PADULA – Due uomini camminano per gli stretti vicoli del centro storico di Padula, hanno lasciato da poco una convention finita con il solito buffet; Giuseppe già anziano e Felice ancora giovane, parlano in maniera fitta ed entrambi sono molto attenti alle domande ed alle risposte reciproche.
Giuseppe: “Felice, ti vedo un po’ contrariato, è successo qualcosa ?”.
Felice: “Giudice, è il problema del buffet che mi inquieta; possibile che le manifestazioni seguite dal buffet producono un arrembaggio quasi all’arma bianca verso i tavoli imbanditi. Sono sconcertato”.
Giuseppe: “Felì non ti devi adombrare, l’uomo è fatto così; con mia moglie Maria ho frequentato anche i migliori ambienti istituzionali e dovunque, ti assicuro, è sempre accaduta la stessa cosa di fronte ad un buffet; stai sereno, capita in tutti gli ambienti”.
I due continuano a camminare chiacchierando; Giuseppe è Giuseppe Rotunno (già magistrato di vaglia e uomo di sicura cultura), Felice è Felice Tierno (presidente del Circolo Carlo Alberto 1886).
Ho raccontato questo episodio, risalente ai primi anni duemila, per cercare di stigmatizzare in poche parole la figura molto complessa di un uomo, Giuseppe Rotunno, che, a mio opinabile avviso, nella sua vita non poteva fare altro che il magistrato; appartenente però a quella razza speciale di magistrati ormai estinta da tempo; quei magistrati che indossavano davvero la toga e/o l’ermellino per studiare, ascoltare, scrutare e sondare che avevano di fronte prima ancora di giudicarlo; quei magistrati per i quali era assolutamente necessario capire prima della decisione che avrebbe potuto anche cambiare il corso della vita del colpevole così come dell’innocente; magistrati, insomma, che offrivano tutte le garanzie possibili ed immaginabili per poter dire che la giustizia è sempre giustizia, anche se è fatta sempre in ritardo e, alla fine è fatta solo per sbaglio (rif. George Bernard Shaw).
L’affermazione che può apparire forte da un lato e riduttiva dall’altro, almeno per Rotunno è probabilmente la vera sintesi di una intera vita spesa al servizio non soltanto delle istituzioni come uomo dello Stato ma anche di una intima e continua elaborazione culturale nel tentativo, verosimilmente riuscito, di comprendere tutti gli interlocutori (ovvero il prossimo !!) che nel corso della sua lunga esistenza ha avuto di fronte, per giudicarli ma anche per capirli, scrutando nel profondo del loro animo al fine di trarne linfa vitale a cui abbeverarsi continuamente in quanto utile alla sua stessa sopravvivenza in un mondo fatto di ingiustizie, tradimenti, pericolosi cambiamenti e depistanti sensazioni. In definitiva capire l’altro è come capire se stesso; Giuseppe Rotunno aveva, forse, trovato la chiave giusta per farlo; e questo non è assolutamente poco.
Ma chi era e chi è stato in realtà Giuseppe Rotunno ?
Il compianto magistrato era nato nel 1922, proprio mentre il Paese stava vivendo un sommovimento tellurico della politica e delle istituzioni in una società internazionale e multietnica che si preparava, probabilmente, a vivere i primi vagiti di quella che proprio in questi ultimi decenni si sarebbe affermata come la terza rivoluzione industriale; una rivoluzione nata da un cruento conflitto bellico e dalle ceneri di un’epoca lunga più di un secolo in cui l’affermazione delle dittature e delle grandi famiglie e dei casati era all’ordine del giorno con la loro asfissiante supremazia nei confronti delle classi meno abbienti.
