AMBROSOLI: la vicenda umana e professionale … tra briganti e gentiluomini

 

 

Aldo Bianchini

 

SALA CONSILINA – All’indomani dell’uccisione dell’avvocato milanese Giorgio Ambrosoli avvenuta a Milano l’ 11 luglio 1979 il mitico – famoso o famigerato Giulio Andreotti (sicuramente il personaggio politico chiave della Prima Repubblica) rispondendo ad un giornalista rompiscatole che voleva una sua riflessione sulla morte del commissario giudiziario della Banca Privata Italiana di Michele Sindona (come ha ricordato anche Geppino D’Amico) disse: “è una persona che in termini romaneschi se l’andava cercando“.

Pur conoscendo, come tutti, le esilaranti battute di spirito di “Lucifero” (così era denominato Giulio Andreotti) viene comunque difficile pensare che quella fosse soltanto una battuta; credo, invece, che Andreotti volesse dire soltanto accennare ad una parte della verità, che è credibile come tutte le altre.

In tutto il resto, cioè le tante misteriose verità, c’è quella assoluta che conoscono soltanto Giorgio Ambrosoli, Michele Sindona e forse Giulio Andreotti; e quella verità l’hanno trascinata con loro nelle rispettive tombe per sempre; tutto il resto è frutto di affascinanti, c redibili ma anche fantasiose ricostruzioni di un puzzle complicatissimo ed a tratti imperscrutabile, fino agli omicidi eccellenti degli anni 70 e 80. Finanche la verità giudiziaria è una delle tante verità, frutto anch’essa di ricostruzioni forse meno fantasiose ma sicuramente opinabili.

Una cosa, comunque, è certa; Giorgio Ambrosoli, forse anche non per scelta personale si trovò (in un arco specifico della sua vita umana e professionale) preso, coinvolto e forse stritolato in un complicatissimo caso finanziario-giudiziario-politico-mafioso che tentò di sciogliere con la parte emersa della sua azione professionale e commissariale (autonomia, indipendenza, legalità, senso del dovere, ecc.) diventando, per la storia, quell’eroe borghese da molti osannato e ricordato. C’è evidentemente una parte sommersa, come in tutte le storie, che non conosceremo mai e che neppure la lettera inviata alla moglie chiarisce in tutti i suoi dettagli anche perch’è scritta ben quattro anni prima della barbara uccisione.

Verosimilmente Giorgio Ambrosoli lottò, da solo, contro il “sistema Paese” imperante in quel periodo storico-politico che sfociò nella cosiddetta “notte della repubblica”; uno scandalo, come ho già scritto nel precedente articolo, a cavallo tra Michele Sindona della B.P.I. e Roberto Calvi del Banco Ambrosiano, con la presenza di Licio Gelli (P/2), di Giulio Andreotti, di Paul Marcinkus (IOR, Banca Vaticana), di Mino Pecorelli (giornalista) e di Giuseppe Calò (cassiere della mafia). Insomma una figura molto complessa ed articolata quella di Ambrosoli, a metà strada tra “briganti” e “gentiluomini”, facce opposte dello stesso problema.

A Sala Consilina in coincidenza con il periodo in cui si festeggia la legalità è stata organizzata (dalla Banca Monte Pruno, dall’Associazione Giorgio Ambrosoli di Salerno e dal Comune di Sala Consilina, con il patrocinio del co-organizzatore Ordine degli Avvocati di Lagonegro) una giornata di ricordo del periodo degli anni ’70 e ’80 attraverso la ricostruzione dei fatti che portarono ai delitti eccellenti, tra i quali quello drammatico dell’avvocato Giorgio Ambrosoli. Una ricostruzione affidata all’ottimo giornalista Geppino D’Amico che ha sfoderato il meglio di se dinanzi ad una platea di giovani studenti dell’ I.I.S.S. Martco Tullio Cicerone (il prestigioso liceo classico di Sala Consilina) nell’arco di una mattinata che ha visto anche gli interventi degli avvocati Nicola Colucci (Foro Lagonegro) e Pasquale D’Aiuto (Foro Salerno), del sindaco di Sala C. Francesco Cavallone, della dirigente scolastica Antonella Vairo e della professoressa Anna Colucci.

