SALERNO – Per chiudere questa lunga inchiesta giornalistica, tra cronaca e storia, è necessario spiegare o almeno tentare di spiegare cos’è il sistema di potere storico deluchiano che si fonda su un detentore del potere in maniera ferrea, tutto di tutto e su tutto (decide sempre e solo lui) Vincenzo De Luca; da lui parte la catena del comando che è il primo anello di protezione ma anche di difesa ed offesa schierata in maniera ferrea intorno a lui.
Quella deluchiana è un’organizzazione finalizzata alla gestione amministrativa, in sede comunale – provinciale e regionale, della cosa pubblica; una gestione che pur non prescindendo dalla politica appare come molto distante dalla stessa, ed è questo, forse, il passaggio vincente di un potere piramidale che vede all’apice lo stesso De Luca e nei gradini sottostanti pochi ma fedelissimi personaggi che accompagnano, più o meno da sempre, il cammino politico e amministrativo dell’uomo di Ruvo del Monte.
Nella catena del comando sul versante c’è un primo anello con due personaggi, quello che, come dire, De Luca mette a rapporto ogni mattina della sua vita e che in questa fase oltre a governargli il Comune pensano anche alla gestione del partito, dell’amministrazione provinciale e di tutti gli altri gangli del potere: Alberto Di Lorenzo (tecnico) e Felice Marotta (amministrativo strategico-politico e consigliere di lungo corso).
In questo binomio, come secondo anello, sono entrati ed entrano di volta in volta vari personaggi: gli assessori più vicini, i delegati agli affari, i consigliori politici più fidati e usati, i consigliori legali, gli ex PCI (Mario De Biase, Ciccio D’Acunto, Pino Cantillo, Pasquale Stanzione); il tutto a modulazione variabile.
L’altro livello era ed è quello degli esecutori materiali, destinati all’olocausto (dirigenti, tecnici, politici nominati, amministratori nominati, ecc.); cooptati, utilizzati, strizzati e buttati nella spazzatura.
In pratica De Luca ha avuto la grande abilità di arrivare al Comune con il gruppo ex PCI, nel tempo si è svestito di quei panni e si è infilato la giacchetta di sindaco; per fare questa operazione aveva bisogno di togliere di mezzo tutti gli ex collaboratori; e lo ha fatto senza alcun tentennamento e senza pietà alcuna.
Questo sistema storico, concepito e partorito nelle segrete stanze di Via Manzo con il suo ex fedelissimo Mario De Biase, gli ha consentito di uscire all’esterno ed occupare sempre più spazio sul piano politico, sul piano economico e dei grandi lavori pubblici (Bonavitacola, Alberto con la new entry Piero il figlio sul piano decisionale; i tecnici esterni Antonio Catena e Sergio Delle Femine sul piano operativo, mentre sul piano giudiziario c’è stata la sapiente costruzione di una ragnatela di rapporti, spesso supportata anche da taluni magistrati). Piero De Luca in questo ambito è riuscito presto a primeggiare con una serie di rapporti (non ultimo quello con l’imprenditore Mario Del Mese) intessuti soprattutto con le imprese che hanno gestito tutti i lavori pubblici, o quasi, di questi ultimi anni. Ora per Piero c’è un solo problema, lo scontro visibile anche se mai professato con il fratello Roberto (assessore al bilancio del come e, forse, prossimo sindaco); uno scontro che a quanto sembra è abbastanza produttivo sempre che la tensione familiare sia contenuta nella giusta dimensione; ma in questo il padre è un maestro.
Il sistema di potere storico operava con la propaganda sulla salernitanità, sui cafoni, sui posti di lavoro, sulle opere pubbliche, sugli sfessati, sui pinguini, sui maiali e sui serragli vari; il mito dell’efficienza (che ha prodotto circa 400milioni di euro di debiti con opere pubbliche distrutte e manutenzione mai fatta anche se lautamente pagata tra straordinario, lavori ditte esterni, ecc), il buon governo, la città europea (tutte chiacchiere utili alla costruzione dell’immagine ad uso e consumo del popolino); ai populistici posti di lavoro nei cantieri e nelle partecipate, nei bar della città turistica e nella movida. Un bluff utile alla bisogna; gli unici posti di lavoro sono stati dati nelle partecipate ai delinquenti e famiglie varie (anche dipendenti comunali !!) di volta in volta sulla base dei voti che erano in grado di portare. Il tutto per consolidare e perpetuare il sistema di potere. Le sceneggiate pubbliche hanno, poi, avuto un grosso impatto sulla popolazione: abusivi, extracomunitari, prostitute, licenziamento dipendenti scorretti quando non erano protetti da nessuno o non erano delinquenti.
