CASTELCIVITA (SA) – “”Martedì 18 luglio, alle 10.00, a Castelcivita, si terrà la cerimonia di riavvio dei lavori per il completamento del primo stralcio della Fondovalle Calore. Interverranno il Governatore Vincenzo De Luca, il Presidente della Provincia Giuseppe Canfora, il Presidente della Comunità Montana degli Alburni Donato Cervino””. Con questo semplice e scarno comunicato stampa la Provincia di Salerno, in data 17 luglio 2017, ha annunciato la ripresa dei lavori per il completamento della strada a scorrimento veloce denominata “Fondovalle Calore” che in teoria (sempre in teoria !!) dovrebbe partire dallo svincolo autostradale di Eboli per attraversare velocemente tutta la valle del Sele (nel tratto Capaccio-Roccadaspide-Aquara-Laurino-Atena Lucana) e per reimmettersi sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria nei pressi dello svincolo di Atena Lucana. Questo almeno era il progetto originario di quella strada che doveva successivamente avere anche una diramazione che dalla zona di Laurino con una bretella doveva raggiungere anche Vallo della Lucania per riammagliarsi con la Cilentana di storica memoria, di seguito con la Mingardina e, infine, con la Bussentina che da Policastro porta il turista vero lo svincolo di Buonabitacolo (sempre della SA-RC).
Sinceramente non so oggi di quale strada stiano parlando tutti i soloni della politica locale che la mattina di lunedì 17 luglio si sono ritrovati, schierati agli ordini del grande capo Vincenzo De Luca per il taglio del nastro di un’altra opera dai contorni poco chiari e indefiniti. Qualsiasi altro progetto, al di là di quello partorito dal laboratorio socialista di Carmelo Conte non avrebbe senso; anzi devo aggiungere che se i magistrati di tangentopoli non avessero rotto le uova nel paniere (si fa per dire !!) con i clamorosi arresti del 23 luglio 1992, che mandarono a monte un favoloso progetto, da tempo avremmo già avuto una strada utile anche ad ottenere un corposo risparmio sul raddoppio della SA-RC nel tratto Eboli-Atena Lucana.
Quindi la mattina del 17 luglio scorso, a sei giorni dal 25° anniversario di quei clamorosi arresti, il kaimano è ritornato sul luogo dell’antico delitto politico per dare il via ad una fantasiosa serie di lavori per una strada che proprio lui, Vincenzo De Luca, aveva contestato duramente e in termini irripetibili definendo alla stregua di “mariuoli” tutti quelli che avevano dato vita a quel progetto. Sicuramente il governatore non voleva il male assoluto di nessuno ma è indubbio che le sue filippiche ebbero un peso notevole sulle decisioni della magistratura che trassero in arresto anche uno dei compagni più fidati del kaimano, quel Giuseppe Parente (già sindaco di Bellosguardo e componente della Comunità Montana degli Alburni), che soltanto di recente è stato riammesso alla corte dello zar con un incarico, se vogliamo anche di un certo prestigio, alla guida di una delle tante società partecipate del comune di Salerno.
Seguirò attentamente lo sviluppo progettuale nella sua probabile esecuzione di cantiere, ma la partenza non è stata del tutto felice, mi è sembrata la solita sceneggiata propagandistica tra le tante cui ci ha abituati appunto da venticinque anni l’inossidabile De Luca che proprio su quella strada a scorrimento veloce (della quale rimangono a imperitura memoria alcuni resti dei piccoli scavi per movimento terra iniziali all’epoca) ha cominciato a gettare le basi del suo “impero politico” che dura da quel momento dopo aver superato tutti i traguardi di longevità umanamente previsti e possibili per un personaggio politico normale.
