L’ORGOGLIO INFELICE

di Eppe Argentino Mileto

Cosa è? L’orgoglio cosa è? È un atteggiamento, una conquista, un sentimento, un stato d’animo, un modo di essere, di esprimersi, una rivincita, una rivalsa? Forse, anzi probabilmente, tutte queste cose insieme. Andiamo per ordine. L’orgoglio spesso, anzi quasi sempre, al contrario di quanto si creda, non è associabile alle persone fortemente connotate. Ma a quelle fragili. Talvolta a quelle irrisolte. Con un ego distorto basato sulla paura dell’altro e sull’insoddisfazione di se stessi. L’orgoglio infatti non va mai confuso con la fierezza, l’amore per sé e la percezione di sé. Ne è l’esatto contrario.
L’orgoglio è l’effetto distorto di una causa che è la scarsa autostima e percezione di sé; ci spinge infatti a rinunciare all’altro. È il narcisismo esasperato che ci fa sentire vincenti anche quando sappiamo di essere perdenti. Ci isola, non ci fa arrendere, impedisce il vero dialogo con se stessi, l’orgoglio. Dunque inibisce ogni forma di incontro. Erich Fromm sosteneva che dove impera il narcisismo è impossibile che alberghi l’amore. Orgoglio e amore sono concetti contrapposti. Per amare occorre amarsi e accogliere l’altro. L’orgoglio sbarra le porte all’altro e spalanca quelle della disperata solitudine. Compie diavolerie, l’orgoglio. Lo conosco bene. L’ho adottato e poi subito. Funziona così: “nessuno è come me”, “io non cedo, non mi piego”, “mi sento offeso, leso nella mia percezione”, che poi è solo pura vanità. Ma tutti questi concetti, vanità, percezione di sé, solidità, sono arbitrari e confusi, quasi sempre contrapposti. Occorre mettere un po’ d’ordine. La dignità ci fa esplorare mondi fantastici perché nasce con le idee che volano alte nei cieli della conoscenza. La percezione di sé è conoscenza, è amore di sé. E’ inclusiva dell’altro. E’ intelligente perché prodromica e foriera della curiosità e dell’appetito nei confronti dell’altro. L’orgoglio, al contrario, ottunde l’intelligenza. Esclude, non include. Respinge non accoglie. Ci fa sentire minacciati. E rende infelici. Quante volte, anche nelle scaramucce amorose, ho sentito dire: “Non lo-la chiamo per orgoglio”. O peggio ancora “Se mi vuole deve fare il primo passo”; “Io ho ragione, lui-lei no!”, “Io non cedo” e via dicendo. Stupidaggini. Le persone intelligenti cambiano sempre. Sanno di essere acqua che scorre. Mutano e rivedono ogni posizione. Perché è quella di ieri. Non di oggi. E né di domani.
Fra tutti gli atteggiamenti umani, quello più nobile infatti è l’umiltà. Quella sì che è intelligente. Ti alleva nel dubbio, consegna l’anima nelle mani della tua anima, ti mette in discussione, forse in ginocchio, ti fa cadere, mette a tacere le tue accuse, fa crollare ogni tua difesa. È un autunno, l’umiltà. In cui metti in letargo un io perverso e malato. Ma sa consegnarti la primavera dei dubbi che accolgono l’altro, se sai attendere il tempo, fa sbocciare i fiori della rivisitazione di te stesso, ti fa spalancare le porte al mondo. Mette ordine laddove c’era disordine, crea pace e armonia, l’umiltà. È intelligente, l’umiltà. Perché ti richiama e ti riconduce a te stesso. Dunque all’altro. Ti fa amare, l’umiltà. Non ti allontana dagli altri perché ti pone accanto te stesso. Al contrario l’orgoglio ti fa essere duro e cinico, spietato e ingiusto, il carnefice di un bersaglio mobile, poi di te stesso. All’inizio può anche essere terapeutico. Perché ti fa solo illudere di avercela fatta, di bastare a te stesso, ti fa sentire un gigante. E’ diabolico, l’orgoglio. Perché ti sta solo proiettando delle illusioni. L’infelicità è dietro l’angolo. Dorme con te. E ti abbraccia. E, quel che è peggio, è che lo sai, lo senti di essere un infelice. Quando si vive riflessi nell’acqua ad ammirare troppo se stessi, la propria anima, si dimenticano le creature che vivono sott’acqua. Lì c’è tutto un mondo. Vero. Non irreale, tantomeno illusorio. In ogni rapporto, quando l’orgoglio vince l’altro scompare. E’ l’equilibrio delle persone infelici, l’orgoglio. Degli insoddisfatti. Perché ti fa avere paura di perderlo, quell’equilibrio. Che è sempre finto. Come finti sono i sorrisi che elargisce. Ti fa avere paura dell’altro, l’orgoglio. Ti fa sentire minacciato e ti fa eternamente soccombere, vivere costantemente in uno stato di pre-allerta. Il concetto dell’io non deve mai allontanare l’altro. Al contrario, per essere felici occorre accogliere. Essere realmente nudi e senza difese. Non si arriva al cuore del mondo nello scafandro delle paure. Si arriva al mondo nudi. Bisognerebbe vivere nudi. Solo un’anima nuda riesce a comunicare. Solo chi non ha paura dell’altro non teme se stesso, chi non cede alle sirene del narcisismo ad ogni costo, chi si arrende e si mette in discussione ogni giorno, chi fa di ogni giorno una domanda senza per forza ricercare una risposta, chi tende la mano senza temere, chi abbraccia senza paura delle altrui braccia, chi cammina a testa in giù, ha realmente conquistato se stesso. Ama se stesso. E sarà così pronto ad amare. Diceva Buber “L’incontro avviene solo nel momento in cui l’altro cessa di essere per noi uno strumento. E se l’altro diviene per noi lo strumento per inscenare la personale rappresentazione dell’amore, l’incontro autentico resterà una terra sconosciuta”. L’amore non deve mai essere tensione, conquista, una terra conosciuta, la disperazione per qualcosa o qualcuno, un oggetto di desiderio, un abito in vetrina, l’ultimo modello di una passione; queste sono rappresentazioni deviate di una cultura malata di cui, complice certa letteratura, ci hanno nutrito. La mente ha elaborato queste rappresentazioni facendole proprie. E quando non le abbiamo comprese, è scattato l’orgoglio. Quell’orgoglio infelice. Il vero amore è l’abiura, la negazione, l’apostasia di ogni forma di orgoglio. È uno stato di apertura, fatto di energie vitali, di incontri affascinanti, di campi energetici affini con cui entrare in sintonia. E’ l’armonia di una musica, il vero amore, che conduce al piacere, non si fonda e non si basa su schemi mentali rigidi e auto convinti, non si intestardisce, si arrende, il vero amore al vero amore. E’ una meravigliosa fusione in cui perdersi nell’intimità dell’altro. E’ una caduta dei confini, di ogni confine. E’ svuotamento, perdita della propria identità, il vero amore. Dove non c’è posto per la storia dei singoli. L’importanza personale non esiste più. Cede il passo ad una musica che non conoscevate. O che avete conosciuto, ma che avete perduto. Non smettete mai di crederci. Perché esiste.

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