Tutto questo si basava sul famoso o famigerato “patto con la città” che attraversava e faceva propri tutti gli elementi innanzi forniti per un’ampia e serena discussione: posti di lavoro mai arrivati, e contentini alla la borghesia (servizi, spazzatura, abbellimenti vari, città vivibile); tutte cose normali che raccontate da De Luca sono diventate eccezionali imprese mai compiute da tutti i predecessori alla guida del comune; in cambio di queste cose normalissime in un Paese civile c’è stata la richiesta ossessiva del voto.
In un Paese normale e democratico io ti do la buona amministrazione, tu mi dai il voto e tu popolo eserciti il controllo. Nel sistema deluchiano invece: io ti convinco di darti la buona amministrazione (che ti costa 400milioni di debiti del comune), tu mi dai il voto che io uso come delega in bianco, senza regole e senza controllo. Cioè instauro il mio insindacabile potere personale. A questo segue il criterio di gestione di questo potere personale che è unico e semplice: favori e prebende ai sodali, guerra ai dissenzienti o anche solo a chi pensa con la propria testa. “Chi non è con me è contro di me” questo il motto deluchiano imperante dal 5 dicembre del 1993 e destinato a durare ancora a lungo.
Questo vecchio sistema è stato ed è possibile perché la classe borghese e quella dirigente, salernitana, ma anche quella culturale, si è letteralmente sgretolata per niente, non per la promessa di qualcosa ma solo per la speranza di ottenere qualcosa. Almeno il popolino se si vende per la speranza lo fa perché ha bisogno; ma la presunta classe borghese salernitana si è, invece, vergognosamente svenduta senza neppure averne bisogno. (i casi sono molteplici ed è giusto stendere un velo pietoso sui nomi, perché questi li conoscono tutti).
Il sistema, adesso, essendo trascorsi quasi venticinque anni deve rinnovarsi come il Gattopardo (cambiare tutto per non cambiare niente, soprattutto al vertice); il Faust è sempre lui.
Bisogna registrare una mutazione passando per le trasfusioni totali di sangue ad uso e consumo sempre di Dracula. Si completa l’allontanamento del gruppo PCI con Fernando Argentino e Ugo Carpinelli. Si incomincia a cambiare la giunta che dalle ultime elezioni è uscita largamente cambiata (eccezione per Guerra che ha resistito alla eliminazione) lasciando tra i vecchi soltanto coloro i quali sono nudi esecutori, eccezion fatta per Nino Savastano che cura i rapporti con ben precise parti della città e da qui la sua intoccabilità.
Ma questa è soltanto una delle due gambe sulle quali commina l’operazione trasformazione. L’altra gamba è il trasferimento del potere ai figli nella logica e cultura, tutta meridionale, della “roba” che una volta conquistata va trasmessa ai discendenti. In questo caso la roba è la città di Salerno. Probabilmente è in atto una mutazione del vecchio sistema in uno totalmente rigenerato intorno ai figli e viene costruito intorno a loro un ulteriore e nuovo cordone ombelicale, anzi un cerchio magico intorno ad ognuno dei figli. Se tutto questo è vero stiamo assistendo alla costruzione di un “potere binario” che potrebbe portare fatalmente allo scontro con la deflagrazione di tutto. Per il momento entrambi i figli stanno costruendo il proprio cerchio magico: assessori e consiglieri nominati, dirigenti, direttori generali, amministratori delle partecipate, incaricati di partito. In pratica con il sistema storico è stata conquistata e fortificata la città (Fort Apache); la conquista ora viene lentamente trasferita ai figli mentre lui a Napoli in Regione sta replicando il vecchio sistema, che rimane sempre quello più affidabile di prima, almeno per lui.