Da quel giorno del lontano 1992 Vincenzo De Luca (allora vicesindaco e assessore ai lavori pubblici del Comune di Salerno, con sindaco Vincenzo Giordano), con l’aiuto dell’allora fidatissimo Mario De Biase (poi ricompensato con la carica di sindaco e infine buttato alle ortiche), cominciò a tessere la sua ragnatela di potere non guardando in faccia a nessuno e spedendo nelle sabbie mobili delle inchieste giudiziarie anche gli uomini a lui più vicini. La sua azione di legittima legalità non conobbe ostacoli e dovendo attaccare con tiro alzo zero il Partito Socialista, quello del famoso 33% di Conte, fu costretto (forse suo malgrado !!) a sacrificare non solo Giuseppe Parente, detto Geppino, ma anche (tra gli altri !!) Fulvio Bonavitacola che da diverso tempo è ritornato al suo fianco ed oggi siede alla destra del “Signore” con l’incarico di vice presidente della Regione Campania. Per dovere di cronaca e per non dare adito a fantasiose richieste di “diritto all’oblio” mi corre l’obbligo di ricordare chi e quanti furono gli arrestati di quell’afosa giornata di luglio del 1992: Pasquale Iuzzolino (sindaco DC di Sicignano), Giuseppe Parente (sindaco pdiessino di Bellosguardo), Pasquale Silenzio (già sindaco socialista di Eboli), Mario Inglese (ingegnere capo Fondovalle Calore), Raffaele Galdi (direttore lavori Fondovalle) e Vittorio Zoldan (titolare di una delle tre imprese facenti parte dell’ATI che aveva vinto l’appalto della Fondovalle Calore).
In quei giorni della tempestosa inchiesta giudiziaria, e della forzata permanenza in carcere di Parente, ci fu anche un curioso siparietto, quasi tragicomico, che riguardò il personaggio Parente; alcuni politici e intellettuali dell’epoca pubblicarono un vistoso manifesto (diverse copie furono affisse anche sui muri esterni del tribunale) dal titolo suggestivo, quasi surreale: “Caro Geppino, ti vogliamo bene”. Una novantina di personaggi noti e meno noti, tra i quali anche architetti e ingegneri di spessore, apposero al propria firma sotto quel manifesto che non citava minimamente l’altro arrestato eccellente e cioè Bonavitacola; ne mancava una di firme, era quella del prorompente ed inarrestabile Vincenzo De Luca che, con una tecnica tutta speciale e tutta sua, si sottrasse abilmente al dovere di mettere la sua firma che sostanzialmente doveva rappresentare una solidarietà di massima per un amico fidato finito dietro le sbarre. Ma questa tecnica, De Luca, l’ha messa costantemente in atto riuscendo ad assentarsi dall’approvazione delle delibere di giunta molto particolari e rischiose, tanto tutti i suoi assessori-peones le firmavano ad occhi chiusi.
Quel progetto, veramente progressista, dei socialisti che volevano a tutti i costi la Fondovalle Calore addusse agli stessi socialisti più guai che riconoscimenti; all’epoca parlavano tutti, soprattutto gli ambientalisti che, un giorno si e l’altro pure, non la smettevano di ostacolare, con denunce anonime e/o sottoscritte inviate ogni giorno in Procura, l’intera progettualità del famoso “laboratorio laico e di sinistra” partorito dalla fervida mente politica di Carmelo Conte e che aveva dato lavoro a 240 tecnici (tra ingegneri, architetti e geometri) della provincia di Salerno. Mi sono chiesto in questi giorni se gli annunciati lavori (vedremo in seguito se saranno portati avanti) siano lavori basati sulla plastica o l cemento, perché se i lavori si basano sul cemento (come è d’uopo che sia) vorrei sapere dove sono andati a finire quei tanto spocchiosi ambientalisti dell’epoca (che hanno sicuramente partorito i nuovi ambientalisti !!): oggi zittiscono, nuovi e vecchi, per paura del kaimano o hanno capito l’importanza fondamentale di quell’opera che ieri era ancora più importante di oggi ? Nell’uno e nell’altro caso sono fortemente colpevoli.
Per colpa di quella strada il 23 luglio 1992 furono spalancati i “portoni del santuario socialista” e la tangentopoli salernitana imboccò una strada per davvero a scorrimento veloce con l’azzeramento di un’intera classe politica e con i risultati che tutti noi ben conosciamo e che qui è inutilmente superfluo ricordare per l’ennesima volta.
