ROMA: Il rifiuto dei rifiuti

Felice Bianchini junior

(Corrispondente e notista politico)

 

ROMA – Si accavallano dati, indignazione, satira e complotti intorno alla situazione attuale di Roma in tema rifiuti. Attuale si fa per dire: infatti è da almeno 6 anni ormai, che la gestione dei rifiuti è in crisi. Non che prima fosse tutto in ordine, visto e considerato che se così poteva sembrare, si doveva anche a persone come Manlio Cerroni, detto “il Supremo”, il quale con passione e dedizione verso la capitale, portava sulle sue spalle il peso di liberarsi di alcuni degli scarti di Roma, direttamente sul territorio laziale, tramite l’utilizzo del suo “gioiello”: la discarica di Malagrotta. Il “Re della monnezza”, come è stato chiamato, è finito sotto indagine, ha visto la sua discarica finire sotto le minacce dell’UE, per poi essere chiusa dal sindaco Marino nel 2013; dopodiché è stato arrestato, processato e infine assolto, il 5 Novembre 2018. Ma alla tenera età di 91 anni ancora ha voglia di lavorare, e non ne vuole sapere di lasciar perdere la gestione dei rifiuti. E la cosa preoccupante è che allo stato attuale uno come Cerroni sembra essere manna dal cielo per la capitale e per la regione Lazio. Già, perché uno dei tanti ostacoli alla risoluzione del problema, oltre alla cattiva gestione, alle guerriglie legali e politiche, a tratti mafiose, è sicuramente la doppia responsabilità divisa tra gli enti locali. Che vada tutto liscio tra due amministrazioni, una Pd (Lazio), l’altra 5stelle (Roma), e che si trovi facilmente un accordo è chiaro che non sia così semplice.

 

Al momento il problema è: puntare alla solita soluzione temporanea, a tamponare il problema, o sacrificarsi, spendersi per dare una scossa definitiva al sistema? Non si riesce ancora a registrare una differenziata ad un buon livello (ferma intorno al 45%): la sensibilizzazione sul tema forse non è abbastanza, ma il vero punto è che a buona parte di noi romani interessa poco a prescindere lo smaltimento dei rifiuti, ma in generale un tema come questo, finché non ci tocca, come sta succedendo adesso, nel momento del “ciclo mediatico dei rifiuti” in cui ci si indigna per le strade piene di sacchetti e di fauna attratta da questi ultimi, in cerca di sazietà.

Mettere tutto sotto il tappeto probabilmente sarebbe per alcuni la soluzione migliore; spostare il problema ancora più avanti, più di quanto sia già stato fatto. Ma è facile dire “risolviamo”! Troppi si sono caricati di orgoglio cittadino, randelli, scopa e paletta, pur di far vedere almeno di avere la coscienza a posto, senza risolvere niente.

In realtà, aumentare la percentuale della raccolta differenziata, che di per sé sarebbe un ottimo traguardo, da semplice cittadino, non mi sembra abbastanza, se poi il passaggio “porta a porta” dell’Ama è discontinuo, e si accusano mancanza di mezzi e assenteismo.

Se poi l’obiettivo di fondo è tenere pulita la città (perché, forse ingenuamente, credo ancora sia questo l’obiettivo cardine da perseguire, prima di altri secondari e più specifici), va messa sul tavolo anche l’educazione civica, attualmente in disuso, che prevederebbe quantomeno di non praticare sport, ormai quasi nazionali, di lancio della lattina, piuttosto che della cartaccia. Ma questo lato del problema ha poco a che vedere con processi, testi unici sull’ambiente, leggi e quant’altro, bensì è un qualcosa di più profondo, ma che non ci tange minimamente, forse in quanto tale.

 

Non ci si viene incontro tra cittadini e amministrazioni, né tantomeno aiuta la costellazione di diversi tipi di confezionamento di ciò che consumiamo. Tant’è che è motivo di risate la classica scena caricaturale della raccolta differenziata: il cittadino medio, con in mano il rifiuto, che non sa quale dei tanti secchi aprire. E spesso la scena successiva è il grosso e unico sacco nero, che risolve ogni problema. Forse anche una diversa sensibilità di chi confeziona e vende i propri prodotti sarebbe proficua nel perseguimento dell’obiettivo pulizia, detto sempre da un umile e semplice cittadino. Questo poiché si cerca sempre di risolvere i problemi a valle, quando la prima scelta dovrebbe essere risalire a monte, o se si preferisce andare in profondità, alla radice, e non superficialmente ridursi a temporeggiamenti e approssimazioni.