Nel pomeriggio, invece, nello splendido scenario del teatro comunale “Mario Scarpetta” è stato celebrato un importante convegno dal titolo “La vicenda umana e professionale dell’avv. Giorgio Ambrosoli: quale lascito ?” che ha registrato, credo, anche l’esordio ufficiale nel Vallo di Diano del dr. Gianfranco Donadio, nuovo procuratore della repubblica del Tribunale di Lagonegro, lucano di nascita e salernitano d’adozione, chiamato a relazionare sui “briganti e gentiluomini”.

  • E proprio dal Procuratore intendo partire per il commento tecnico sull’ottimo convegno. Il dr. Gianfranco Donadio, definito spesso come “il giudice silenzioso” per la sua estrema umiltà nei rapporti con il prossimo e per la sua scelta di vita di apparire pochissimo in pubblico, partendo dall’assunto della coesistenza di tante verità ha tracciato, scientificamente parlando, un profilo molto credibile di quegli anni sanguinosi in cui, per via dei molti interessi di carattere finanziario e dell’enorme quantità di denaro proveniente dall’acquisizione da parte della mafia siciliana di quasi tutti i mercati mediterranei e mondiali della droga, divenne assolutamente indispensabile creare delle strutture capaci di raccogliere e riciclare quell’enorme massa di soldi di cui neppure i diretti interessati avevano una precisa contabilità. Nacquero così alcune banche private a completamento di un connubio finanziario-politico-mafioso, un connubio che inevitabilmente portò ai “delitti eccellenti” degli anni ’70 e ‘80 necessari (si fa per dire !!) a coprire quelle smagliature che avrebbero potuto svelare i tantissimi misteri di una repubblica che si avviava in maniera micidiale e sorniona verso l’estinzione. Ottima, convincente ed anche avvincente la ricostruzione fatta da Donadio che resta, comunque, sempre e purtroppo (aggiungo io) una ricostruzione basata su accadimenti pubblici, su sentenze giudiziarie e sulla capacità di mettere insieme i vari pezzi del puzzle complicatissimo che ha caratterizzato, caratterizza e caratterizzerà la vita associativa del nostro come di altri Paesi. Ma il tutto non è una certezza, e la verità probabilmente non la sapremo mai.

 

  • Un’altra relazione credibile e convincente l’ha svolta il dr. Antonio Pandolfo che, tenendosi prudentemente lontano dagli accadimenti di sangue di quel periodo storico travagliato, si è immerso nella spiegazione molto tecnica delle varie forme di credito in funzione dell’economia di un territorio e del suo rilancio imprenditoriale ed occupazionale. In pratica Pandolfo, in maniera molto comprensibile, ha anche tracciato i confini di quella che dovrebbe essere l’azione meritoria di ogni banca di prossimità in ossequio ai presupposti delle rispettive mission, affermando tra l’altro che una banca medio-piccola non può essere governata da disposizioni emesse direttamente dalla Banca Centrale Europea in quanto le singole realtà sono molto diversificate e non rispondono ai principi finanziari che regolano i grandi flussi economici globali; insomma, come dire che l’accentramento del governo finanziario in poche mani non è mai produttivo per l’esercizio dell’azione territoriale-capillare che banche come ad esempio la Banca Monte Pruno svolgono su territori importantissimi anche con il segreto compito di bloccare, se non proprio debellare, i flussi di denaro illecito che spesso e tra le altre cause produce il terribile fenomeno dell’usura.

 

  • Sul ruolo dei commissari liquidatori si è intrattenuto, con dovizia di particolari e con grande capacità professionale, il prof. avv. Giovanni Capo (ordinario di diritto commerciale presso l’Università degli studi di Salerno/Fisciano). Dalla relazione del prof. Capo è emersa con chiarezza la grande difficoltà per un commissario liquidatore di muoversi all’interno di un mondo ostile elevato a sistema abituale che porta a pressioni incredibili che spesso inducono ad essere più cauti nell’esplorazione dei segreti che appaiono subito come misteri.

