CALCIO: mistero Juventus & C.

di Paolo Panerai

(Italia Oggi – Milano e Finanza)

 

MILANO – mistero Juventus, ma mistero calcio. Una delle principali industrie italiane, 4 miliardi di giro

d’affari, come dice il presidente della Lega, Gaetano Miccichè. Nonostante ciò ha senso che un

giornale come ItaliaOggi se ne occupi. E la motivazione è semplice. Non solo la Juventus è entrata

nell’indice dei 40 maggiori titoli dello scarno listino italiano, ma come ricorda MF-Milano Finanza, la

Juventus vale più di una banca di straordinaria efficienza come la Popolare di Sondrio, per esempio,

e riesce a collocare sul mercato 150 milioni di obbligazioni a un tasso di interesse del 3,5% che fior

di industrie e banche italiane (per esempio Unicredito) si sognano. Ma prima di andare avanti devo

fare un doppio disclaimer, come è buona regola in finanza: sono di fede viola, ho indossato la

maglia viola, sono stato vicepresidente e dal 2002 sono consigliere della Fiorentina, di cui mio padre

è stato socio ai tempi del primo scudetto. Teoricamente, quindi, dovrei chiamare quelli della

Juventus gobbi, il che implica una buona dose di avversità. Ma qui tutti questi elementi non contano.

Quando a ItaliaOggi si scrive, non si è mai di parte.

Il fenomeno finanziario della Juventus è nato quando Gianluigi Gabetti, il salvatore del patrimonio

degli Agnelli e della Fiat con la scelta di Sergio Marchionne come ad, convinse John Elkann a

lasciare al cugino di secondo grado, Andrea Agnelli, almeno la presidenza e il comando della

Juventus. Figlio di Umberto, Andrea è il secondo azionista, con poco più del 10%, della finanziaria

di famiglia di cui John attraverso la società Dicembre possiede il 30%. Per Gianluigi, l’aver ottenuto

un riequilibrio dei ruoli fra cugini fu una grande soddisfazione, una delle ultime prima di uscire dalla

gestione del gruppo.

Andrea Agnelli, che aveva maturato le prime esperienze lavorative in Philip Morris, nell’area del

marketing dello sport (Formula 1) ebbe subito il riflesso condizionato di farsi consigliare da Antonio

Giraudo, che era stato braccio destro di suo padre anche alla Juventus, prima di cadere assieme a

Luciano Moggi nello scandalo con la retrocessione della squadra in serie B, suggerendo allo stesso

Giraudo di ritirarsi a Londra. Era Giraudo che aveva concepito il progetto di Stadium, che dal punto

di vista patrimoniale è l’asset base del fenomeno Juventus. La determinazione dell’unico Agnelli ai

vertici del gruppo ha prodotto una nuova stagione di vittorie, ma queste sono cronaca sportiva,

quella finanziaria è un’altra cosa, anche se passa prima che sulla borsa sul calciomercato. La regola

è stata di comprare a prezzi che per altre squadre, essendo andate in crisi sia il Milan che l’Inter,

erano eccessivi. I casi più significativi sono stati Paul Pogba e Paulo Dybala. E se Giraudo

suggeriva da Londra, Agnelli ha trovato in Giuseppe Marotta un manager non solo di mercato. Se si

considerassero i calciatori, come in effetti sono, asset da comprare e vendere, si potrebbe dire che i

risultati sportivi hanno alimentato un costante flusso di cassa proprio per comprare e poi rivendere. Il

marketing ha sicuramente avuto un ruolo molto importante, a cominciare dalla decisione di rinnovare

radicalmente il marchio.

Ma tutto questo non basta a spiegare la possibilità di arrivare a una capitalizzazione superiore al

miliardo di euro, che, a sua volta, negli ultimi mesi è stata alimentata dalla notizia che la Juventus

avrebbe sostituito nell’indice dei primi 40 titoli del mercato, guarda caso, nientemeno che Mediaset,

quindi considerando la Juventus come un titolo del settore spettacolo e media, come già è avvenuto

in Gran Bretagna per varie squadre di calcio. Ma il London stock exchange ha società di ben altra

portata delle poche grandi italiane e quindi i vari club che da tempo sono diventati anche macchina

da soldi non sono entrati negli indici più importanti.

