza, sempre di più, sulla necessità di creare un “nuovo modello lavorativo”, come definito da Bianchini, capace di recuperare la necessaria “fiducia” dei Cittadini.