SALERNO – Dopo il mio articolo “Kramer vs Kramer: quando finisce un amore, la storia salernitana di un farmacista e di un’avvocatessa” (per il cui contenuto mi assumo ogni eventuale responsabilità) era facile attendersi una reazione da parte del farmacista che ho più volte citato (senza fare il suo nome) nel contesto del predetto articolo pubblicato il 10 novembre scorso.
E la reazione c’è stata; la redazione di questo giornale, che ho l’onore di dirigere, ha ricevuto un lungo commento direttamente dal farmacista che, è giusto riconoscere, ha puntualizzato con grande civiltà alcuni momenti importanti della vicenda che lo vede tuttora coinvolto in una serie di denunce e contro denunce e di processi (civili e penali) incardinati presso il tribunale di Salerno ed ancora in corso. In tutta sincerità, devo ammettere, che del commento del farmacista non mi ha dato alcun fastidio neppure quel pensiero, tra l’ironico e il sarcastico, sulla mia “mediocrità giornalistica”; anzi per certi versi i dubbi espressi dal noto farmacista non fanno altro che confermare quello che io ritengo debba essere l’unica soluzione per la sopravvivenza del giornalismo online e/o di carta stampata: “l’approfondimento” che latita dovunque perché è molto rischioso e prevede una capacità riflessiva (naturalmente con esclusione del sottoscritto) ed una perdita di tempo che la velocità della globalizzazione e del web, in particolare, travolge senza pietà.
Prima di dare la giusta pubblicizzazione al commento del farmacista è necessario precisare un fatto fondamentale; per una consolidata abitudine (che qualcuno può ritenere sbagliata !!) prima di scrivere non chiamo mai gli avvocati e/o le parti interessate ma leggo attentamente gli atti che riguardano la vicenda della quale mi interesso, e nella fattispecie ho analizzato soltanto l’aspetto penale di una storia che è e resta davvero molto complicata; nel mio precedente articolo ho correttamente ammesso di conoscere (come si può conoscere un noto e affermato avvocato e non un avvocatucolo) soltanto l’avvocatessa; adesso, anche se solo tramite uno scritto, conosco anche il farmacista nonostante la mia mediocrità. Nessun aspetto deontologico mi obbliga a chiamare le parti quando è possibile analizzare le vicenda dagli atti pubblici depositati nei tribunali, ovviamente senza travisare alcunché e, soprattutto, senza collusione con una delle parti in causa. La storia mia personale di oltre trent’anni di cronaca giudiziaria è la dimostrazione più lapalissiana di quello che scrivo.
Ecco il commento integrale: “”Egregio signor Bianchini, Non la conosco e non avevo mai letto sinora alcun editoriale sul suo giornalino ma dopo la sua “ profonda “ analisi dal titolo kramer contro Kramer mi corre l’ obbligo di fare alcune considerazioni per stigmatizzare la sua mediocrita’ prima ancora di andare ad indagare nelle sedi opportune se lei ed i suoi colleghi dell’ altro giornaletto, indegnamente appartenenti alla categoria dei giornalisti, siate collusi con la controparte in una strategia ormai lapalissiana di gettare fango sulla mia persona. Nella frenetica ed immorale rincorsa a “ sbatti il mostro in prima pagina “ avete tradito anche l’obbligo deontologico e civile di chiedere al mio avvocato Michele Tedesco delucidazioni in merito alla vicenda che lei in particolare ha colpevolmente travisato. Il sottoscritto, appartenente secondo il suo allucinato pensiero alla categoria dei maschi trogloditi che con clava e grugniti trascinano per i capelli le proprie donne, nei famosi otto anni di martirio, ha semplicemente deciso di separarsi da una persona che non è riuscita evidentemente a metabolizzare il lutto della separazione. Da sei anni vivo con una donna con la quale coronerò il mio sogno d’amore non appena riuscirò ad ottenere il divorzio che l’avvocato “ maltrattato e vessato “ sta cercando di ritardare con pretestuosi ricorsi già dalla prima udienza civile; e mi appare piuttosto strano che il processo mediatico sia partito proprio il giorno dopo il rigetto del reclamo che l’avvocato Pisano aveva fatto contro le decisioni della prima udienza presidenziale per il divorzio chiesto dal sottoscritto. La dottoressa Bianca Rinaldi ( e non la dottoressa Cosentino che ha appena ricevuto l’incarico come pm aggiunto) ha raccolto le dichiarazioni e le testimonianze della parte denunciante, e solo il rinvio a giudizio potrà, in un doveroso dibattimento, chiarire la mia posizione ed i fatti denunciati Il mio silenzio, sinora, era dettato dal rispetto dei miei figli minori e di tutti i miei affetti che, eufemisticamente parlando, sono