Ma la scalata Juventus non è senza ombre, se si dà credito a quanto recentemente ha scritto Il

Fatto quotidiano, relativamente alla capacità della Juventus di dominare il calciomercato con

operazioni speciali. A destare l’attenzione e a far sorgere interrogativi, secondo Il Fatto, sono

compravendite prive di una spiegazione di logica calcistica, come l’acquisto da parte del Genoa di

Enrico Preziosi per circa 20 milioni di euro di Stefano Sturaro, reduce da infortuni e da una stagione

deludente allo Sporting Lisbona. Come già scritto, da Paolo Zuliani, Preziosi è noto nel mondo del

calcio per spremere anche le rape, essendo disponibile «a vendere anche sua madre» pur di fare

quadrare i suoi conti. E siccome Preziosi era reduce dalla straordinaria operazione di vendere al

Milan per 35 milioni più bonus lo scatenato centravanti polacco Krzysztof Piatek, che aveva pagato

meno di 4,5 milioni pochi mesi fa, è legittimo domandarsi come mai è andato a comprare per quasi

20 milioni Sturaro. Che costa di stipendio fino al 2021 più di tre volte di Piatek, portando il costo

complessivo delle prestazioni di Sturaro a oltre 23 milioni, riducendo di molto la plusvalenza

realizzata con l’inesorabile centravanti polacco.

Un attacco di dissipazione di Preziosi?

 

Il fatto è che sia pure con il dubitativo, vengono citate altre operazioni simili della Juventus con

l’altra squadra genovese, la Sampdoria, dove il proprietario Massimo Ferrero, alias Viperetta, pare si

sia impegnato a comprare dalla Vecchia Signora, ormai ringiovanita dalle centinaia di milioni, il

portiere Emil Audero per 20 milioni, mentre un anno fa il Genoa aveva venduto proprio alla Juve per

soli 13 milioni più 2 di bonus il portiere della nazionale Mattia Perin.

Segue il racconto che anche il presidente del Cagliari, Tommaso Giulini, in passato legato per

attività imprenditoriale a Massimo Moratti, generoso ex presidente dell’Inter, ha fatto acquisti

importanti dalla Juventus: 9 milioni di euro l’attaccante Alberto Cerri che nel campionato in corso ha

giocato solo 8 partite con zero goal. E ancora più clamoroso, il super competente e ricco (con il

calcio) Giampaolo Pozzo, proprietario non solo dell’Udinese ma anche di squadre in Gran Bretagna

e Spagna, ha comprato sempre dalla Juventus per ben 20 milioni il giovane Rolando Mandragora.

Insomma, miracolo dei miracoli, ora è la Juventus che vende a squadre controllate da personaggi

abilissimi sul mercato giocatori o con problemi come Sturaro o giovani e per ruoli dove i prezzi sono

fra i più bassi del mercato. Che Viperetta paghi addirittura 20 milioni di euro per un giovane portiere

è davvero non facile da codificare fra le operazioni ordinarie.

Pur senza scriverlo, ma con logica economica, Zuliani lascia intendere che per la forza che ha sul

mercato la Juventus stia infilando una serie di vendite tali da determinare significative plusvalenze in

questa particolare contingenza di mercato, dove essendo possibile comprare e vendere, è sempre

possibile, a tempo debito, restituire il favore.