Tutto questo necessità di un momento di passaggio e quindi richiede necessariamente la difficile gestione della transizione; da qui il sindaco mero e nudo esecutore e traghettatore (Enzo Napoli); mero esecutore di ordini provenienti non solo da De Luca padre ma anche dai deluchini figli. Questa fase deve essere la più rapida possibile perchè deve essere conclusa dentro lo spazio-tempo dell’apice del potere, pena il rischio di naufragio. Dal che discende la facile previsione che nella primavera del 2018, quando si voterà per le politiche, siccome Piero verrà candidato alla Camera si dovrà votare anche al Comune per far diventare Roberto sindaco, altrimenti scoppia la guerra tra i due figli, una guerra che potrebbe provocare la fine del sistema di potere. L’operazione, quindi, deve essere completata mentre il sistema è all’apice del potere regionale, cioè entro il 2018, perché lui deve avere il massimo potere contrattuale con il partito a livello nazionale per ottenere la nomina a deputato di Piero e il massimo del potere di controllo locale per tenere a bada i sodali e avversari politici (dove sono ?) pretendenti al trono di Salerno, il cui attuale sindaco potrebbe essere dirottato verso Palazzo Madama.
Per fare questa operazione il kaimano deve, già da adesso, preparare le condizioni perché ci sia pubblicamente una caduta dell’amministrazione e, quindi, deve impedire che il sindaco eletto si consolidi come figura e deve far passare il concetto che quando c’era lui era un’altra cosa; premesso che le difficoltà del sistema sono iniziate con lui e con i debiti contratti e la macchina comunale è ferma da almeno tre anni e non produce più niente; insomma il sindaco è incapace e, quindi, al momento opportuno va abbattuto. Ma tutti sappiamo bene che le condizioni dell’incapacità del sindaco eletto sono determinate sempre da lui con grande abilità e con la delegittimazione continua e pubblica di tutta la macchina comunale.
Insomma, come dire, prima crea lo sfascio e poi corre a salvare la patria: gestisce il sindaco, la giunta, le commissioni, il consiglio comunale (che si era indecorosamente esposto e bruciato con estenuanti rinvii pur di rallentare la sospensione del capo -episodio del consigliere comunale con la faccia contro la statua nel corridoio adiacente il salone dei marmi per uscire carponi dalla stessa sala senza farsi vedere-) e l’intera macchina amministrativa con i due burattinai Piero e Roberto.
Va da se che i due sistemi, vecchio e nuovo, sono dei sistemi blindati dove il messaggio di fondo è un messaggio di tipo monocratico; vale a dire che il capo non parla e non chiede e non firma, i sudditi capiscono che se si allineano sopravvivono, altrimenti soccombono. A quegli stessi sudditi se capita anche il benché minimo incidente devono soccombere senza possibilità di reazione (il caso Mastursi è emblematicamente dimostrativo del concetto che si basa sull’esistenza di tanti altri Mastursi … cito mastursi solo perché personaggio più noto alla gran parte della città e della provincia). Addirittura, sul lungo periodo, se hai accumulato molti meriti e medaglie, se addirittura sei stato determinante per la risoluzione di un suo importante problema automaticamente prima o poi sei eliminato; perché lui non vuole rischiare di essere condizionato nell’esercizio del suo potere, e per questo motivo diventi un potenziale problema e vai eliminato. Lui esercita la politica senza sentimenti.
Domanda finale: Ci sono le coscienze libere in questa città, c’è una classe sociale capace di riscattarsi, ci sono persone in grado di porsi alla guida di un progetto nuovo di democrazia partecipata dai cittadini, e quando queste coscienze libere se ci sono si alzeranno in piedi e rivendicheranno il loro diritto a vivere in una città libera e con la dignità di cittadini liberi ?
Questa città che è stata la città più monarchica d’Italia, più fascista, più democristiana, più socialista, addirittura esclusivamente deluchiana, sarà mai capace di concludere questo ciclo negativo con uno scatto di orgoglio e di dignità; o rimarrà la città della pagnotta e di coloro che “tengono figli” ?