di Angelo Giubileo
SALERNO – In tempi di populismo –che, ribadisco ancora una volta, non si sa esattamente cosa sia e in generale è comunque inteso come un movimento generico di ribellione o, meno efficacemente, di protesta dei cittadini (cives) nei confronti dell’élite di governo della città, ma più in generale di un’élite di potere-, sull’altare della vittima sacrificale ritorna la società aperta di più recente popperiana memoria.
Popper pubblicò la sua celeberrima opera, La società aperta e i suoi nemici, nel 1945, in Nuova Zelanda, lui ebreo, in fuga dall’Austria e dall’Europa che diventava nazista. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, egli non intendeva muovere una critica al sistema economico e politico che aveva ingenerato due guerre mondiali; piuttosto la sua indagine critica verteva sul fondamento della conoscenza scientifica e, in definitiva, sul fondamento “fallibilistico” – ma mi sia concesso, in tale contesto, l’uso equivalente di un termine filosofico più ampio – e quindi possibilistico della stessa.
Il ragionamento di Popper prende le mosse dalle origini del pensiero della Grecia antica, a partire dal “Platone totalitario” del primo tomo della voluminosa opera. E per questo, quindi, il fondamento del suo discorso logico risiede nel pensiero viceversa di Parmenide, l’eleate.
L’asserzione in base al quale L’essere è e non è possibile che non sia sta a significare esattamente che l’essente, ovvero le cose che accadono, è la possibilità, rispetto a tutte le altre (non essere), che le stesse cose accadono. Il detto in-dica parimenti un de-stino (lo stare dell’essere e l’essere dello stare medesimo) di “eterno presente”, vissuto in uno spazio-aperto (Caos); laddove “politico”, racchiuso cioè all’interno della polis, in cui correttamente dovrebbe dominare la decisione e, nell’ambito relazionale, il relativismo oltre che viceversa, in quanto negazione (non-essere), escludersi ogni rinvio e assolutismo, che è in effetti quella forma di regime in cui viceversa domina l’atto.
Potenza e atto: la possibilità (o potere) che è essa stessa atto oppure la possibilità che diventi atto e in tale ipotesi, mutuando dalla Scienza Nuova del Vico, quale contraria espressione del fondamento, l’asserzione che “verum et certum factum est”. Con un semplice esempio, come dire che se pure è vero che sia proprietario di una casa occorre tuttavia che questo fatto sia reso “certo” da un’autorità – sia cioè nel nostro attuale ordinamento giuridico attestato all’ufficio del catasto -, altrimenti per l’organizzazione che l’autorità stessa presiede il fatto non esiste, non è … Se Hitler avesse vinto la guerra, ma non è stato e non è così!
E così, parimenti, è invece accaduto che negli USA Donald Trump abbia vinto le elezioni (nel senso di avere presa sull’elettorato) presidenziali, cosa che anche tra i cosiddetti addetti ai lavori pare che non trovi ancora le giuste spiegazioni. Mi potreste obiettare: ha e non abbia, ma è proprio questo il punto: abbia e ha. Infatti, corretto è chiedersi come sia stato possibile che si sia arrivati a questo, ovvero come l’elezione di Trump sia stato il frutto di un albero di cui i rami sono cresciuti anche rapidamente. Perché, è proprio vero: con i se e con i ma la storia non si fa.