BUONABITACOLO – Anche se molto lentamente ci avviamo alla conclusione di una vicenda drammatica che ha tenuto sotto pressione un’intera comunità valdianese; probabilmente la prima udienza del processo in Cassazione sarà fissata per il prossimo mese di dicembre. E sapremo finalmente se il maresciallo dei carabinieri Giovanni Cunsolo è colpevole o innocente e se lo stesso aveva commesso un omicidio colposo oppure preterindenzionale nell’aver, comunque, determinato con la sua azione la morte del giovane Massimo Casalnuovo la sera del 20 agosto del 2011. Il caso giudiziario è arrivato all’attenzione della Suprema Corte dopo due sentenze tra loro contrastanti e nettamente contrapposte; al centro un duello filosofico-giudiziario sul filo del rasoio della differenza tra omicidio colposo e preterintenzionale sempre molto difficile da dimostrare sia nell’uno che nell’altro caso. Il nostro Paese, è risaputo, si distingue per la grande capacità di scontentare tutti in qualsiasi fatto di giustizia. Un Paese in cui, proprio in questi giorni, si è acceso un furioso dibattito sull’eventualità di concedere gli arresti domiciliari a Totò Riina per garantirgli “una morte dignitosa” in casa sua pur avendo sul suo groppone ben 19 ergastoli e diversi decenni di carcere duro.
Prima di analizzare le imprevedibili conclusioni della Corte è giusto anche ripassare le differenze tra delitto colposo e delitto preterintenzionale. 1) L’omicidio colposo è il reato consistente nella soppressione di una vita umana ad opera di una persona in conseguenza di un fatto a lei imputabile, ma compiuto senza intenzionalità. L’assenza dell’intenzionalità lo distingue dall’omicidio doloso o volontario. L’omicidio colposo è ritenuto fatto riprovevole; tuttavia, nei diversi orientamenti, la valutazione del livello di gravità è molto disomogenea. Esso è stato disciplinato come reato in tutte le legislazioni storiche e anche oggi è oggetto di numerose disposizioni di tipo penale. 2) Sussiste il reato di omicidio preterintenzionale quando avviene la morte di un soggetto come conseguenza della condotta di cui agli artt. 581 (reato di percosse) o 582 (reato di lesioni personali). Sull’elemento soggettivo del reato sussiste un contrasto giurisprudenziale. Parte della giurisprudenza rileva come, per la configurazione del reato, sia richiesto il dolo misto a colpa. L’agente, pertanto, vuole cagionare alla vittima l’evento minore (una lesione o una percossa), ma ottiene, per via di un comportamento colposo, la morte della stessa. Giurisprudenza contraria vede unicamente l’aspetto doloso della volontà di cagionare l’evento minore, facendo ricadere l’evento morte come conseguenza oggettiva della condotta dolosa.
Leggendo e rileggendo il precedente capoverso capirete benissimo quanto è difficile, in punta di diritto, distinguere la fattispecie di omicidio colposo da quello preterintenzionale; la legge sembra fatta apposta per lasciare ogni ampia possibilità di scelta nell’amministrazione della giustizia agli uomini che sono chiamati ad amministrarla. La giustizia, però, dovrebbe essere sempre giusta e fatta in nome del popolo, anche se arriva sempre in ritardo e alla fine è fatta solo per sbaglio (George Bernard Shaw). Difficile, quindi, appare la decisione della Cassazione su un caso che ha scosso le coscienze di tutti, molto verosimilmente anche del maresciallo Cunsolo che, suo malgrado, si è ritrovato immerso fino al collo in una vicenda molto più grande di lui.
L’intera vicenda Casalnuovo/Cunsolo è, quindi, drammaticamente contrastante: La Corte d’Assise di Potenza ha sentenziato la colpa del maresciallo del Carabinieri Giovanni Cunsolo per la morte del giovane Massimo Casalnuovo, avvenuta la sera del 20 agosto 2011 quando non si fermò ad un posto di blocco. Una sentenza che sconfessa pienamente quella di primo grado emessa dal giudice Enrichetta Cioffi che assolse il militare con la formula piena “perché il fatto non sussiste” che sconfessava, a sua volta, la richiesta del pm Michele Sessa che aveva richiesto la dura condanna a nove anni di carcere in applicazione dell’art. 584 del C.P. che prevede il cosiddetto “omicidio preterintenzionale”. In teoria l’omicidio preterintenzionale farebbe pensare che il maresciallo avrebbe deliberatamente voluto operare una lesione nei confronti di Casalnuovo e questo comportamento avrebbe provocato la non prevista, e/o prevedibile, morte del ragazzo. In verità il pm Sessa aveva anche chiesto l’applicazione di un’ aggravante per aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio. In appello, dinanzi alla Corte d’Assise di Potenza, non solo è stata smantellata la sentenza della Cioffi ma è caduta anche l’ipotesi dell’aggravante richiesta dal pm Sessa. Da qui una terza versione dei fatti e la conseguente sentenza a 4 anni e 6 mesi (oltre all’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici) per omicidio preterintenzionale semplice, mentre il pm Modestino Roca che prima aveva chiesto la condanna ad un anno e sei mesi per “omicidio colposo aggravato dovuto ad eccesso di potere” e poi ha finito per chiedere, nella sua requisitoria finale, cinque anni per omicidio preterintenzionale e in subordine il riconoscimento dell’omicidio colposo per il quale non aveva formulato alcuna richiesta detentiva già ritenendo, forse, che fosse sufficiente la richiesta precedente o “in subordine” che la Corte avrebbe deciso per quello preterintenzionale, vista la piega che aveva preso la rinnovazione del processo (cosa assai rara !!).
Prima della sentenza, naturalmente, continuerò ad analizzare anche altre prospettive della vicenda; non ultima quella portata avanti dalla difesa della famiglia Cunsolo. Alcuni mesi fa ho avuto il privilegio di incontrare a Sala Consilina il padre del compianto Massimo; una persona molto corretta e dall’alto profilo istituzionale; mi garantì la consegna di alcune sue considerazioni scritte che fino ad oggi non mi sono arrivate. Spero lo faccia al più presto.