Alfonso D’Alessio
In un mondo di incertezze, dove la confusione sembra regnare incontrastata, la Chiesa sempre più appare come punto di riferimento saldo per i principi non solo etici e morali, ma anche di difesa della vita. Essa difende questo diritto inviolabile ed inalienabile nel principio e nella prassi. Lo fa con coerenza anche a costo di dare indicazioni che sembrano impopolari, ma che non sono per questo prive di valore. Anzi oggi il coraggio dell’impopolarità è sovente segno di trovarsi sulla buona strada. Per questo ultimamente la Chiesa di Francia, per bocca dell’Arcivescovo di Rennes, Dol e Saint Malo, Mons. Pierre d’Ornellas, ha dato nuovo smalto e slancio alla campagna mondiale per l’abolizione della pena di morte dal pianeta. E’ intenzione di tutta la Chiesa perseguire questo fine nobile e sintomo di conquista civile. A metà agosto 2011, durante la Giornata Mondiale della Gioventù, Papa Benedetto XVI ha offerto ai giovani, Youcat un’edizione del catechismo rispondente al loro modo di comunicare e utile per meglio individuare le risposte ai problemi della fede. Nel catechismo si chiarisce anche perché la Chiesa è contraria alla pena di morte. Per l’autodifesa invita a concentrarsi sui “mezzi non letali”. I mezzi incruenti rispondono meglio alla concretezza del bene comune e sono più coerenti con il rispetto della dignità della persona umana. Il 1° gennaio 2001 il Beato Giovanni Paolo II, ebbe a ribadire che un vero dialogo tra culture non può non alimentare una viva sensibilità per il valore della vita. La vita umana non può essere considerata come un oggetto, bensì come la realtà più sacra e intangibile che è presente sulla scena mondiale. Benedetto XVI è sulla stessa linea e nel gennaio del 2008 ha dichiarato: “sono lieto che l’Assemblea delle Nazioni Unite abbia adottato una risoluzione che invita tutti gli Stati alla moratoria della pena di morte e spero che si stimoli il dibattito sulla sacralità della vita umana”. Se la pena di morte, in linea di principio, non può essere totalmente esclusa quando questa “ fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani”, se ne sancisce definitivamente l’inutilità. Di fatto non si può non tenere presente che oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti”. Si ritorna così alla chiarezza che si aveva nei primi secoli del cristianesimo, quando sussisteva un netto rifiuto in ogni circostanza alla pena di morte. Le sbavature dei secoli successivi e le diverse posizioni sono state chiarite dalla teologia contemporanea e dal Magistero degli ultimi Pontefici. Si è infatti ristabilito senza ombra di dubbio il primato del bene comune e il rispetto della vita di ciascuno. Sarà anche per questo, e per l’impegno di tantissime realtà ecclesiali come la Comunità di S. Egidio, che nel 2011 le condanne a morte hanno raggiunto il numero minimo degli ultimi 35 anni.