Cosa dire di un governo cosiddetto “del cambiamento”, che nasce prestando giuramento davanti al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella? Oggi, il fatto è questo; ma vorrei inquadrarlo in un’ottica che è sì certa quanto alla provenienza e viceversa non può che essere possibilista quanto alla realizzazione “del cambiamento” auspicato.
E quindi, da dove deriva il fatto? Essenzialmente, da una situazione di crisi che si è protratta nel paese da almeno poco più di un decennio. Una crisi, fino a ieri diventata anche politica e istituzionale, che ha rischiato in un breve-medio periodo di generare pesanti contraccolpi anche sul piano sociale. Cosa questa, che non si è verificata; ed è un merito che va ascritto innanzitutto alla società – altro che populismo -, che finora ha retto il peso e la portata di una crisi essenzialmente economico-finanziaria. Crisi, questa, che sin da principio è apparsa subito grave, ma che, nel nostro paese, ha finito per non trovare adeguati sbocchi nè sul piano politico né sul piano istituzionale.
E pertanto, il fatto del governo del cambiamento M5S-Lega di Salvini, così come in sintesi avviene in democrazia mediante il giudizio del popolo, decreta essenzialmente la fine di due modi affini d’intendere la gestione del potere, in genere da parte del Pd e del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Infatti, non a caso, le parti che hanno suggellato il cosiddetto Patto del Nazareno che più o meno ha retto in generale le sorti del paese per gran parte dell’ultimo decennio. Il leader di Forza Italia è stato sfidato e direi umiliato dal più giovane Di Maio ed esiliato dal meno giovane Salvini. Per il Pd, il discorso è risultato analogo e soltanto in apparenza più complesso. Nel tentativo di una rapida sintesi, riporto le parole, che mi sembrano profetiche e appropriate, di Emanuele Macaluso, risalenti a circa un decennio fa: “All’ interno dei Ds e della Margherita c’è chi crede che questa formazione più grande potrà consentire spazi politici più ampi, nel senso del potere. Parlo delle poltrone all’ interno delle società pubbliche, delle aziende sanitarie, cose così. E poi ci sono pezzi di questi partiti che vogliono discutere, ragionare sui temi e sulle contraddizioni del partito unico, perché ci credono realmente. Ma questa seconda parte, quella delle persone che vogliono ragionare, in Sicilia come in Italia, ahimè, è minoritaria. Credo che alla fine prevarranno gli intrecci, le collisioni e le collusioni degli interessi”.
Ora, questa seconda parte – come diceva Macaluso – delle persone che vogliono ragionare non deve affatto pensare a una rivincita, presa e ancora da prendersi. Nel contempo, dovrebbe suggerire agli sconfitti che non ha alcun significato positivo ostacolare il cammino del nuovo governo, considerato che, per così dire, “la casa ancora brucia” e riflette una situazione che vale non solo qui in Italia ma anche in Europa e nel mondo. Il futuro non può che restare un’incognita, ma siamo certi che i cittadini sapranno ancora apprezzare chi lavorerà per il futuro di noi tutti e viceversa disprezzare chi si opporrà al tentativo di cambiamento, che comunque è necessario. A noi tutti, non resta che mettersi all’opera!