stati “ messi in imbarazzo” dalle notizie riportate da Lei, e dal suo sommo collega, Andrea Manzi, direttore dell’altro giornalino. Sarebbe inoltre interessante valutare se ,l’avvocato Pisano & c. cavalcando l’onda di questa passeggera notorietà, non stia pensando di trarre un beneficio professionale fondando qualche “ onlus” a favore delle ex mogli maltrattate; naturalmente questa è solo la mia fervida immaginazione. In conclusione, pur consapevole che “ la replica ad una notizia è un rinforzo alla notizia stessa ” e che non entrerò in ulteriori polemiche o repliche laddove Lei ed il suo sommo collega deciderete di continuare ad essere cosi attenti alla mia vicenda con articoli ed interpretazioni ( sarò indiscutibilmente imputato per reati molto seri che occuperanno il mio prezioso tempo) che comunque ritengo suggestivi anche se ormai scontati, la invito a pubblicare questa mia con la stessa doverosa rilevanza ( non perderò altro tempo per replicare all’altro giornalino, se mi fa il favore di mandargliela) e le segnalo un editoriale pubblicato sul corriere della sera in data 08. Novembre 2017, a firma di una vera giornalista, Giusi Fasano dal titolo “ Maschicidio l’altro volto delle violenze domestiche “ con l’auspicio che la sua lettura possa elevarla ad una visione meno gretta e provinciale e possa veleggiare verso nuovi orizzonti culturali rispettando, peraltro, le persone ( non solo donne ) che ogni giorno realmente sono vittime di violenze e persecuzioni. F.to: L.D’u.””
Bene !!, una volta assecondata doverosamente la richiesta di pubblicazione del commento, nel precisare che non lo trasmetterò ai colleghi de La Città (che conosco poco e che probabilmente non hanno mai letto qualche mio articolo) lasciando allo stesso farmacista il compito di farlo, è giusto passare alle considerazioni che lo scritto mi chiama ad esprimere, sempre con garbo – stile – civiltà e massimo rispetto della privacy.
Quello che dirigo non è né un giornalino e né un giornaletto, più semplicemente è un giornale online di provincia che ha tutta l’ufficializzazione giuridica identica, per esempio, a quella del Corriere della Sera pur non avendo né i mezzi e nè le professionalità del più letto quotidiano d’Italia. Per questa ragione ritengo di appartenere con dignità alla categoria dei giornalisti, e sicuramente faccio parte di quella ristretta cerchia che odia “sbattere il mostro in prima pagina” perché, come nella fattispecie, quando si parla di mostri bisogna sempre contare almeno fino a tredici. Difatti nel mio lungo precedente articolo ho evitato con cura di evidenziare (come invece ha fatto La Città) le generalità dei contendenti, con la precisazione che il farmacista è ancora indagato e non imputato come chiaramente si evince dalla “richiesta di rinvio a giudizio” sottoscritto dalla dott.ssa Cosentino e dallo “avviso di fissazione dell’udienza preliminare” dinanzi al gup dott.ssa Sessa per il giorno 23 novembre 2017.
Ma perché il farmacista, ben sapendo che “la replica di una notizia è un rinforzo alla notizia stessa“ (da una massima di Giulio Andreotti, il divo), ha deciso di esporsi e di scendere in campo con il suo lungo ed articolato intervento ? Per saperlo con sicurezza bisognerebbe essere nell’animo dello stesso; per quanto mi riguarda posso solo ipotizzare che il farmacista si è sentito pungolato più dal mio approfondimento (pacato e civile) che dall’articolo apparso su La Città; e di questa circostanza, qualora fosse vera, lo ringrazio.
Per tutte le coppie che si separano, gentile farmacista, c’è un tempo più o meno lungo necessario per la metabolizzazione di quello che lei definisce “il lutto della separazione”, soprattutto quando ci sono lesioni morali e fisiche difficilmente digeribili; ma questo lo sapremo dall’inchiesta giudiziaria. Non condivido affatto la sua stravagante ipotesi secondo cui “… l’avvocato P. & C. cavalcando l’onda di questa passeggera notorietà, non stia pensando di trarre un beneficio professionale …”, ritengo invece che l’avvocatessa stia conducendo una battaglia di grande civiltà anche in soccorso di tutte le donne che non hanno i mezzi e le capacità per farlo.
Prendo atto con soddisfazione, inoltre, dal suo scritto che finalmente ha conosciuto l’amore, quello con la A maiuscola e le auguro sinceramente di viverlo fino in fondo; ma la sua riflessione non fa altro che confermare le mie perplessità sulla consistenza del suo precedente amore.
Ho rintracciato e letto attentamente l’articolo della giornalista Giusi Fasano, il contenuto non sposta di una virgola il mio “allucinato – gretto e provinciale” pensiero.