Maria Chiara Rizzo
Il Consiglio nazionale di transizione (CNT) ha annunciato la decisione di proclamare Bengasi capitale economica della Libia post Gheddafi. La scelta è stata resa nota due giorni fa e motivata dal ruolo attivo e decisivo che ha giocato la città durante la rivoluzione libica. Ad annunciare la notizia è stato Abdelrazak Al Aradi, membro del CNT, il quale ha aggiunto che i ministeri legati alle attività economiche saranno delocalizzati a Bengasi, città situata a 1000 km a est di Tripoli. Al- Aradi ha spiegato che la decisione è stata presa in seguito alle proteste di lunedì scorso contro il CNT per accontentare la popolazione della città libica che si sente “marginalizzata e dimenticata nonostante il suo ruolo fondamentale durante la rivoluzione”. In un comunicato il CNT ha, inoltre, indicato che Bengasi ha ospitato i rivoluzionari per diversi mesi e ha contribuito in maniera decisiva al successo della rivoluzione, guadagnandosi, così, un posto di primo piano e di tutto rispetto nel futuro del Paese. Il Consiglio nazionale di transizione, che ha rovesciato nell’agosto scorso il regime dispotico di Gheddafi dopo una dura e violenta lotta armata, appoggiata dall’aviazione della NATO, si è messo all’opera per tentare di fare ripartire il Paese, ereditato in macerie, e di realizzare istituzioni democratiche. Allo stesso tempo, però, il CNT è oggetto di forti pressioni che arrivano dalle strade delle città libiche e dai movimenti che, aspirando alla difesa degli interessi regionali, fanno fatica ad inchinarsi davanti al nuovo potere centrale. Il presidente del summenzionato organo istituzionale, Mustafa Abdejalil, chiede pazienza al suo popolo e, a testimonianza del suo impegno, ha messo a punto, con l’ausilio dei suoi collaboratori, dei progetti volti a tendere una mano a coloro che hanno partecipato alla lotta armata contro il regime di Gheddafi. Inoltre, il presidente ha annunciato altre misure tese a disarmare i ribelli, ricostruire la società civile, rafforzare la sicurezza alle frontiere, ridistribuire fondi pubblici e concedere più autonomia alle diverse regioni.