Aldo Bianchini
SALERNO – Sei anni, due mesi e diciotto giorni (per complessivi 2.270 giorni), tanto c’è voluto alla giustizia del nostro Paese perché trasformasse la “linea notte” in una splendente e speranzosa “linea giorno”. Ma è possibile aspettare tanto tempo prima che un giudice o una Corte ti dica che sei innocente ? Credo proprio di no, ed è questo il male peggiore.
Il noto avvocato penalista salernitano Giovanni Annunziata mi ha spesso spiegato che esistono due categorie di “clienti” (e per clienti intendo l’indagato da difendere); il cliente ideale e quello insofferente. Il cliente ideale è quello che dal primo momento della sua disavventura giudiziaria tace, si cuce la bocca e nelle rare occasioni in cui deve parlare lo fa soltanto attraverso la bocca del suo difensore nel quale deve riporre una fiducia cieca e assoluta, altrimenti lo deve cambiare subito e senza esitazione. Il cliente insofferente è colui il quale straparla, strascrive, va al di là della consegna del suo difensore, quasi come se volesse autodifendersi perché caratterialmente non si fida di nessuno, neppure del suo difensore. Guai ad azzardarsi a fare delle classifiche di merito tra i clienti ideali e quelli insofferenti, si rischia di sbagliare alla grande in quanto si rimarrebbe influenzati dall’atteggiamento caratteriale invece che dagli elementi di prova a carico o in favore. Spetta anche al difensore, e non solo al cliente, la scelta di una difesa coraggiosa ed a 360 gradi o una rinuncia che potrebbe anche apparire strana e inquietante.
Dico questo perché tutto questo sta emergendo, pari pari, dalle due grosse inchieste giudiziarie condotte dallo stesso PM a Pagani e Scafati; la prima denominata “linea notte” e la seconda “sarastra” con imputati eccellenti; da un lato Alberico Gambino e Giuseppe Santilli e dall’altro Pasquale Aliberti. Nel primo caso, Alberico e Giuseppe, sono da annoverare tra i clienti ideali, nel secondo, Pasquale, tra quelli insofferenti. Sullo sfondo, però, l’inchiesta giudiziaria è praticamente sovrapponibile, quasi da copia-incolla dell’era tecnologizzata. Per la prima ci sono voluti ben 2.270 giorni per lo spiraglio di luce, per la seconda siamo ancora a poco più di due anni di gogna giudiziaria e mediatica.
Ho letto gli esiti della conferenza stampa, quasi perfetta, tenuta da Alberico Gambino in presenza dei suoi due difensori (Alessandro Diddi e Giovanni Annunziata); dopo sei anni, due mesi e diciotto giorni (dall’inizio clamoroso dell’inchiesta con gli arresti fino alla sentenza della Cassazione) per vedere ancora un Gambino doverosamente composto e disposto a giustificare la magistratura che lo ha aggredito e lo ha fatto trascinare in manette nella cella di sicurezza del tribunale di Nocera Inferiore, anzi addirittura a sostenere che “”su 62 mesi di attività consiliare, sono stato sospeso per 57 mesi, come effetto della Legge Severino. Contro di me piccoli uomini e affaristi hanno costruito un complotto hanno imbrogliato le carte, mentito anche alla magistratura. Hanno rivoltato la mia vita come un calzino, ora, l’auspicio è che lo facciano anche con chi ha preso in giro la Procura””; quasi come a giustificare chi lo aveva ridotto in catene ponendolo a capo di un “sistema Pagani” fatto di connubio tra politica-imprenditoria e camorra e con un regista occulto rappresentato dalla figura del consulente del lavoro Giuseppe Santilli. Apprezzo moltissimo la grande freddezza del consigliere regionale, capisco che la sua posizione giudiziaria deve ancora essere sottoposta al giudizio della Corte di Appello di Napoli (come ordinato dalla Cassazione) per delle sciocchezze rimaste ancora in piedi, ma io sinceramente la penso in maniera assolutamente diversa perché è il “sistema giustizia” che nel suo complesso non mi piace e mi inquieta. Lo stesso atteggiamento lo sta tenendo il mio amico Giuseppe Santilli che si è chiuso in un rispettabile silenzio fin dall’inizio della sua storia giudiziaria che gli ha, comunque, procurato gravi patologie fisiche portandolo fino alla dialisi settimanale permanente per colpa di consulenti-medici del PM che gli negarono perfino il cibo alternativo quando era detenuto in carcere.
Solo un appunto alla perfetta organizzazione della conferenza stampa di Alberico Gambino; nonostante la visibile commozione del consigliere regionale ha avuto un peso importante l’assenza di Giuseppe Santilli che, invece, è già stato prosciolto dalla Cassazione e non avrà bisogno del codino di una nuova pronuncia di appello per uscire definitivamente dalla “linea notte” tenacemente perseguita dalla Procura Antimafia di Salerno. Probabilmente si è trattato di una leggerezza dovuta al fatto che i difensori di Santilli non sono gli stessi di Gambino; ma io non faccio politica e non conosco i suoi meccanismi, io parlo e scrivo per linee generali e non sono vincolato da procedure e/o da scelte che spesso determinano l’uscita dal controverso mondo della stessa politica. Ma non vivo lontano dalla realtà e credo che davvero la sentenza della Cassazione “farà scuola” (come hanno affermato gli avvocati Diddi e Annunziata) perché ha sonoramente bollato un’inchiesta che fin dall’origine era stata inquinata da pesanti manipolazioni (undici taglia e incolla) sulle intercettazioni ambientali che, ad onor del vero, erano già state evidenziate dalla presidente del collegio giudicante di primo grado, Anna Allegro, e poi travolte forse dall’esigenza di dover comunque condannare i due imputati principali per giustificare le pesanti spese di denaro pubblico e tutto il sommovimento mediatico che l’inchiesta aveva generato.
L’inquietante scenario, fin qui descritto, avrà un peso anche sull’esito dell’inchiesta travolgente a carico dell’ex sindaco di Scafati Pasquale Aliberti ? Beh !! se la giustizia è giustizia deve pur capire che le due inchieste, e non soltanto perché condotte dallo stesso pubblico ministero, sono per molti aspetti sovrapponibili (quasi da copia-incolla) ed in qualche caso registrano la presenza degli stessi personaggi o quanto meno degli stessi clan malavitosi che nell’agro nocerino-sarnese non mancano.
Ma per l’inchiesta “Sarastra”, quella di Scafati, c’è un problema che non è un problema da poco; l’indagato principale Pasquale Aliberti non è un “cliente ideale” perché straparla, strascrive ed utilizza i social in maniera diffusa ed ossessiva, cosa che naturalmente non piace soprattutto all’autorità giudiziaria costituita che, nella fattispecie, si sta quasi divertendo nel voler impedire a tutti i costi che l’indagato si difenda in tutte le sedi possibili ed immaginabili. C’è anche da dire, però, che fortunatamente per lui non sono scattate le manette e probabilmente non scatteranno più, e questo Pasquale Aliberti farebbe bene a tenerlo presente.
direttore: Aldo Bianchini