di Stefano Antonello Aumenta
SASSANO – Sabato 4 agosto trascorsi una bellissima serata, nel salotto “buono” del Vallo di Diano, per ascoltare dell’ottima musica.
Per prima si esibì la band, del Vallo di Diano, dei Noxilite, poi il gruppo di un mio compagno d’Università , ritrovato proprio quella sera, il Dott. Mario Dovinola, stimato magistrato di Roma che insieme a Michele Ranieri ha offerto ai presenti una carrellata di emozioni con un omaggio alla Canzone Napoletana ed in particolare a Pino Daniele (non lo definisco compianto perché fino a che la Sua musica vive, vive anche Lui ). Una serata ottimamente organizzata da un professionale Eppe Argentino Mileto.
A fine serata a nome della Banca del Cilento di Sassano e Vallo del Diano e della Lucania e della Fondazione Grande Lucania salutai l’attento e caloroso pubblico presente.
Ero veramente contento, come non mi accadeva da molti mesi.
Ritornando a casa insieme a due colleghi: un brillante giovane di grandi speranze ed un Signore, entusiasta della Vita, di oltre settant’anni, Questi notò davanti a casa mia un albero di prugne. Era notte fonda, e feci un piccolo salto per prenderne qualche frutto; purtroppo, caddi male, con la prugna in mano, ma, la protesi di una pregressa frattura aveva lacerato i tessuti della mia caviglia.
Li per lì non prestai molta attenzione al dolore, tanto che il giorno dopo partecipai alla festa di laurea di una giovane brillante dottoressa.
L’indomani andai al lavoro, accompagnato da una indispensabile stampella, atteso che dovevo terminare una relazione urgente
. Verso le undici avevo terminato il mio elaborato ed atteso il gonfiarsi inesorabile della caviglia decisi di farmi vedere da una struttura sanitaria.
Cosi andai all’ospedale di Oliveto Citra dove lavora un mio carissimo amico, giovane e brillante ortopedico; lì incontro, nel reparto di radiologia, una dottoressa giovane e garbata, originaria del nostro Vallo di Diano che non vedevo da tantissimi anni.
Per farla breve mi fu assegnata la seguente prognosi: 20 giorni di riposo assoluto, senza caricare la caviglia.
Me ne sono tornato a casa, un po’ scocciato, un po’ infastidito per essermi rovinato le ferie e un po’ mi sono fato coraggio …… in quanto c’è, sicuramente, di molto, molto peggio,
Domenica 12 agosto un mio nipote ha battezzato Suo figlio Antonio, un appuntamento a cui non potevo mancare ….
Per esserci mi procurai una sedie a rotelle e qui inizia la storia ………….
Arrivo a San Giovanni a Piro, ma per assistere al rito del battesimo in chiesa, dovettero prendermi di peso, facendomi entrare da un ingresso laterale.
Poi, la Messa fu celebrata all’aperto; presi posto tra l’ingresso di un ristorante ed i fedeli e fu li che iniziai a notare gli sguardi della gente: tutti gentili e premurosi ma i turisti che passavano da quell’angusto e improvvisato sentiero facevano ben attenzione a non urtarmi, ma nessuno mi guardava negli occhi, come se si avesse paura di incontrare la disabilità.
Dopo la celebrazione andiamo in un bar sul lungomare ma un gradino di dieci centimetri mi impedì di poter essere insieme ai miei parenti. I camerieri furono gentilissimi e mi servirono sempre per primo, tanto che tutto ciò generò l’ilarità e le battute dei miei nipoti.
Poi andiamo in un locale per consumare la cena, appena arrivato noto il bagno per i portatori di handicap, mi avventuro, ma non mi accorgo che tale bagno è allocato nei servizi destinati alle donne. Mentre sto entrando escono due giovani e garbate ragazze; mi scuso per l’inconveniente, ma loro mi dicono di non preoccuparmi, anzi mi chiedono, con educazione e signorilità, se possono essermi d’aiuto.
