SALERNO – Qualche giorno fa ho scritto un articolo sullo scontro durissimo tra il presidente dell’INPS Tito Boeri e il ministro del lavoro Luigi Di Maio; come sempre ho espresso la mia opinione che, nonostante la mia distanza nei riguardi di un movimento come i Cinque Stelle, protende verso il riconoscimento dei rispettivi ruoli, dando a quello del ministro il giusto diritto di dare e imporre l’indirizzo politico anche di un ente previdenziale come l’INPS che è destinato a raccogliere contributi per distribuire trattamenti pensionistici di vario genere.
Il ruolo dei due contendenti, sostanzialmente diverso, mette in risalto la maggiore difficoltà per questo Paese di attuare cambiamenti epocali in quanto gli “uomini di Stato” non hanno mai avvertito e non avvertono ilo dovere di cedere le armi e passare la mano quando insorgono cambiamenti epocali; gli uomini di Stato hanno il dovere di suggerire e di consigliare ma anche l’obbligo di tacere quando il loro ruolo li richiama ad essere “servitori dello Stato”.
In pratica quando cambia il governo sarebbe necessario che volontariamente tutti gli “uomini dello Stato” avvertissero il dovere di farsi da parte passando, semmai, ad altri incarichi per consentire a chi governa di dettare le nuove regole che possono anche essere sbagliate ma che fanno parte dell’economia del gioco.
Questo per oltre duecento anni è stato uno dei cardini fondanti della democrazia statunitense che spesso abbiamo evocato come perfetta e non libertaria come la nostra; e tutto sembrava funzionare per il meglio, almeno fino all’elezione di Donald Trump alla presidenza. La sua elezione contestata e contrastata ha provocato il caos generale a causa della pervicace permanenza al loro posto di tutti quegli uomini di Stato che fino ad allora abbandonavano volontariamente i loro prestigiosi incarichi per far posto ai nuovi arrivati.
In Italia siamo i massimi esperti mondiali del gioco delle due carte e spesso rimpalliamo le responsabilità gridando allo scandalo ed all’incapacità altrui.
Il dott. Antonello Aumenta, ottimo lettore di questo giornale, dopo aver letto l’articolo di qualche giorno fa ha ricordato a me lucano ciò che accadeva nella “fiera del bestiame” di Melfi in provincia di Potenza non più di qualche decennio fa.
A Melfi, durante le diverse fiere di bestiame, un collaudato gruppo di zingari nel bel mezzo dell’evento inscenava una rissa gigantesca con ingiurie, minacce e botte da orbi. La gente che accorreva per vedere lo spettacolo veniva regolarmente borseggiata dai complici di quegli zingari che fingevano di darsele di santa ragione.
Giusta e sacrosanta la vicenda ricordata da Antonello, una vicenda che consente di creare la relativa metafora: “i nostri politici fanno finta di cantarsele e, poi, ci fregano sempre, facendo esclusivamente i loro interessi !!!”, esattamente come facevano gli zingari di Melfi.
Ma se gli zingari borseggiavano quei quattro incauti spettatori delle finte risse, nel nostro caso il borseggio è molto più vasto e destabilizzante; le accuse di responsabilità servono soltanto a coprire i veri problemi di questo Paese che traggono origine in una politica scialba e inetta che va dagli anni ’60 (subito dopo il cosiddetto miracolo economico) fino ai nostri giorni.
Proprio in quei famosi anni ’60 gli oppositori dell’asfissiante sistema di potere della Democrazia Cristiana gridavano per le strade che “Deve arrivare Baffone” (intendendo per Baffone il Partito Comunista); poveri illusi, Baffone c’è stato ma ha prodotto più danni dell’apparentemente libertaria Democrazia Cristiana.