Aldo Bianchini
SALERNO – Quando la spa Rtc Italia – Quarta Rete, emittente televisiva privata che io ho diretto per oltre sedici anni, chiuse i battenti per fallimento nessuno gridò allo scandalo. Nonostante i ripetuti comunicati del CdR e miei personali nessuno mosse un dito, anzi molti si lanciarono come iene sulla preda caduta per azzannarla e sbranarla; alla fine la ingoiò con un sol boccone il patron di Lira/Tv Raffaele Budetti che nella fretta di accaparrarsela commise, comunque, alcuni gravi errori di passaggio; tanto è vero che oggi a Cava de’ Tirreni esiste una nuova emittente televisiva con la stessa denominazione della società fallita che ha ripreso nella località di origine un ruolo importante sottraendo un bacino pubblicitario molto importante e per la gestione del quale, credo, Lira/Tv si fosse impegnata nell’acquisto. Anche il tribunale ha dato torto a Budetti, probabilmente reo di non aver registrato come suo il marchio della storica emittente cavese.
Il fallimento fu decretato nel 2009 ed io, prima e dopo quel triste evento, ho sempre cercato di allertare tutto l’ambiente giornalistico sui rischi che l’informazione salernitana correva; ma anche in questo caso nessuno mi diede ascolto e tutti si schierarono, anche se non apertamente, con l’editore che aveva rilevato quella televisione che per circa sedici anni era stata al servizio delle città di Salerno e di Cava de’ Tirreni dando voce a tutte le componenti della società politica e civile.
Per la prima volta, dopo dieci anni, ritorno su quel grave accadimento perché come tutti sanno in questi giorni è riscoppiata nuovamente la “crisi dell’editoria” che, ad onor del vero, ha lampeggiato ampiamente negli ultimi dieci anni lanciando segnali di avvertimento; al centro dell’attenzione generale il quotidiano “La Città” e l’emittente televisiva “Telediocesi”, sia per gli annunciati licenziamenti che per la passata lunga esperienza di lavoro molto part-time.
Tanto premesso mi accingo a rispondere alla domanda compresa nel titolo affermando che, per quanto mi riguarda, “l’informazione salernitana non è affatto sotto attacco”. Quello che sta accadendo era già scritto da diversi anni e non è nient’altro che la sintesi di una grossa problematica imprenditoriale insorta per il brutale passaggio dalle vacche grasse a quelle magre. Quelle grasse, lo sappiamo tutti, sono finite fin dai tempi di tangentopoli ma nessuno l’ha voluto capire; l’ultimo colpo è stato inferto dalla caduta dei finanziamenti pubblici per l’editoria; finanziamenti che hanno da sempre nascosto la vera domanda del problema: “in regime di spietata concorrenza in quale misura i giornalisti hanno contribuito con la loro professionalità al successo della testata giornalistica di appartenenza ?”.
La legge del mercato impone all’imprenditoria almeno di pareggiare i conti per sopravvivere; quando la forbice tra entrate e uscite si allarga in favore delle uscite la frittata è fatta e sfido qualunque magistrato a mantenere in piede un’impresa. Soprattutto nel caso di un’impresa che opera nel mondo dell’informazione dove davvero tutto è legato agli ascolti ed ai lettori; e gli ascolti e i lettori li producono i giornalisti.
Le chiacchiere non servono a niente, e di chiacchiere in questi giorni ne ho lette e sentite tantissime; tutte anche giuste, per carità, però nessuno dei protagonisti pone la domanda regina (di cui sopra !!) prima a se stesso e poi agli altri.
Quando la televisione Quarta Rete incominciò a vacillare e prima ancora di fallire mi ero correttamente reso conto che insieme alla redazione (giornalisti e tecnici per un totale di una quindicina di persone) non eravamo riusciti a rilanciare sul farraginoso e deprezzato mercato pubblicitario la testata giornalistica televisiva che sopravvisse soltanto grazie ai continui investimenti dell’editore, fino a quando gli investimenti cessarono e il tribunale decretò il fallimento.
Costi : ricavi = benefici : lavoro, è un’equazione che non ammette deroghe; i sindacati, i comitati di redazione, gli appelli delle associazioni contano pochissimo quando in ballo c’è il bilancio di un’azienda.
Soltanto dopo essersi posto queste domande ed aver assolto a questa analisi è possibile passare ad esaminare la pur palese incapacità imprenditoriale di chi, come probabilmente sta accadendo per il gruppo che ha rilevato La Città o per quello che governa da qualche anno Telediocesi, non riesce a relazionarsi con il mondo dell’informazione che è un pianeta a se stante rispetto a tutti gli altri settori dell’economia e dell’impresa. Un settore, il nostro, in cui editori di mezza tacca si sono scannati per qualche piccola pubblicità pubblica, mortificando le singole professionalità giornalistiche e facendo scendere a cifre ridicole i costi della pubblicità, pur di accaparrarsi qualcosina o di entrare nelle grazie di questo o quel potente. Ed a questo modo di fare sicuramente non è stato estraneo neppure il mondo dei giornalisti che ha deprezzato il suo rispettabile lavoro fino a (come spesso dice il governatore De Luca, e nessuno lo contraddice !!) “vendersi per una pizza e una birra”. La frase può apparire come un’aberrazione sociale, è sicuramente lo è, ma trova radicamento in un mondo che ormai si è aperto a tante irruzioni che con il giornalismo vero e proprio non hanno niente a che fare. Poi c’è stato il dilagare del web che gli stessi giornali hanno preso e valutato molto alla leggera; e qui un’altra domanda: “Chi va ad acquistare un giornale se è sufficiente cliccare sul web per avere tutte le notizieprodotte anche dagli stessi giornali che hanno aperto le versioni online ?”. A questo non dovevano rispondere soltanto gli editori ma anche, se non soprattutto i giornalisti, che nel web hanno trovato l’esaltazione di tantissime incapacità.
Il discorso, ovviamente, sarebbe lunghissimo e tutte le risposte porterebbero ad una sola considerazione di carattere generale: “L’informazione salernitana non è sotto attacco, ma è soltanto caduta in una crisi profonda anche per colpa dei giornalisti”. Una situazione che i pur apprezzabilissimi sacrifici economici dei giornalisti de La Città e di Telediocesi non smorzano perché, probabilmente, quei sacrifici sono giunti sulla piattaforma delle presunte trattative in ritardo e male.
Come finirà ?, la risposta non è facile; mi auguro anche per la pluralità dell’informazione che si trovi una soluzione favorevole per tutti.