Non lo sapremo mai, ma non è difficile ipotizzare che il bravo e umile organista Antonio (magistralmente raccontato dalla nipote prof.ssa Anna nel libro “Da Padula al Piave”) nel corso delle sue lunghe peripezie belliche, vissute almeno inizialmente come una bella avventura, avesse intuito e percepito l’epocale cambiamento e si fosse adeguatamente attrezzato alla bisogna riversando, negli anni successivi, tutte le sue possibilità di investimento economico sull’unico figlio maschio Giuseppe che, a sua volta, prendendo la palla al balzo e mettendoci anche del suo (impegno negli studi e lezioni private da universitario) ha concretamente realizzato il sogno del mitico organista di Padula assicurando a se stesso ed a tutta la sua famiglia una spiccata proiezione professionale ed una vita alquanto agiata. Non è difficile ipotizzare, dicevo prima, anche perché il caso specifico della “famiglia Rotunno” non è altro che lo specchio di tutto quello che è accaduto in tante altre famiglie del mezzogiorno e del sud che in quei decenni trovarono la forza di ribellarsi ai padronati regnanti che la rivoluzione francese aveva inutilmente combattuto nel nome della libertà, dell’eguaglianza e della legalità. Da qui il capolavoro letterario di Anna (figlia di Giuseppe) che con il suo libro, nato per ricordare e riscoprire il nonno mai conosciuto, ha tratteggiato sapientemente tutta l’evoluzione e la rivoluzione sociale degli anni 20 e 30 che portarono alla seconda grande guerra e che hanno, poi, lanciato l’umanità verso traguardi insospettabili.
Ecco, la vita e l’opera terrena del compianto magistrato Giuseppe Rotunno potrebbe, forse, essere sintetizzata essenzialmente nelle parole libertà, eguaglianza, legalità.
Io non ho avuto il piacere e l’onore di conoscerlo ma dai discorsi positivi di tutti, anche dai commenti al di fuori dei momenti ufficiali, ho maturato la convinzione che Giuseppe Rotunno è stato innanzitutto un uomo libero da tutti gli schemi convenzionali, che ha guardato al suo prossimo con il massimo concetto dell’eguaglianza e che ha operato nel massimo rispetto della legge e della legalità.
Insomma un uomo che è stato capace di essere uomo tutto d’un pezzo e fino in fondo; questo è il mio secco giudizio postumo, perché neppure questa volta voglio rischiare di scadere nella facile retorica ripetendo tutti gli elogi ascoltati dai relatori nel salone di ricevimento del Circolo Carlo Alberto 1886 di Padula nel corso della cerimonia di commemorazione e di scoprimento di una targa toponomastica per l’intitolazione di una strada alla memoria del defunto magistrato. Un uomo che è stato capace di essere uomo non lo si trova tutti i giorni e, soprattutto, non lo si diventa in forza dell’essere magistrato, presidente di Cassazione e di Commissioni Tributarie, presidente del comitato nazionale sulla censura o altro ancora. La capacità di essere stato uomo di Giuseppe Rotunno viene da lontano ed affonda le sue radici nel profondo insegnamento trasferitogli dal padre e dalla madre ed anche, perché no, dal mondo complesso che lo ha circondato e del quale era riuscito a capire i difetti e ad apprezzare i pregi nell’ottica di una escalation anche emotiva e sentimentale che lo ha portato prima ad incontrare la donna della sua vita, Maria, e poi a costruire una famiglia con tre figli (Antonio ingegnere, Sofia magistrato e Anna professoressa di latino e greco) eccellenti professionisti che si sono mossi e si muovono nel solco tracciato dal loro augusto genitore pur riuscendo a mantenere sempre un ottimo livello di generosità, umiltà e rispetto del prossimo.
Difatti se Giuseppe Rotunno non fosse stato tutto quello che ho cercato umilmente di descrivere non avrebbe mai preso carta e penna tra le mani per scrivere una nota ufficiale di elogio per uno dei suoi più validi collaboratori (il dr. Pietro Cusati che nel marzo del 1996 era componente la Commissione Tributaria di Sala Consilina presieduta, appunto, dal giudice Rotunno) con l’intento di ringraziarlo ufficialmente dell’ottima e diligente collaborazione prestata. La nota ufficiale è stata letta per intero da un emozionato Felice Tierno, presidente del Circolo, che con quella lettura ha intesto rappresentare un ulteriore tassello della complessa personalità, per certi versi ancora inesplorata, del compianto magistrato.
