SALERNO – Prima di una breve pausa estiva degli incontro con l’avv. Gaspare Russo, già s8indaco e già presidente della Regione Campania, il dialogo di oggi continua sul Fronte Mare con una strizzatina d’occhio al Crescent e conseguentemente al processo giudiziario che ha visto alla sbarra il governatore Vincenzo De Luca.
Presidente continuiamo a parlare del Fronte Mare anche in prospettiva della questione Crescent ?
== Dobbiamo necessariamente fare qualche passo indietro. La scelta di realizzare il porto mercantile-industriale ad occidente è la storia di Salerno. E non è possibile raccontarla per sommi capi. E’ una storia lunga e tormentata, che si snoda dal dopoguerra in poi. Una storia che non è caratterizzata dalla elezione di Alfonso Menna nel 1956, ma affonda le sue radici ben oltre e semmai è caratterizzata dall’azione politica e programmatica dell’on. Carmine De Martino, una sorta di “Berlusconi ante litteram”. E va inquadrata nel “sogno salernitano” riassumibile nell’antico detto “se Salierno tenesse o puorto, Napule sarria muort”. Più concretamente nell’aspirazione di realizzare un grande porto mercantile-industriale ad occidente, ai confini di Vietri sul Mare.
Presidente la sto seguendo con attenzione; ma cosa è successo oltre l’aspirazione ?
== La realizzazione di un porto negli anni del secondo dopo guerra (40-45) era condizionata dalla mancanza di risorse finanziarie nazionali e locali per costruire il porto. L’on. De Martino propose di interrare la maggior parte del vecchio bacino, sdemanializzare le aree di risulta e su queste costruire un grande quartiere residenziale, destinando il ricavato delle vendite alla costruzione del porto. Programma quasi impossibile e che in ogni modo ha rappresentato il tema di fondo della campagna elettorale delle elezioni politiche del 1948. Quindi, ben prima dell’avvento del tandem De Martino-Menna, nato sempre ad iniziativa dell’on. De Martino con le elezioni amministrative del 1956.
Quindi Presidente l’on. De Martino intuì prima di tutti che era importante avere un porto funzionale ed aveva anche immaginato come trovare le risorse ?
== L’opinione pubblica salernitana, per meglio dire da quella popolare a quella della vecchia borghesia, era per la realizzazione del porto ad occidente. In mancanza di finanziamenti statali era indispensabile trovare risorse locali e all’uopo, parecchi anni dopo negli anni ’50 del secolo scorso, all’inizio (1956) dell’epoca Menna il Comune di Salerno stipulò un mutuo di 1 miliardo e 100milioni di vecchie lire, con il quale si iniziò a costruire il porto.
Ma non esistevano progettazioni diverse da quelle ideate da De Martino ?
== Si. Una parte della classe politica, interpartitica, era orientata già da allora per la costruzione di un grande porto turistico. A metà degli anni ’50 il quadro legislativo nazionale cambiò profondamente, con la legislazione per l’intervento straordinario nel Mezzogiorno d’Italia. In sostanza si passa dalla fase della ricostruzione del secondo dopo guerra, alle grandi risorse finanziarie nazionali destinate a Salerno e alle zone da Cava alla Costiera Amalfitana del grande nubifragio dell’ottobre del 1954. Per quanto riguarda Salerno la zona colpita dal nubifragio fu precisamente quella, con alcune centinaia di morti, che parte dalla zona alta, investe la parte occidentale della città e più segnatamente l’area dove attualmente è costruito il Crescent. La causa principale fu l’esondazione del Torrente Rafastia, tanto per intenderci quello che è stato deviato per costruire Piazza della Libertà e il Crescent. “Niente di nuovo sotto il sole !!”.
Presidente, durante il periodo del vostro sindacato 1970-1974 fu progettata qualche iniziativa per il fronte mare ?
== Si. Ma sarebbe necessario ricordare prima tutto quello che è successo dal 1956, elezioni amministrative del tandem De Martino-Menna, per arrivare al 1970, inizio del sindacato Russo. Nel 1972 e 1973 Russo, presidente della CCIAA e sindaco del capoluogo, propose l’ Organizzazione di un Centro di Servizi per la nautica da diporto a Salerno. Nel 1973 Russo in qualità di sindaco portò l’iniziativa al Consiglio Comunale di Salerno per la realizzazione del porto turistico che andava dal porto commerciale fino a Piazza della Concordia.
Presidente questo era in pratica il Fronte Mare, ma cosa prevedeva ?
