Aldo Bianchini
SALERNO – Sono ormai passati quasi 34 anni da quando, il giorno 28 ottobre 1985, il dr. Giovanni Pentagallo (allora Pretore del mandamento di Salerno) con sentenza n. 1679/85 sentenziò la mia assoluzione “per insufficienza di prove” da un reato molto brutto, quale era ed è la “falsa testimonianza”, per avere secondo l’accusa sollecitato artatamente (subornazione !!) la memoria di alcuni testimoni per indurli a dire il falso nell’ambito del processo per alcuni fatti accaduti tre anni prima e che qui sarebbe inutile e superfluo ricordare.
Da allora ho letto centinaia di volte quella sentenza (dieci pagine in tutto) perché dalla stessa e dall’intera vicenda ho poi maturato la mia passione per il giornalismo giudiziario e perché, a mio avviso, quella stessa sentenza delinea alla perfezione i confini dell’uomo e del giudice che Pentagallo ha interpretato in maniera eccellente per tutta la sua vita professionale.
Ed anche se per quella sentenza utilizzò la formula della “insufficienza di prove” (storica aberrazione giuridica !!) debbo riconoscere che proprio quella determinazione mi convinse, allora come ora, che il magistrato Pentagallo seppe dignitosamente distinguere le due facce del problema (uomo e giudice) di fronte ad una ineccepibile e puntuale mia ricostruzione dei fatti e nell’ottica dell’esercizio del potere giudiziario svolto sempre nel nome e per conto della legge, quella scritta e non quella semplicemente ipotizzata.
In quella sentenza leggo, ancora oggi, il difficile mestiere del giudice, oserei dire la sofferenza che sempre dovrebbe accompagnare ogni sentenza; in quella occasione Giovanni Pentagallo seppe capire quali sono i confini, netti e insuperabili, tra la convinzione personale e le prove utili per una condanna pronunciata in nome della legge; non solo, in quella sentenza leggo da tantissimo tempo la misura dell’essere uomo portatore di proprie convinzioni e dell’essere giudice in grado di condannare o assolvere; una misura che a mio opinabile giudizio il magistrato Giovanni Pentagallo ha sempre dimostrato di avere dal giorno lontanissimo in cui entrò in magistratura, fino a domani, giorno in cui uscirà per sempre dai ruoli della nostra circoscrizione giudiziaria.
Anzi, posso tranquillamente affermare che nonostante il pensionamento Giovanni Pentagallo sicuramente continuerà a battersi per l’affermazione della giustizia, come Egli stesso ha dichiarato alla giornalista Petronilla Carillo (Il Mattino del 13 marzo 2019) che candidamente gli chiedeva cosa farà da pensionato: “Non lo so … Ci penserò. Di sicuro continuerò il mio impegno a favore della giustizia, della tutela dei diritti. Ma lo farò dall’esterno, forse con qualche margine di manovra in più”.
Già in passato ho scritto sulla figura del giudice Pentagallo (pretore, pm, gip, gup, presidente di sezione penale e presidente del tribunale) che dal 14 dicembre 2015 è stato seduto sullo scranno più alto del Tribunale di Salerno nel ruolo di “Presidente”, un tribunale che l’alto magistrato ha cercato di rivoltare come un calzino (ed in parte ci è riuscito) con la forza, la convinzione e la capacità riflessiva di un consumato “tennista da fondo campo” quale Egli è stato in passato e spero lo sia nell’imminente futuro che si annuncia con qualche spazio di tempo libero in più.
Dopo quell’esperienza dell’85 lo rividi, vis a vis, nelle lunghe e tormentate fasi dell’unico vero ed insostituibile processo nell’ambito della “tangentopoli salernitana” che è passato alla storia come “Processo Fondovalle Calore”; Giovanni Pentagallo rappresentava come presidente il collegio giudicante composto anche dai giudici Anna Allegro e Emilia Anna Giordano con i due PM Luigi D’Alessio e Vito Di Nicola (in predicato come prossimo presidente del nostro Tribunale).
