Aldo Bianchini
SALERNO – Questa è una delle rare occasioni in cui non farò il nome e il cognome del protagonista cui è dedicato questo articolo. Non solo per non sentire per l’ennesima volta che sono un rompiscatole ma anche, se non soprattutto, per non essere accusato di aver turbato il normale svolgimento della campagna elettorale del candidato al Parlamento nazionale che è stato il protagonista della miserevole vicenda che sto per raccontare.
Siamo in piena campagna elettorale e, come sempre, è in corso una vera e propria battaglia tra le tantissime testate giornalistiche (carta stampata, radio, televisioni e giornali online) per accaparrarsi questo o quello spot di pubblicità elettorale; uno squallido mercanteggiare che riduce la professione del giornalista ai minimi termini per colpa, probabilmente, di una cattiva interpretazione del ruolo da parte di “piccoli editori” che pur di ottenere irrisori vantaggi economici calpestano, senza se e senza ma, la professionalità dei singoli giornalisti. Per capirne di più vi invito a leggere l’intervista resa dal dr. Piero De Luca a Il Mattino del 1° febbraio 2018, un’intervista che il candidato parlamentare avrebbe fatto meglio a non rendere; eppure parlo del più prestigioso quotidiano del Mezzogiorno, non di un giornale di provincia come questo.
Accade così che ad ogni convegno e/o conferenza stampa ci sia una corsa, anche a spintoni, per una intervista (la più benevola possibile !!), per una semplice dichiarazione o per un sorriso a trentadue denti; una pena giornalistica senza fine. Capisco che i piccoli editori hanno bisogno di qualsiasi tipo di carburante economico ma mandare al macello giovani e validi professionisti mi sembra davvero esagerato e poco corretto per la dignità degli stessi.
In questa squallida corsa questo giornale, naturalmente, rimane molto indietro rispetto agli altri, innanzitutto per una non propensione della redazione di sottomettersi come zerbini alla palese ignoranza politica di molti candidati, ma soprattutto per rimanere quanto più possibile nel solco della verità quando siamo chiamati a commentare le notizie che viaggiano in rete e sulle tante altre testate giornalistiche.
Come tutti gli altri anche noi de ilquotidianodisalerno.it abbiamo provveduto, con la massima correttezza, ad affacciarci timidamente in questo mercato attivando o rinverdendo una serie di rapporti alla luce di una istituzionalità commerciale che dovrebbe distinguere il rapporto politica-stampa anche, e non soltanto, perché molto spesso buona parte dei fondi che i candidati distribuiscono a destra e a manca sono di origine pubblica; cioè è denaro nostro che viene versato nella casse dei partiti che poi dalle sedi nazionali viene irradiato sul territorio in mille rivoli diversi. Quindi, anche per questa specifica ragione, ci sarebbe da innescare una serie infinita di discussioni che noi preferiamo non affrontare (almeno in questa sede) per carità patria.
Il fatto che sto per raccontare non riguarda per niente l’ideologia, il senso di appartenenza, l’impegno politico del candidato ovvero una richiesta pressante di pubblicità; niente di tutto questo, nella fattispecie è in gioco l’educazione, quella che ognuno di noi, soprattutto se candidato al Parlamento, dovrebbe avere in dotazione in una dose massiccia, anche perché quando si parla di informazione e di libertà di stampa bisogna andarci piano con le risposte maleducate.
Cosa è accaduto ? Nel pomeriggio di lunedì 5 febbraio 2018 l’ufficio marketing di questo giornale ha contattato il candidato per sondare la possibilità di una campagna pubblicitaria-elettorale in vista delle imminenti elezioni politiche di marzo.
Secca e brutale la risposta, ancorchè molto maleducata, del candidato: “Dica a Bianchini che la pubblicità se la facesse fare da Gambino”, e giù il clic della chiusura del telefonino. A parte il fatto che Gambino la pubblicità l’ha già fatta ed in maniera assolutamente spontanea, nel senso che non c’è stato nemmeno bisogno di chiedergliela, rimane la pesante scortesia del candidato che, forse in preda ad una crisi mistica o di coscienza, ha brutalmente interrotto la telefonata che, se necessario, potrà essere rilevata dai tabulati telefonici.
A commento del fatto sicuramente noi non scenderemo sullo stesso piano del candidato che, molto probabilmente, sarà chiamato a rappresentare anche noi in Parlamento; possiamo, però, in tutta tranquillità affermare che l’interessato ha tutto il diritto (se ci allontaniamo dall’origine quasi pubblica dei soldi) di fare o di non fare pubblicità, il tema vero è che ha il dovere sacrosanto di comportarsi correttamente senza chiamare in causa pinco o pallino per abbozzare una poco credibile giustificazione al suo diniego.
La domanda principale che emerge da questa vicenda è una soltanto: “Ma i futuri parlamentari della Repubblica quale tipo di informazione vanno cercando, quella prona e/o succube ?”; il problema è di assoluta rilevanza perché se da questo giornale non l’avranno mai è pur vero che la otterranno da tantissime altre testate giornalistiche, e questo in dispregio del mestiere più bello del mondo, come è il giornalismo.
Per chiudere, il diniego del candidato non ha impoverito le già magre casse di questo giornale e neppure le avrebbe arricchite in caso di consenso; ha soltanto messo in evidenza, e di questo lo ringraziamo, un malcostume davvero meschino che rigoglia all’ombra della politica e che noi cerchiamo sempre di combattere nei limiti delle nostre possibilità.