Aldo Bianchini
SALERNO – Ci sono tanti modi per portare avanti un’inchiesta giudiziaria; due modi su tutti i elevano, però, a dignità giudiziaria di un certo livello di credibilità e di conseguente successo cristallizzato in una sentenza intoccabile nel corso di tutti e tre i livelli dibattimentali e processuali. Parlo del sistema parcellizzato e di quello globalizzato, vale a dire inchiesta preliminare singola caso per caso e inchiesta preliminare che, invece, abbia gran parte dei singoli crismi convergenti in un unico grande coacervo di interessi giudiziari che possano portare innanzitutto all’accertamento della verità attraverso l’analisi rigorosa dei fatti ma anche alla conoscenza dei fenomeni complessivi che determinano i singoli fatti.
Nel primo caso noi cittadini verremo a conoscenza di un fatto che si esaurisce con l’eventuale identificazione del colpevole o di chi l’ha ispirato; nel secondo caso verremo messi a conoscenza di un fenomeno con tutte le sue sfaccettature, con i suoi singoli fatti e con un giudizio complessivo finale che, pur apparendo un giudizio politico, non deve mai sfociare nella giustizia distributiva e deve rigorosamente essere mantenuto nei giusti alvei della giustizia-giustizia, cioè quella commutativa.
E’ quanto sta cercando di fare, da qualche anno a questa parte, il pubblico ministero Vincenzo Montemurro (della DDA di Salerno) con le sue inchieste a volte travolgenti e sconvolgenti sul fenomeno complessivo del rapporto tra politica-istituzioni-malavita organizzata; un rapporto che nella sua accezione più nota ha trovato un posto di prima grandezza nell’immaginario collettivo.
Un rapporto che non solo inquieta l’opinione pubblica ma, sotto certi aspetti, la coinvolge e forse l’affascina; per questo motivo (che contiene numerose contraddizioni di principio) le inchieste giudiziarie che attengono il rapporto suddetto spaccano inevitabilmente l’opinione pubblica, confondono le idee della gente e, spesso, non raggiungono i prefissati obiettivi neppure sul piano giudiziario a causa dei milioni di cavilli procedurali su quali poter fare appello e leva da parte di tutti (magistrati, politici, indagati, criminali, avvocati e gente comune) per scontrarsi in infinite e laboriose battaglie giuridico-giudiziarie nelle aule dei tribunali ordinari, dei Tar, del Consiglio di Stato, della Cassazione e, dulcis in fundo, della Corte Costituzionale.
Un sistema giudiziario garantista come il nostro se da un lato non è da buttare alle ortiche, dall’altro dovrebbe comunque essere rivisto ed in parte riformato al fine di evitare quelle che tutti noi definiamo le “pastoie burocratiche” che affossano, inevitabilmente, anche tutti gli aspetti buoni e garantisti che ogni sistema giudiziario dovrebbe avere.
Detto tutto questo, però, io andrei ad analizzare le cause che portano la politica in prossimità del compromesso ad ogni costo che molto facilmente sfocia nei meccanismi perversi della malavita e, visto che lo fanno tutti, anche per questo c’è chi sceglie bene e chi sceglie male la cura di questo rapporto che è sicuramente incestuoso ma che è anche, a volte, necessario. Sul territorio compreso tra Cava de’ Tirreni – Scafati – Pagani – San Marzano e Sarno (solo per citare alcuni paesi) ormai da decenni si muovono cosche camorristiche a più teste e con finalizzazioni politiche tali da rendere inscindibile il rapporto politica-camorra. Tranne qualche punta più moderna tutto il resto è “camorra camorra”, cioè una delinquenza organizzata di bassa lega, del tipo paesano o tutt’al più del tipo da bar; difatti le imprese più eclatanti la camorra dell’agro, così come quelle dei Picentini e della Piana del Sele, sono andate in scena davanti ai bar.
Il pm antimafia Vincenzo Montemurro non sta facendo altro che cercare di mettere insieme in un unico quadro investigativo le varie sfaccettature del problema, perché amici lettori il problema c’è ed è sotto gli occhi di tutti, per cercare di venire a capo della matassa e far capire prima a se stesso e poi agli altri la genesi del problema che ormai sta travolgendo uomini e cose; in molti casi anche ingiustamente ma è il rischio che una democrazia può e deve correre quando cerca di fare un’analisi autocritica di se stessa. Anche il pubblico ministero è una componente essenziale della democrazia e da lui dipende il riconoscimento o meno della legalità di un sistema; fa benissimo, quindi, Montemurro a mettere in atto una rigorosa analisi complessiva del rapporto tra politica e malavita organizzata che nell’agro, si sa, raggiunge picchi altissimi – pericolosi e devastanti per l’assetto democratico del territorio.
Quando ci si accorge che la politica dipende, in tutto o in parte, dalle scelte volute dalla malavita organizzata è quello il momento in cui tutti dovremmo essere assolutamente grati per l’azione di un magistrato che ha capito il sistema e che con le sue inchieste cerca di avere un quadro generale della situazione di degrado per meglio intervenire e correggere per quanto possibile la qualità della vita associativa dell’intero territorio.
Se non allarghiamo il nostro sguardo, anche critico e pungente, a tutte le inchieste che come tanti tasselli compongono il puzzle “Sarastra – Linea Notte – Poker – Criniera – ed anche Ghost Roads – Mastrolindo e Perseo” non riusciremo mai a capire e neppure a plaudire all’azione sistematicamente coraggiosa ed intelligente di un PM come Vincenzo Montemurro che, a mio sindacabile avviso, ha costruito quella che probabilmente passerà alla storia come la “Super Job Search”, ovvero la ricerca del super interesse che sta a metà strada, purtroppo, tra camorra e politica anche a costo di urtare la suscettibilità di molti e di attirarsi addosso critiche senza precedenti.
Ma questo difficile ragionamento cercherò di svilupparlo nel prossimo articolo.