E proprio in relazione a questo gigantesco processo ho letto con piacere che il giudice Pentagallo, rispondendo ad una specifica domanda della Carillo ha ricordato che: “Sono contento di ciò che ho fatto, della mia carriera e dei processi importanti che ho seguito come il Fondovalle dove per la prima volta abbiamo fatto entrare le telecamere in Tribunale …”. Ringrazio il Presidente Pentagallo per aver ricordato quell’episodio che non si sviluppò semplicemente con l’entrata in tribunale delle telecamere ma si concretizzò con la registrazione video integrale di tutte le deposizioni più importanti mano a mano che venivano ascoltate e con la registrazione integrale della lunga lettura della sentenza che lo stesso Pentagallo lesse con chiarezza e severa serenità per oltre trenta minuti. Ore ed ore di registrazione trasmesse nelle stesse giornate degli eventi sulle frequenze di TvOggi grazie alla mia intuizione dell’importante rilevanza sociale di quel processo, una importanza che incontrò anche il favore del presidente Pentagallo che avallò la mia richiesta in qualità di direttore responsabile di quella emittente. Addirittura la sentenza del 23 febbraio 1994, completata con le interviste dell’immediato dopo sentenza, andò in onda pochi minuti dopo in contemporanea sulle frequenze di TvOggi e LiraTv in una sorta di diretta-registrata che fece scalpore. Da allora tantissime telecamere sono entrate nel palazzo di giustizia di Salerno ma mai più è stato ripreso un processo nella sua integrale celebrazione.
Le udienze di quel processo, che soltanto io seguii una per una dall’inizio alla fine per non ricorrere alle facili veline degli avvocati, terminavano a volte anche nelle ore notturne; ricordo che una sera verso la mezzanotte il presidente Pentagallo riuscì a recuperare e rettificare la deposizione dei due CTU (uno ingegnere e l’altro architetto) che avevano confuso il “tombino autostradale” con il semplice “tombino delle fognature urbane”; una cosa da far ridere che il docente universitario di costruzioni della Federico II, il prof. Lamberti, non esitò a definire come il risultato delle indagini svolte da due aspiranti geometri.
Per completezza di informazione sulla figura del presidente Pentagallo potete rileggere, in calce, il mio articolo pubblicato su questo stesso giornale il 18 dicembre 2015.
Prima, però, mi corre l’obbligo di augurare, insieme all’intera redazione di questo giornale, al presidente Giovanni Pentagallo una vita lunga e felice.
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Tribunale: Giovanni Pentagallo … for president
Aldo Bianchini
SALERNO (18.12.15) – Erano da poco passate le ore 19.00 del 23 febbraio 1994 quando con voce sibilante e tagliente, ma fredda e decisa, Giovanni Pentagallo, presidente di una delle sezioni penali del Tribunale di Salerno, incominciò a leggere il dispositivo di sentenza a conclusione del lungo processo “Fondovalle Calore” che passerà presto alla storia come l’unico processo alla tangentopoli salernitana conclusosi con diverse condanne in tutti e tre i gradi di giudizio. Nell’aula fredda si sentiva soltanto la sua voce ferma e serena: cinque anni di reclusione per Raffaele Galdi, due anni per Franco Amatucci, un anno e dieci mesi per Carmine Spirito, un anno e dieci mesi a Franco Todini,, un anno e otto mesi a Pasquale Silenzio, un anno e quattro mesi ad Antonio Morcaldi, dieci mesi a Filippo Piecoro, un anno e cinque mesi ad Antonio D’Agnes, quattro mesi per Giorgio Corsi e Vincenzo Morziello, un anno e sei mesi a Vittorio Zoldan, un anno e quattro mesi a Federico Pagano e ad Renzo Rosi, un anno a Pietro Raulli, quattro mesi ad Antonio De Rosa … ecc. ecc.; insomma in pochi minuti gran parte del gotha salernitano del potere venne decapitato, mentre in lontananza si avvertivano già i rumors della caduta dei grandi politici dell’epoca. Lesse anche le sette assoluzioni di quel processo per: Bruno Liguoro, Mario Marchi, Guido Cicatelli, Ernesto Millerosa, Nicola Gigliello, Dante Marino e Antonio Salomone. Incredibile