 

Dal palco del teatro “Mario Scarpetta” hanno portato il loro contributo di saluti e di osservazioni:  l’Avv. Nicola Colucci (Responsabile per il Vallo di Diano Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno); il Dott. Raffaele Battista (Presidente Associazione Giorgio Ambrosoli di Salerno) che da anni si prodiga nel far rivivere l’opera e l’azione dell’avv. Ambrosoli al quale è riuscito a far intitolare piazze e strade; l’Avv. Pasquale D’Aiuto (Segretario Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno); l’Avv. Francesco Cavallone (Sindaco di Sala Consilina) e l’Avv. Gherardo Cappelli (Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lagonegro).

Un ruolo importante per tutta la giornata di legalità e di ricordi l’hanno recitato i due giornalisti chiamati a condurre gli appuntamenti della mattinata e del pomeriggio; Geppino D’Amico ed Erminio Cioffi hanno messo in campo tutta la loro indiscussa professionalità raggiungendo livelli ai limiti della perfezione. Questo dovrebbe servire da monito per tutte quelle Associazioni e/o Enti che organizzano i tantissimi convegni e che, non si capisce per quale arcano motivo, hanno incominciato a snobbare la presenza dei giornalisti nella conduzione degli eventi; una scelta scellerata che sta prendendo piede un po’ dovunque e non soltanto nel Vallo di Diano. Ne discende logico l’invito alle diverse Associazioni di Giornalisti (due delle quali presenti solo nel Vallo di Diano) che invece di battibeccare tra loro farebbero bene e meglio a cercare di arginare il pericoloso fenomeno, anche con azioni eclatanti.

NOTA FINALE:

Scarsa la “presenza fisica in teatro” di avvocati (per i quali era stato specificamente organizzato il tutto) e di spettatori normali. Tanto che alla fine il malcapitato artista Luca Maciacchini ha dovuto replicare quasi da solo il suo “Giorgio Ambrosoli”, uno spaccato di stupendo spettacolo che al mattino aveva raccolto un trionfale successo.

Incredibile, poi, come la presenza di S.E. Mons. Antonio De Luca, Vescovo della diocesi Teggiano-Policastro, sia stata completamente ignorata dall’ufficialità della manifestazione e, cosa ancora più grave, non sia stata neppure segnalata nei vari indirizzi di saluto; eppure il Vescovo era stato lì presente e seduto in prima fila fin dalle ore 16.00 per circa due ore nell’attesa che il convegno avesse inizio.

Non c’è dubbio alcuno che una svista può capitare, tanto è vero che molto sapientemente il buon Geppino D’Amico ha pensato bene di metterci una pezza scusandosi per il mancato saluto; ma ormai la frittata era fatta e il Vescovo era già andato via.

Ma al di là di questa formale mancanza che, ripeto, se può benissimo capitare non cancella il fatto che la presenza del Vescovo poteva e doveva essere utilizzata meglio; anche per dare un taglio ancora più profondo al convegno incentrato sul “flusso di denaro illecito” che anche nel Vallo di Diano ha massacrato migliaia di persone. Parlo dell’usura che è la figlia diretta di quel “sistema finanziario illecito” che il povero Ambrosoli cercò di combattere in perfetta solitudine. Con l’aggiunta che la lotta all’usura sferrata nel Vallo dalla Chiesa (e più specificamente dal sacerdote don Andrea La Regina) è stata una delle componenti fondamentali per la nascita, la crescita e l’espansione delle tre “banche di credito cooperativo” (Monte Pruno, Sassano e Buonabitacolo) che hanno sostenuto ed ampliato le possibilità di credito ufficiale senza bisogno di costringere il mondo dell’impresa a ricorrere al sistema usurante della malavita organizzata.

Una occasione persa ma sicuramente recuperabile da parte degli organizzatori della giornata di legalità celebrata venerdì 22 marzo scorso, prima nel liceo classico e poi nel teatro di Sala Consilina.

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