Aldo Bianchini
SALERNO – In merito al processo “Crescent” che l’altro giorno si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati, tra i quali il governatore Vincenzo De Luca ed altri 21 soggetti (dieci componenti la giunta comunale dell’epoca, tre funzionari della Soprintendenza, quattro costruttori, e cinque tecnici comunali), è necessario cercare di approfondire le sue varie sfaccettature.
Battere il ferro finchè è caldo e, nell’attesa delle motivazioni quando arriveranno, è lecito (come ho scritto ieri) azzardare anche qualche considerazione nel merito della complessa inchiesta giudiziaria e del successivo processo.
Un processo che poteva cambiare la storia non solo di Salerno ma dell’intera Regione Campania ma che a conti fatti si è rivelato un processo probabilmente incardinato sul nulla; le mie personali perplessità le ho svelate nell’articolo di ieri ma anche in tanti altri articoli precedenti; ma non si deve mai smettere di capire, di correggere il proprio giudizio e di confrontarsi con gli altri i quali, semmai, hanno più titoli al riguardo.
Per questa ragione ho accolto con piacere alcune considerazioni scritte da due eccellenti rappresentanti dell’avvocatura salernitana; si tratta degli avvocati Giovanni Falci e Sergio Perongini (già magistrato) che erano direttamente impegnati nella qualità di difensori di alcuni imputati nel processo Crescent.
SALERNO – “Il processo era praticamente finito nel momento in cui il Consiglio di Stato ha di fatto detto che l’edificio Crescent per private residenze era regolare (alla fine erano le Torri per Uffici Pubblici che non sono state realizzate); il TAR ha detto che gli oneri di urbanizzazione a carico dei privati attuatori erano stati calcolati e determinati correttamente; la Cassazione Penale ha detto che l’opera doveva essere dissequestrata perché regolarmente autorizzata.
Quindi i privati non hanno avuto nessun vantaggio patrimoniale dagli atti adottati dagli uffici del Comune e dalle delibere degli assessori.
Tutto questo è intervenuto dopo il rinvio a giudizio, e allora abbiamo fatto un processo con una imputazione che, se aggiornata per queste pronunce intervenute, non si poteva reggere.
La Procura è stata tratta in errore dai propri consulenti (i veri perdenti del processo) che dopo avere ritenuto illegittimo tutto l’iter amministrativo hanno voluto mantenere il punto anche dopo l’intervento dei Giudici Amministrativi.
Alla fine il Tribunale ha dovuto decidere se la ricostruzione dell’iter amministrativo e di tutte le delibere, permessi etc., era esatta come prospettata dai consulenti o era esatta come deciso nelle sentenze dei Giudici; la decisione mi è sembrata ovvia”.
F.to: Giovanni Falci
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“Il c.d. processo Crescent è solo un processo per abuso di ufficio, balzato agli onori della cronaca per le implicazioni derivanti dalla legge Severino e per le conseguenze sulle opere pubbliche o di interesse pubblico realizzate.
Non sono stati contestati reati di corruzione. Anzi, per esplicita ammissione della magistratura requirente, non vi è neppure un “accordo collusivo” fra pubblici amministratori e privati.
L’accusa corre sul filo del rasoio di presunte illegittimità amministrative, commesse nel corso della lunga e complessa attività amministrativa necessaria per la realizzazione della piazza di circa mq. 32.000, del parcheggio interrato di circa 800 posti auto, dei locali commerciali di proprietà del demanio e di alcune edifici, pubblici e privati. le opere pubbliche sono state realizzate con i proventi derivanti dall’alienazione del suolo, dei diritti edificatorie e dello stesso progetto dell’edificio Crescent. i cittadini, in tal modo, non sono stati gravati da spese per realizzare le opere pubbliche in questione. Tutto qui; una tipica operazione di pianificazione perequativa.
La complessità del processo deriva anche dal fatto che la vicenda riguarda proprio uno dei primi piani perequativi attuati in Italia.
I consulenti tecnici della Procura hanno rappresentato ai Pubblici Ministeri le presunte illegittimità e questi hanno esercitato l’azione penale affinché il Tribunale decidesse in merito.
I Pubblici Ministeri hanno svolto la loro azione con professionalità, competenza e serenità. Li ricordo come due dei migliori colleghi che ho avuto.
Il tribunale ha vagliato l’ipotesi accusatoria svolgendo una istruttoria dibattimentale attenta e scrupolosa, all’esito della quale ha concluso ritenendo insussistente l’ipotesi accusatoria prospettata”.
F.to: Sergio Perongini
NOTA:
== Condivido pienamente le considerazioni espresse dai due notissimi avvocati e le faccio mie.
Leggendole e studiandole bene, però, mi insorge un grosso dubbio che esplicito in una domanda: “Se i PM hanno svolto la loro azione con professionalità, competenza e serenità (come dice Perongini) come mai non si sono accorti che probabilmente i CTU (veri perdenti del processo, come dice Falci) li hanno tratti in un macroscopico errore ?”.
Per dirla tutta mi viene il dubbio che uno dei due (PM e CTU) non si sia potuto muovere nell’alveo della perfetta autonomia e indipendenza; e ancora chi ha prevalso tra i due in barba alla giustizia.
E’ questo il vero problema della giustizia che ciclicamente a Salerno propone mega processi che poi si squagliano come neve al sole ?
E’ un’analisi che va fatta così come andava fatta ieri, fin dai tempi del processo Fondovalle Calore e quelli del Trincerone Ferroviario e del Sea Park che, come questo del Crescent, vedeva imputata l’intera amministrazione comunale.
Carissimo Direttore Aldo Bianchini,
sei un bravo cronista giudiziario di lungo corso, sai benissimo che
è importante attendere la sentenza per leggere le motivazioni.
Quindi non è ancora possibile entrare nel merito della vicenda processuale.
Purtroppo in Italia è raro il caso che il P.M. chiede l’assoluzione.
Non dovrebbe essere così!
Infatti il Pubblico Ministero è una parte imparziale nel processo e deve cercare solo la verità processuale .
Nella fase delle indagini il P.M. ha l’iniziativa dell’investigazione e deve cercare di capire se un indagato deve essere processato o meno e quindi deve cercare anche gli elementi a favore dell’indagato,invece,nella
fase del processo, il P.M. è parte su un piano di parità con la difesa davanti al Giudice, ma sempre imparziale deve rimanere, e all’esito di un dibattimento, dove non si è formata una prova certa a carico dell’imputato ,deve chiedere l’assoluzione ,lo dice il codice deve !
Cordiali saluti.
PIETRO CUSATI
GIORNALISTA
è chiaro , caro Pierino, che fine dell’azione del P.M. è la verità non l’innocenza.
Fine della difesa è invece l’innocenza non le verità.
In una visione antagonista del processo un dovere di collaborazione non ha senso.
Il P.M. deve cercare la verità, il difensore deve difendere, deve cercarla solo se la verità difende.
La verità è solo un sottoprodotto del processo; un possibile effetto collaterale.
Ci vuole un dovere di lealtà tra tutte le parti del processo e basta.
Giovanni Falci