== Prevedeva un prolungamento dalla banchina del porto commerciale fino all’altezza del porticciolo turistico oggi chiamato Masuccio Salernitano a Piazza della Concordia. Il progetto prevedeva il raddoppio dell’attuale lungomare, aree verdi e servizi pubblici, una zona per attrezzature scolastiche, una zona per attività portuali e cantieristiche connesse alla nautica, una zona per il rimessaggio invernale, una zona per la mostra mercato vendita per la nautica, parcheggi pubblici di circa duemila posti auto, attrezzature sportive.
Ma questo progetto fu deliberato ?
== Si. E fu approvato nella seduta del consiglio comunale del 6 luglio 1973. La delibera fu approvata all’unanimità (consiglieri presenti e votanti n. 28).
In sintesi cosa fu approvato ?
== Il raddoppio della strada del Lungomare Trieste fino alla foce dell’Irno, zone di parcheggio per 2500 posti auto, tre ettari di aree di verde pubblico, due ettari di aree per le attrezzature ricreative e sportive, due ettari per attrezzature scolastiche scuole secondarie e superiori fra le quali l’istituto marinaro e un istituto alberghiero, un ettaro di servizi destinati alla mostra mercato imbarcazioni prodotte nei cantieri salernitani, un ettaro per attrezzature alberghiere, quattro-cinque ettari per cantieri navali.
Le amministrazioni successive hanno portato avanti questo splendido progetto ?
== No. Tutto quello che si sta realizzando è il Crescent e Piazza della Libertà a iniziative del sindaco De Luca, oggi oggetto di processi penali e controversie portate avanti da Italia Nostra, associazioni ambientalistiche e grillini. Ma di questo, ovviamente, parleremo nelle prossime puntate.
Nella rievocazione delle vicende che determinarono il destino del porto commerciale di Salerno negli anni immediatamente successivi al dopoguerra e seguenti, il dr. Russo ha descritto quegli avvenimenti mantenendo toni giustamente pacati ed evitando sia di parlare degli accesi confronti fra i favorevoli e i contrari allo spostamento del porto verso sud, sia della necessità, già allora poco avvertita, che la struttura, comunque collocata, non poteva fare a meno di un’adeguata infrastruttura ferroviaria in grado di assicurare un collegamento diretto dello scalo con il corridoio tirrenico. (Quella esistente sul lungomare non poteva rappresentare per ovvi motivi la soluzione permanente).
Nessun cenno inoltre al problema degli spazi retroportuali, se cioè fu preso in considerazione che occorreva disporne in relazione ai previsti stoccaggi delle merci in transito, se esso fu oggetto di esame ai fini del riconoscimento della loro vitale importanza, se si intravidero possibili soluzioni per la loro ubicazione e realizzazione.
Temo che il mancato accenno a questi temi nell’intervista del dr. Russo confermi che allora si commisero gravi peccati di origine e si crearono vistose lacune poi dimostratesi pressoché irreversibili col passar del tempo.
Tali fattori negativi hanno infatti pesantemente condizionato lo sviluppo del porto commerciale, nonostante la sua forte recente crescita che ha fatto registrare significativi incrementi dei volumi di merci gestite.
Purtroppo, dopo oltre mezzo secolo quei peccati di origine manifestano ancora il loro peso e tuttavia sembra che continuino a essere sentiti come problemi di seconda priorità.
Solo il tema della delocalizzazione ad oriente, peraltro nelle condizioni date oltremodo onerosa e di realizzazione molto difficile per una serie di fattori determinanti, sta trovando il seguito di alcuni adepti.
Spiace dover ora constatare come negli scorsi decenni la politica dei finanziamenti per le opere infrastrutturali abbia avuto un trend più favorevole rispetto alla fase attuale. Aver perso quella occasione senza avviare idonei progetti in linea con le esigenze precedentemente menzionate, poco esaminate e direi trascurate – e senza negoziare i relativi finanziamenti – rappresenta una perdita notevole difficilmente recuperabile.
Occorre che da parte delle autorità pubbliche e degli operatori privati ci sia un recupero di iniziativa e di capacità a fare, se non altro per dare la giusta evidenza e importanza ai problemi sopra elencati ed evitare di limitare la propria azione all’approfondimento dei fondali, al prolungamento del molo, all’allargamento dell’imboccatura, ecc.
Attività sicuramente importanti, che rischiano però di rimanere fini a se stesse se lasciate prive di complementari infrastrutture a terra, che diano la possibilità di uno smaltimento delle merci proporzionato a quello che avviene con i vettori navali.