Immediatamente esco, un po’ imbarazzato, e chiedo ai camerieri dove posso andare per non incorrere in tali imbarazzanti situazioni.
Mi indicano un bagno per portatori di handicap nella sezione uomini, mi accompagnano, ma per accedere dobbiamo andare nell’altra sala e, pertanto, devo superare un gradino.
I camerieri, gentilissimi, mi prendono di peso e mi fanno superare l’ostacolo, mentre gli sguardi della gente, sinceramente impietositi, osservano la scena.
Finalmente arrivo al bagno, ma non c’è alcun maniglione a cui appoggiarsi; riesco nel mio intento ma un disabile poco più grave di me avrebbe dovuto avere l’aiuto di una persona per riuscire ad espletare i suoi fisiologici bisogni.
Esco ed avverto i camerieri, pregandoli di avvertire la proprietà della cosa. Poche decine di euro per allestire un bagno per disabile è davvero poco in confronto al disagio che prova chi ne ha bisogno.
Venti giorni da disabile mi hanno fatto rendere conto di tante cose e cosa possa significare un dislivello di pochi centimetri per chi non ha la fortuna di essere “normale”.
Credo che la mia esperienza, ovviamente senza alcun dolore fisico e per almeno un giorno, la dovrebbero provare in molti: chi parcheggia nei posti per disabili, chi si occupa della cosa pubblica, i proprietari di locali della filiera turistica; tutto ciò, per capire la Vita di chi non è fortunato come noi.
Io tra qualche settimana riprenderò la mia vita normale ma da questa esperienza ne esco arricchito. Un po’ come chi ha la fortuna di partecipare alle cene organizzate a cura dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti a Bologna, Perugia e Vicenza … ; sono delle cene che si consumano, dall’antipasto al dessert, completamente al buio, per provare per poche ore quello che vivono alcune persone per tutta la loro vita.
A volte mettersi nei panni degli altri serve veramente.
Chissà se un ristoratore delle nostre parti, non in questo periodo di pieno lavoro estivo, vorrà far vivere questa Esperienza nel suo locale……
Mi piace ricordare a conclusione di questo mio scritto quello che diceva mia nonna: “i guai sono di chi se li sente, non di che passa e tiene mente “.
Gentilissimo Antonello,
ti auguro una pronta guarigione e di ritornare al più presto alla tua attività lavorativa e alle
tue cose senza la stampella e la sedia a rotelle. Non tutti i mali vengono per nuocere.
Hai fatto di necessità virtù. Ho avuto modo di apprezzarti come attore ,alcuni anni fa,in una commedia
in dialetto Sassanese ,scritta dal compianto Prof. Michele De Lisa ”Chiamami Tata”,ma ora devo
congratularmi anche per questo interessante articolo ,per come hai saputo brillantemente raccontare la convalescenza ,continua a scrivere che è un piacere leggerti.
Sono d’accordo con te : ” A VOLTE METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI SERVE VERAMENTE”.
Cordialmente ed a presto.
Caro Pietro Cusati,
Ti ringrazio di cuore per i complimenti e per gli auguri.
Ti sono particolarmente grato per aver ricordato il compianto Prof. Michele De Lisa un vero Signore per Cultura ed Educazipme Morale, una persona a cui credo debba essere dedicata una Via nella Sua Amata Sassano.
Questi, insieme ad un’altra persona fantastica, la Maestra Ada Di Novella, coniuge del simpaticissimo Avvocato Antonio, resero indimenticabile, a me ed ad altri amici, , un bellissimo periodo della mia vita, circa venticinque anni fa.
Permettimi, a questo punto, di ricordare il figlio del Prof. de Lisa, Luigi , mio collega ; è stato un vero Onore aver lavorato al Suo fianco ed aver avuto,la possIbiltá di scrivere un piccolo scritto su di Lui, dopo qualche mese, dall’iinizio , prematuro, della Sua Nuova Vita.
Con affetto e stima,
Antonello.