Anche a livello europeo se n’è parlato nell’ultimo periodo, mettendo in luce il problema della plastica, in particolare delle stoviglie e dei bicchieri usa e getta, che spesso e volentieri vengono ritrovati nelle acque, prima ancora che negli stomaci di pesci, come anche di volatili. Ma ancora, io stesso (mea culpa!), mi ritrovo a farne uso.

 

La favola del senso civico cozza con la realtà di chi ha gestito i rifiuti nella capitale. Infatti, ora come ora, come già detto, anche la più educata delle generazioni di romani, con il 100% di differenziata, non riuscirebbe ad occuparsi dei rifiuti, visto che, ad oggi, Ama, che dovrebbe gestire il trattamento, lo smaltimento, nonché buona parte della raccolta dei rifiuti tramite il porta a porta, si ritrova a dover fronteggiare diversi problemi “tecnici”. Sempre da semplice, umile – e aggiungo giovane – cittadino farò una “cernita” di ciò che vedo e che ho visto: di quel che avviene, potremmo dire, tra supermercato e casa, già abbiamo parlato; ripartiamo da quando i sacchetti vengono messi fuori dal cancello: i camioncini Ama, che sono mezzi vecchi, anti-igienici al solo sguardo, con i quali sono costretti a muoversi gli operatori (come stupirsi se fossero veri i sospetti di assenteismo?), passano davanti ai vari cancelli e prelevano i sacchetti, i quali aggiungono dalle 3000 alle 5000 tonnellate di rifiuti al giorno. All’interno del bilancio Ama 2017 (che ancora non è stato approvato, per via di problemi interni con i tre del collegio sindacale, i quali, mentre “Ernst & Young” ha dato il suo parere positivo per i conti, ne hanno espresso uno negativo, causando lo stupore dei vertici dell’azienda, i quali hanno sottolineato come lo stesso – o quasi – bilancio era stato una manciata di mesi fa approvato dagli stessi) ci sono dei dati, approssimati e pubblicati sul Sole24ore, riguardo la suddivisione per genere e per “meta” del milione e settecentomila circa tonnellate di rifiuti annui registrati dalla municipalizzata per l’ambiente; di questi, circa il 44% della cifra è classificato come raccolta differenziata, mentre il restante 56% è indifferenziata.

 

La differenziata è stata divisa tra Veneto (Padova e Maniago), Bergamo e solo una piccola parte a Maccarese; la grossa parte dei rifiuti, ovvero l’indifferenziata, invece, è stata data in parte ad Abruzzo (che oggi chiude a nuovi trasferimenti), Alessandria e Latina, mentre il restante è stato dato in gestione a Colari (ovvero il consorzio che fa riferimento a Cerroni) e ai TMB di Ama, uno a Rocca Cencia, e l’altro sulla Salaria. Quest’ultimo ha fatto parlare di sé non poco: a metà Dicembre, infatti, all’interno della struttura, è scoppiato un incendio, che ha causato danni e disagi ingenti, nonché l’impossibilità di tenerne conto per il nuovo fabbisogno della Capitale in termini di rifiuti. Già da tempo si parlava della sua chiusura, dei problemi e criticità che affliggevano l’impianto di via Salaria, tra le quali anche il “semplice” fatto che si trova molto vicino a zone abitate, che si ritrovano ad avere un’aria ai limiti del respirabile. C’è voluto l’incendio per far muovere la situazione. Varie volte è sembrato si fosse arrivati a una situazione di svolta, che può essere definita tale solo ed esclusivamente se quell’impianto viene chiuso e al suo posto viene trovato un nuovo collocamento al fabbisogno di cui si è occupato fino ad ora; solo una chiusura (che attualmente è in atto, di fatto), senza una soluzione alternativa, significa caos, più rifiuti senza collocamento, col rischio che rimangano in strada, significa dover aumentare le quantità esportate, o può far balenare l’idea di aprire nuove discariche, di mettere tutto sotto il tappeto, come si diceva prima.

 

Si è detto tante volte di ripensare il ciclo dei rifiuti. E a quanto mi risulta esiste chi riesce a generare profitto con il ciclo dei rifiuti, abbattendo i costi e al contempo riuscendo a tenere più pulito. Da umile, semplice, giovane e forse ingenuo cittadino continuo a sperare di poter vedere la mia città pulita e di non dover più sentire sfottò e luoghi comuni sulla “monnezza”.

Attendo che qualcuno si prenda la briga di investire, di spendere e di spendersi in questo sogno.

 

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