Elezioni 2018: le dieci domande di Amatruda a Piero De Luca … anche sul caso Andrea Lembo

Aldo Bianchini

SALERNO – Un pò tutti i giornali hanno eclatato nelle scorse settimane le dieci domande che Gaetano Amatruda (vice segretario provinciale di Forza Italia) ha rivolto pubblicamente a Piero De Luca (uno dei due rampolli della dinastia deluchiana).
Conosco molto bene Gaetano Amatruda per dubitare sulla legittimità e sulla verginità delle sue dieci domande; non ci sono dubbi, le domande scaturiscono soltanto dal giusto “furore politico” che pervade il giovane Gaetano e non da inimicizia-invidia nei confronti dei due rampolli come qualcuno va sussurrando malignamente in giro per la città per accreditare come normali le scandalose scelte del governatore nei confronti dei figli.
“I figli… so’ pezzi ‘e core”, recita un vecchio detto napoletano, ed è proprio così per tutti; il detto, però, diventa insopportabile quando personaggi pubblici importanti favoriscono palesemente i figli credendo e pensando di poter fare tutto e il contrario di tutto. Posso capire tutto, l’amore per i figli e per la famiglia (comprese amanti e fidanzate varie !!) ma sicuramente non posso giustificare alcuni atteggiamenti decisamente offensivi per l’etica comportamentale, senza scomodare la legittimità dei provvedimenti e/o l’impatto che gli stessi hanno sull’opinione pubblica.
Le domande di Amatruda, quindi, vanno analizzate da questo punto di vista; Gaetano è giovane, è preparato e da decenni mastica pane e politica, sempre dietro le quinte con proiezioni interessanti verso il futuro. Suo padre, Luigi, non è governatore, anzi per i più è quasi sconosciuto, ma è sicuramente un genitore che ha cresciuto e istruito suo figlio sulle difficoltà della vita, lasciandolo presto al destino che lo stesso figlio dovrà costruirsi giorno dopo giorno, senza spinte o raccomandazioni. E il prodotto è venuto fuori molto bene, alla grande direbbe qualcuno; il giovane Gaetano, seguendo forse i consigli paterni, è stato capace di fare un passo indietro nelle amministrative del 2016 (favorendo la candidatura a sindaco di Roberto Celano) senza battere ciglio e continuando a lavorare per il partito nel quale milita fin dal suo nascere. Quel passo indietro del 2016 è il segnale preciso della “personalità politica” di Amatruda nel capire che, probabilmente, non era ancora il suo turno; non è poco un fatto del genere in quanto oggi basta un piccolo soffio di vento per indurre chiunque ad un rapido cambiamento di partito.
Dunque Gaetano Amatruda è legittimato, non soltanto dalla sua appartenenza politica, a porre domande, soprattutto se le stesse sono dirette a chi, contrariamente a lui, sta compiendo il proprio percorso politico su un tappeto di velluto steso tra due ali osannanti di peones.
Però quando si pongono domande bisogna sempre tener conto che le stesse devono colpire l’immaginario collettivo, ma in senso positivo e non negativo per l’immagine di chi le pone. Ecco perché alcune domande di Amatruda corrono il rischio di essere censurate, perché non rappresentano al meglio la realtà dei fatti sui quali si chiede chiarezza in maniera pubblica; questo per non correre il rischio di porre domande retoriche e rituali. Insomma, per dirla tutta, le domande devono essere poste in maniera diretta e senza giri di parole se vogliamo che abbiano l’effetto desiderato o sperato.
Per questa serie di considerazioni sento di poter affermare che la domanda su Andrea Lembo andava posta non a Piero De Luca ma direttamente al capo della Procura della Repubblica salernitana Corrado Lembo, perché per una semplice ragione di etica e di opportunità il figlio Andrea non doveva né entrare nelle file del PD e neppure candidarsi a sindaco di Campagna, almeno fino a quando il padre è procuratore a Salerno. Certi ruoli e determinati incarichi presuppongono un tasso di sacrifici che può riverberarsi anche sulla famiglia, senza scandalizzarsi e senza evocare tempi bui. Ma a Salerno siamo abituati a tutto, anche al fatto che il figlio di un procuratore partecipi come unico candidato ad un concorso a cattedra nell’università di Fisciano; poi non si potrà dire che il fatto non deve suscitare dubbi e perplessità. La domanda, quindi, su Andrea Lembo andava posta direttamente al padre-procuratore e non a Piero De Luca; posso anche immaginare che dietro la candidatura di Andrea ci sia la mano della dinastia deluchiana, ma la responsabilità della scelta ricade sempre sul diretto interessato che accetta una sovraesposizione che comunque dà fastidio a tutti.
Per l’altra domanda, quella sulla scelta della classe dirigente da parte del PD, la risposta è nei fatti; tutti i partiti (anche Forza Italia) scelgono per stato di famiglia e tasso di fedeltà, purtroppo. La dinastia deluchiana ha avuto la possibilità di radicarsi a fondo perché ha scelto i componenti del cerchio magico sulla base della fedeltà e per stato di famiglia e proprio per questo espelle ed isola con forza tutti quelli che, per colpa loro, cadono in disgrazia; non è il caso di fare dei nomi ma vorrei che mi venisse fatto un nome di qualcuno che è stato buttato fuori senza una colpa originale. Questa è la forza del sistema deluchiano, un sistema che non si sfalda soltanto con semplici domande. Un sistema che i socialisti degli anni ’80 non seppero costruire e che lo stesso De Luca riuscì a distruggere in poche battute, con o senza l’aiuto dell’allora pm Michelangelo Russo, basando la sua azione politica su un sistema stretto e durissimo, capace di presentarsi all’opinione pubblica come l’unico in grado di far uscire la città dalle sabbie mobili delle polemiche politiche e giudiziarie in cui era precipitata.
Non basta porre, una tantum, una decina di domande per combattere lo strapotere deluchiano, il contrasto deve essere quotidiano e portato avanti da un solo soggetto politico capace di mettere insieme tutte le anime del centro-destra. De Luca lo ha fatto con arroganza dittatoriale, con gli insulti e le delegittimazioni, ma lo ha fatto; gli altri devono farlo con eleganza e con una comunicazione saggia e penetrante. Partendo, semmai, dalle dieci domande poste con coraggio e indipendenza da Gaetano Amatruda.

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