Mi ha colpito uno dei tanti comunicati stampa della Provincia di Salerno quello del 19 luglio scorso che recita così: “”Al via i lavori del primo stralcio per il completamento della Fondovalle Calore. Presenti ieri mattina alla riapertura del cantiere, fermo da diversi anni, il Governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, il Presidente della Provincia di Salerno, Giuseppe Canfora, il Presidente della Comunità Montana degli Alburni, Donato Cervino, numerosi Sindaci e Amministratori della zona, nonché il responsabile del procedimento, dott. Domenico Ranesi, e i rappresentanti dell’impresa esecutrice Franco Giuseppe srl di Roccella Jonica. L’opera è stata finanziata con fondi della Regione (9.220.711,34 euro) e della Provincia (un milione di euro), per un importo complessivo di 10.220.711,34 euro””. Ma le immagini e le foto apparse sui mezzi di comunicazione hanno registrato la presenza di numerosi altri personaggi; a tutti vorrei umilmente rivolgere una raccomandazione sentita ed accorata: “Non sparate a zero sui progetti e sugli uomini del passato perché la storia della Fondovalle Calore è ancora viva e presente anche negli ambienti giudiziari e, senza voler fare la Cassandra di turno, guardatevi bene da quello che fate prima di mettere firme per ingraziarvi il capo che conosce benissimo i fatti ed i misfatti di questa benedetta strada”. L‘appello più accorato lo rivolgo a Giuseppe Canfora, presidente della Provincia, per raccomandargli di non sacrificarsi più di tanto sulle barricate di un’antica guerra politico-giudiziaria che non gli appartiene e dalla quale è stato da sempre molto lontano; soprattutto non infierisca, anche con toni che sanno di malcelata arroganza, sui “resti della destra salernitana” che a questo punto non rappresenta nemmeno più una ideale croce rossa. Ma per quanto riguarda il presidente Canfora, che mi è apparso da subito come un signore della politica non posso non ripetergli una raccomandazione che gli ho già fatto in occasione di uno scontro politico nato sull’inchiesta giudiziaria per il caso del termovalorizzatore comunale di Salerno (che portò alla sospensione di De Luca); anche in quel caso cercai per iscritto di spiegargli come stavano davvero i fatti e lo invitai a documentarsi per bene prima di intervenire nei dibattiti. La sua ultima uscita, contro l’ex presidente Antonio Iannone, mi è parsa non solo inconsistente ma anche superflua e forse dannosa per gli stessi interessi del partito che rappresenta molto bene nell’Ente Provincia.
In passato avevo già pubblicato la notizia del ritrovamento nel mio enorme archivio cartaceo di un manoscritto (risalente alla primavera del 1995) dell’ing. Raffaele Galdi (direttore tecnico e capo progettista della Fondovalle Calore) in cui scrive a ruota libera il suo pensiero su quella vicenda:
“”Il contesto politico degli anni ’80 è dominato in Campania e maggiormente nel salernitano dall’on. De Mita con tutti i suoi uomini (vedi Gargani – Mancino). Verso la fine degli anni ottanta emerge la presenza socialista tramite l’on. Conte. Il PSI comincia a crescere e fa prevedere di crescere oltre ogni previsione. Conte elabora un progetto di sviluppo che si interpone al duello tra l’area interna capeggiata da De Mita e l’area costiera napoletana capeggiata da Gava. L‘area salernitana da “feudo demitiano” assurge a nuova realtà territoriale. Tutto ciò preoccupa gli ambienti D.C., in modo particolare De Mita che inizia una battaglia contro Conte. E’ Del Mese che afferma “quando si voleva combattere Conte, dissi a De Mita solo sul campo politico” (vedi “Il Mezzogiorno”). De Mita ha alle spalle la Presidenza del Consiglio, la nomina nelle istituzioni quale Gargani e Mancino (giustizia e servizi segreti). Per colpire Conte bisognava colpirlo nella progettualità, cioè nella proposizione. Per far ciò si individuano le persone a lui vicine da colpire: i tecnici. Nel 1990 arrivano a Salerno i super ispettori del Secit che, insieme alla Guardia di Finanza, devono verificare la contabilità e le dichiarazioni dei redditi di alcuni contribuenti sorteggiati a caso tra coloro che hanno dichiarato redditi inferiori rispetto alla media della propria categoria. Stranamente risultano sorteggiati a Salerno Raffaele Galdi e Franco Amatucci. Stranamente perché ? Perchè tutti sanno che i due non a caso sono chiamati “compassi d’oro”. Essi avevano dichiarato negli anni precedenti fatturati circa 50 volte superiori alla media della categoria. Però, nonostante un anno di accertamento, non si ottengono i risultati forse sperati, cioè trovare “fondi neri” da chiarire e poi a chi erano destinati. Niente. Immediatamente dopo entrano in gioco a Salerno i famosi o famigerati “servizi segreti”. Si verificano strani furti, ove si entra in case o studi, si rovista tra le carte ma niente viene asportato””.
Questo è solo un assaggio del lungo dossier lasciatomi in consegna dall’ing. Raffaele Galdi; un dossier che conto di pubblicare, quanto prima, nel contesto di un libro dedicato per intero alla Fondovalle Calore. Ma sto incontrando numerosi ostacoli, quasi come se un muro di gomma respingesse tutto al mittente, ancora oggi dopo venticinque anni.