lo sbarramento del fuoco difensivo con i più noti avvocati dell’epoca: Andrea Antonio Dalia, Alberto Clarizia, Pasquale Franco, Dario Incutti, Paolo Carbone, Antonio Zecca, Rocco Pecoraro, Nello Guariniello, Lorenzo de Bello, Angelo Di Perna, Nino Marotta, Enrico e Carmine Giovine, Giuseppe Apostolico, Silverio Sica, Francesco Saverio Dambrosio e Agostino De Caro; li mise in fila tutti, uno dopo l’altro. Seguii attentamente quasi tutte le udienze di quel famoso processo; ebbi modo di apprezzare la serenità ed anche la professionalità del dottor Giovanni Pentagallo quando la mattina del 5 novembre 1993 fece in modo che Raffaele Galdi (in carcere per altra vicenda) entrasse in aula senza le manette e potesse prendere posto liberamente tra i suoi avvocati difensori (Incutti e Zecca); quella mattina la prontezza di Pentagallo evitò che a Salerno si ripetesse il caso di Enzo Carra che era stato trascinato in aula a Milano con gli schiavettoni ai polsi, cosa che fece andare su tutte le furie finanche Antonio Di Pietro. Per il “processo Fondovalle”, inoltre, il giudice Pentagallo stabilì un altro record imbattuto, accolse la mia richiesta di riprendere le fasi salienti del dibattimento e di mandarle in onda la stessa sera sulle frequenze di Tv Oggi di cui all’epoca ero direttore. Per la prima ed unica volta, almeno fino ad oggi, la città ebbe modo di vivere in una diretta-registrata le fasi salienti ed anche drammatiche, di un processo che Pentagallo nell’ordinanza di accoglimento della mia richiesta giudicò di grande impatto sociale e di importanza strategica e interesse per la pubblica opinione. Addirittura la lettura della sentenza fu registrata da Tv Oggi ed andò in onda dopo qualche minuto sia sulle frequenze di Tv Oggi che su quelle di Lira Tv in uno dei rari momenti in cui l’informazione salernitana seppe seppellire l’ascia di guerra.
Ma chi è Giovanni Pentagallo, il magistrato che dal 14 dicembre 2015 siede sulla poltrona di Presidente del Tribunale di Salerno. E’ un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla magistratura, e lo ha fatto con grande spirito di servizio ed in assoluta umiltà; non è mai stato un presenzialista, piuttosto schivo e di lui quasi non esistono pubbliche fotografie e, soprattutto, le cronache non si sono mai interessate. Ha percorso tutta la scala della carriera incominciando come Pretore nelle aule salernitane, per poi passare alla Procura, all’ufficio del Gip/Gup fino alla presidenza di una delle sezioni penali del tribunale; insomma ha fatto e fa il giudice perché gli piace farlo e ci crede fino in fondo. Anche con le sue innumerevoli sentenze, da Pretore prima e da Giudice poi, è rimasto sempre nelle righe della legge per la legge, ed è scivolato quasi silenziosamente lungo le pendici, a volte piene di ostacoli, del suo lunghissimo viaggio professionale; adesso, dopo un periodo nella cosiddetta capitale del diritto (Napoli !!) ritorna nella sua città per presiedere il palazzo di giustizia più importante di tutta la circoscrizione giudiziaria, e non solo. Sono un ricordo molto lontano le lunghe e faticose partite a tennis che amava giocare sui campi in mateco del Villaggio del Sole per tenersi in forma anche mentale e per poter affrontare al meglio il suo duro e impegnativo lavoro. La politica, in quei mesi del processo Fondovalle, cercò forse di circuirlo e di aggredirlo; tenne duro e come fa un giocatore di tennis da fondo campo riuscì a domare tutti i suoi avversari che sfiniti si arresero. La sua nomina a presidente del tribunale di Salerno è scaturita, caso più unico che raro, dall’unanimità del plenum del CSM che ha ratificato, quasi come un semplice passaggio formale, l’importantissimo incarico. Lo aspettano tante difficoltà in un Tribunale che ha necessità di essere riordinato (se non proprio rifondato) in molti settori, ma state tutti tranquilli che con la sua pazienza di tennista consumato riuscirà a passarle tutte con precisi lungo linea e lob di rovescio. Auguri di buon lavoro Presidente Pentagallo.