E qui si entra su un terreno minato. Tutte le società quotate in Borsa quando vendono o comprano o

scambiano qualcosa devono offrire prima al consiglio d’amministrazione e poi al mercato valutazioni

suffragate da perizie. Nel calcio naturalmente non se ne parla, anche perché chi potrebbe essere il

perito per calcolare quanto vale davvero un calciatore? Anche gli asset-società sono soggetti a

variazione di valore, ma l’analisi finanziaria e la tecnica di valutazione dei periti dispongono di criteri

consolidati per esprimere giudizi. Negli asset-calciatori delle società di calcio ciò non è possibile per

motivi che sono di tutta evidenza. In realtà vale solo il criterio della domanda e dell’offerta. Quindi

non è difficile per due club fare accordi di acquisto e vendita.

Per il sospetto che il Chievo Verona e altre squadre abbiano aggiustato i loro bilanci con appunto

acquisti e vendite di giovani calciatori a valori particolari, la simpatica squadra veronese ha subito

una penalizzazione di molti punti che rischia di portarla in serie B alla fine di questo campionato.

Tutto ciò in nome di una regola che fa sorridere rispetto a quanto avviene, il cosiddetto fair play

finanziario. Fair play perché? Ma naturalmente per il rispetto di regole sui bilanci e sulla gestione,

per non fare concorrenza alle altre squadre (mancanza di fair play) comprando a debito e vendendo

a valori più alti giocatori simili sul mercato.

Nonostante il fair play (lo è quello del presidente della Lazio, Claudio Lotito, che è riuscito a

rateizzare a 30 anni i debiti con il fisco?) non sono rari i casi di fallimento o quasi di squadre di

calcio. Sembra essere ora il turno del Palermo, che l’irrefrenabile Maurizio Zamparini ha fatto finta di

vendere negli ultimi due anni almeno due volte.

Ma per spiegare il fenomeno Juventus e l’operazione che probabilmente ha spinto il titolo sopra ogni

altra ragione, bisogna far ricorso a una legge che molti Paesi hanno adottato per cercare di far

venire a vivere nei loro confini ricche persone straniere o loro cittadini che sono lontani dal Paese

da almeno cinque anni. Senza questa legge, che per l’Italia garantisce una tassazione fissa di 100

mila euro a prescindere da qual è il reddito dell’interessato, Cristiano Ronaldo non sarebbe mai

venuto in Italia e alla Juventus.

È una legge che andrebbe abrogata per garantire il fair play di un club calcistico rispetto agli altri?

La legge ha una finalità generale positiva, perché tende a far aumentare il pil attraverso la spesa e

gli investimenti dei ricconi che altrimenti andrebbero in qualche altro Paese. Nel calcio

probabilmente ci saranno altri casi Ronaldo, per esempio il calciatore croato, Luka Modric, in forza

al Real Madrid, che ha vinto il pallone d’oro e ha una mezza promessa nei confronti dell’Inter.

Un tempo accadeva che molti campioni andassero in Spagna perché lì avevano un trattamento

agevolato. Dopo i casi di evasione fiscale, secondo le autorità spagnole, dello stesso Ronaldo e di

Leo Messi, forse verranno in Italia.

 

E per la Juventus oltre che un costo elevato, Ronaldo si à rivelato un asset importante anche per

aggiustare la finanza attraverso il bond che è stato battezzato con il nome di CR7, abilmente

sfruttato da Morgan Stanley e Ubi che hanno curato il collocamento.

Certo che deve essere grande la frustrazione di molte società con stabilimenti, brevetti, tecnologia,

mercati consolidati, a vedere il tasso del 3,5% che ha spuntato la Juventus con il bond di 150

milioni.

In effetti, tutto ciò non è altro che la dimostrazione di come sempre più l’epoca in cui si vive è legata

alla popolarità di un nome, anche nella finanza. Popolarità che si chiama populismo nella politica.

Almeno in Portogallo, da dove Ronaldo viene, la legge di defiscalizzazione è riservata ai pensionati

stranieri che decidono di andare a vivere lì, come hanno fatto anche molti giornalisti italiani. Chi sa

che cosa ne penseranno il milanista Matteo Salvini e il populista Luigi Di Maio. (riproduzione

riservata)

 

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