Mi è piaciuto molto l’intervento dell’avvocato penalista Paolo Carbone che evocando momenti vissuti e aneddoti particolari ha tracciato il profilo umano e professionale del dr. Giuseppe Rotunno, senza ovviamente tralasciare la citazione di alcune sentenze che hanno fatto scuola nel mondo della giustizia fino al punto di farlo definire “uomo e magistrato ineccepibile” dai tanti avvocati, dagli altri magistrati ed anche dagli indagati e imputati che hanno avuto modo di conoscerlo e di apprezzarne le qualità.
Molto garbato, meno istituzionale e per questo molto apprezzato, l’intervento del prof. Francesco D’Episcopo che dall’alto della sua filosofica dialettica, sempre forbita e mai ripetitiva, ha evidenziato quei tratti meno conosciuti dell’uomo Rotunno e del suo rapporto indissolubile con la dolce e forte Maria, moglie e compagna di una intera vita. Gli occhi di “donna Maria” luccicavano alle parole di D’Episcopo e guardandola ho avvertito quella strana sensazione di smarrimento di una persona sopravvissuta al marito che ha amato con tutta se stessa. Molto bella, ed anche commovente, l’immagine quasi pietrificata di questa donna ancora iperattiva e saldamente al timone dell’intera famiglia nel nome e nel ricordo di un uomo che è stato capace di essere uomo fino in fondo.
In rappresentanza del Comune (che con il Circolo ha organizzato l’evento) ha parlato l’assessore alla cultura Filomena Chiappardo che ha saputo cogliere quello che è stato, forse, il messaggio culturale che queste commemorazioni e queste intestazioni devono saper trasmettere alle future generazioni, tenendo sempre ben presente che la storia è maestra di vita; e Giuseppe Rotunno rappresenta per Padula un pezzo di storia molto importante e significativo.
Prima di chiudere mi corre l’obbligo di non dimenticare che l’intera cerimonia è stata voluta anche dall’Associazione Lucana di Salerno (ottimamente presieduta dal prof. Rocco Risolia) alla quale i coniugi Rotunno (per via delle origini lucane di “donna Maria”) erano molto legati.
Mentre una lieve pioggerellina scendeva a lambire le numerose persone presenti allo scoprimento della cosiddetta “lapide toponomastica” è arrivato l’applauso lungo ed insistito che ha riportato tutti con i piedi per terra dopo l’interessante ed emozionante viaggio sulle ali dei ricordi di un uomo che è stato capace di essere uomo.
Caro Aldo, caro direttore, buongiorno.
Aspettavo questo tuo intervento sulla cerimonia organizzata del Circolo Carlo Alberto 1886 in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Padula, per ricordare e celebrare la figura di Giuseppe Rotunno, il “giudice gentiluomo” che abbiamo conosciuto noi, e l’ “uomo ineccepibile” visto de te.
Ho imparato a conoscerti un pò e so che quando inizi a fare domande su qualcosa, avvenimento, incontro culturale o altra iniziativa che sia, hai già qualche idea in testa che ti porterà sicuramente a commentare e a illustrare, da par tuo, la notizia.
Perchè tu fai parte, a pieno titolo, di quei giornalisti che hanno la capacità di leggere dentro la notizia, di approndirla e verificarla, prima di pubblicarla.
Perciò voglio esprimerti pubblicamente le mie congratulazioni per il tuo acume professionale con l’invito a continuare così anche nel futuro.
Inoltrerò l’articolo alla famiglia Rotunno che, ne sono certo, apprezzeranno molto.
Con la stima di sempre.
Felice Tierno