Aldo Bianchini
SALERNO – Mentre sullo sfondo comincia a far capolino il risultato di uno studio del dott. Vincenzo Petrosino in merito alle “analisi dei metalli pesanti e Pcb effettuati ad una volontaria affetta da Cancro nel 2014” e residente nei pressi dello stabilimento industriale delle Fonderie Pisano, sull’altro versante (quello della politica e delle istituzioni) continua il serrato dibattito su quelle che potranno essere le vie di risoluzione della delocalizzazione degli impianti prevista da un progetto moderno ed efficiente.
Su tutta questa vicenda il prestigioso quotidiano “Il Mattino” di Salerno, grazie forse al nuovo modello lavorativo imposto dal neo responsabile della redazione salernitana, ha avviato una inchiesta a puntate (affidata alla giornalista Giovanna Di Giorgio) per cercare di approfondire tutti gli aspetti che stanno mandando in tilt il mondo della politica e delle istituzioni, ma anche dell’associazionismo di maniera. Dall’inchiesta giornalistica, condotta in maniera impeccabile dalla Di Giorgio, ognuno può ricavare le impressioni che vuole per cambiare o semplicemente integrare e ampliare il proprio pensiero sull’effettiva pericolosità, o meno, per la salute degli abitanti del rione Fratte (dove è sito lo stabilimento industriale).
L’inchiesta giornalistica è partita con l’illustrazione, per grandi linee, del progetto di riconversione industriale e di delocalizzazione ; un progetto da 43milioni di euro che è stato apprezzato un po’ da tutti finanche dai sindacati che, comunque, restano in attesa di “maggiori dettagli tecnici”; insomma un progetto al passo con i tempi . I tecnici della Pisano hanno già incontrato le maestranze sindacali per spiegare al meglio i dettaglio del progetto, sempre nell’attesa di capire in quale zona della provincia sarà possibile trovare ospitalità.
Al centro dell’interesse dei Pisano per la delocalizzazione c’è sempre l’area industriale di Buccino, facile da raggiungere e molto ben collegata all’autostrada SA-RC, ed è proprio su quella zona (che aveva già ospitato l’anno scorso un interessante convegno, anche se il sindaco non era presente) che anche le maestranze aziendali hanno accentrato una delle tappe del loro “tour informativo” finalizzato alla sensibilizzazione delle comunità locali per abbattere le loro preconcette ostilità.
Ad esempio nel corso del convegno dell’aprile 2018 in Piazza Corinto di Buccino dove si doveva discutere il tema “Ambiente e Fonderie Pisano” (presenti Cammarano e Agosto per i grillini, Casciello per Forza Italia, e Fiscina –presidente ass. Paese Mio) e, dunque, dei timori di possibili inquinamenti legati, come scrivevo, all’eventuale delocalizzazione dello stabilimento produttivo da Fratte nel “sito industriale” post terremoto di Buccino; ci fu un pezzo della discussione sulle Fonderie Pisano ma in maniera assolutamente soft e con un profilo sereno basato sui fatti nell’ottica di un discorso segnatamente legato alle convenienze più o meno esplicite delle ricadute produttive e occupazionali di un trasferimento, piuttosto che all’inquinamento ed al rischio per la salute delle popolazioni residenti in agro di Buccino, un inquinamento che deve essere ancora scientificamente accertato e non soltanto sbandierato a mò di bastone politico in soccorso o contro questo o quel raggruppamento politico.
A Buccino, però, si parlò e molto di inquinamenti già esistenti nella zona del sito dell’area industriale sopra indicata in particolar modo della lavorazione del percolato che produrrebbe, così come produce, due tipi di inquinamento: organico e inorganico con rilascio di sostanze che assicurano la luce disponibile per gli organismi foto-sintetici che finiscono per inquinare sia l’aria che il fiume Tanagro e conseguentemente il Sele in cui lo stesso affluisce. Ma questi inquinamenti sono assolutamente previsti e disciplinati dalla legge; pur essendo evidente che se un’amministrazione come quella di Buccino autorizza senza perplessità l’aumento quantitativo della lavorazione da 100 a 300 tonnellate al giorno di percolato qualche problemino dovrebbe porselo.
Oltre a questo la cosa più importante e inquietante denunciata pubblicamente e con molto coraggio da Gregorio Fiscina fu quella che riguarda l’ipotetico interramento, sotto le vasche di cemento dello stabilimento per il trattamento del percolato, di un indefinito ma pericolosissimo quantitativo di sostanze tossiche e scorie radioattive che costituiscono la vera preoccupazione ambientale per i cittadini di Buccino prima ancora che per le associazioni esistenti sul territorio. Fiscina non è stato tenero ed è andato giù durissimo facendo nomi e cognomi dei possibili presunti responsabili. “Questo –ha detto- è il vero grave problema ambientale per Buccino”. Ma tutto ciò la stampa non l’ha riportato.
Da quel convegno è passato circa un anno ma rispetto al grido di allarme di Gregorio Fiscina non è stata avviata nessuna azione di verifica e di bonifica del territorio dell’area industriale, ma si è continuato a parlare costantemente degli ipotetici rischi conseguenti alla ipotesi di delocalizzazione delle fonderie.
Ritornando all’inchiesta della Di Giorgio devo dire che dalla stessa emerge, in merito alla posizione del sindaco di Buccino, qualche sfasatura contraddittoria che nella sua antistoricità fa scadere la discussione su date e protocolli scaduti anche in presenza di un progetto innovativo e interessante di delocalizzazione con la costruzione di uno stabilimento all’avanguardia in Europa e nel Mondo. Ma questo cercherò di trattarlo nel prossimo articolo.
Per intanto, sempre nell’attesa di una verifica identitaria e scientifica delle analisi annunciate da Petrosino, le vie della seta sono davvero tante anche se per sceglierne almeno una è necessaria la discesa in campo della politica con tutta la sua forza comunicativa.