Aldo Bianchini
SALERNO – La storia è sempre quella, la migrazione dal sud verso il nord è sempre la stessa ed è sempre dal sud verso il nord; una storia piena di livore, di ostracizzazione, di risentimento disumano, in alcuni casi quasi di odio. Sono sempre le popolazioni del sud a farne le spese (del sud Italia quando i nostri lavoratori andavano al nord, del sud della Terra quando gli uomini di colore andavano e vanno verso il nord del pianeta, dall’America del sud verso quella del nord, addirittura dagli Stati Uniti del sud verso i cosiddetti civilissimi “States” nordisti) ed a subire angherie di tutti i tipi tranne rare eccezioni dovute, forse, alla convenienza di un sicuro sfruttamento lavorativo, senza contare la dilagante prostituzione. Insomma ce ne sarebbe per tutti i gusti e per tutte le tasche, direbbe qualcuno; e non ho toccato lo squallido periodo compreso tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo d.C. quando milioni di Italiani si riversarono negli Stati Uniti d’America a prezzo dell’umiliazione più grande di dover sottostare alla quarantena nella famigerata Ellis Island (nella baia di New York), chiusi a corpo nudo in giganteschi capannoni industriali e disinfettati con polvere bianca e getti di acqua fredda (come mi raccontava mia nonna paterna che aveva vissuto quella umiliazione all’età dii 17 anni quando con il giovane marito emigrò negli USA).
La storia dei migranti è attuale oggi come lo era oltre cento anni fa, come lo è stato durante la forte migrazione interna dalle zone sottosviluppate del sud verso quelle più sviluppate, ma certamente meno democratiche, del nord.
Più di trent’anni fa un giovane ragazzo di Padula, in cerca di fortuna, emigrò verso il nord con la famosa valigia di cartone legata con lo spago. Sbarcò in Veneto e subito riuscì a trovare lavoro in un cantiere edile come manovale. Spigliato, loquace, corretto come lo è adesso che si avvicina alla pensione e lavora come capo-cantiere con una ditta del Vallo di Diano, riuscì subito a fare gruppo con altri cinque-sei lavoratori, tutti meridionali; in verità aveva anche tentato di inserirsi in qualche gruppo di veneti ma sentì subito verso la sua persona una repulsione quasi schifata dei suoi interlocutori. Abitava con alcuni compagni di lavoro in una casupola di periferia, non era possibile fittare una casa più verso il centro perchè era loro impedito; passarono alcuni anni e una sera la sua pazienza esplose in tutta la sua rabbia. Era andato in un bar-birreria con i suoi coinquilini, era sabato e volevano divertirsi un po’; la loro gioia si interruppe di colpo quando si resero conto che il locale pubblico si era completamente svuotato e che il barman incominciava a dare segni di fastidio e di impazienza. Capirono e lasciarono il locale senza che prima, quel ragazzo di Padula, versasse la sua birra sul pavimento del bar in segno di spregio.
Dopo qualche mese da quel triste episodio il giovane padulese lasciò il Veneto per approdare in Emilia; poche centinaia di chilometri di distanza ma una socializzazione completamente diversa, più umana, più accogliente e calorosa. Lui era davvero un bravo ragazzo (oggi è un distinto signore) e venne subito accolto con grande rispetto da parte di tutti; nessuna difficoltà di inserimento e di integrazione. Anche quando conobbe una giovanissima ragazza (di madre brasiliana) che qualche anno dopo sposò mettendo su casa proprio a Padula dove aveva lasciato, comunque, le sue radici.
In Emilia percepiva la stessa paga del Veneto, quindi anche nella nuova sede si sentiva sfruttato; ma quello sfruttamento palese e sotto gli occhi di tutti (anche degli organi deputati ai controlli e della magistratura) veniva comunque soffuso dalla corretta ed ospitale accoglienza e integrazione.
Oggi, quando ricorda e racconta questi fatti, lo fa sempre con grande dignità e senza astio verso nessuno, neppure quelli del Veneto che lo avevano bistrattato, offeso, umiliato. Ma non nasconde la sua meraviglia per il ripetersi della storia, sempre la stessa, dei migranti che vengono cacciati e/o accolti.
Ai nostri giorni, purtroppo, la triste storia dei migranti è stata conquistata e stracciata dalla politica che l’utilizza a seconda delle necessità; fino al punto che qualcuno si indigna, o fa finta di farlo, se una Procura apre un’indagine e arresta un sindaco (quello di Riace !!) per arrivare a dire che questo arresto è l’inizio del cambiamento da uno Stato di diritto in uno Stato di Polizia; per non citare i commenti, uno più fantasioso dell’altro, che appaiono sul solito FB, come quello di una tale Paola Riccio postato alle ore 8.53 (circa !!) del 3 ottobre; ma di questo scriverò in un prossimo articolo; così come scriverò del Procuratore di Locri, Luigi D’Alessio, vero servitore dello Stato, al di sopra di ogni condizionamento.