SALERNO – Qualche settimana fa ho scritto sul degrado che regna sovrano dentro e intorno alla Piazzetta Ambrosoli (sita in Via Torrione proprio di fronte al Forte La Carnale) che nelle fantasiose aspirazioni del governatore Vincenzo De Luca doveva essere un fiore all’occhiello del quartiere Toprrione e di tutta Salerno. Perché ? Perché la piazzetta andava a scardinare innanzitutto il ponte che collegava il lungomare alla ferrovia e faceva da passaggio per il binario che dalla stazione arrivava fino al porto, e poi perché risolveva finalmente i problemi di degrado assoluto legati all’abbandono di quella tratta dall’epoca in cui la settantenne Maria Teresa Paparella (zia del sen. Alfonso Andria) perse la vita perché venne investita il 3 dicembre 2005 in Piazza della Concordia da un carro merci che stava andando dalla stazione verso il porto. La tratta ferroviaria fu subito dismessa e la mattina di venerdì 25 settembre 2009 arrivò puntuale la demolizione del cavalcavia che consentiva al binario di congiungere la stazione ferroviaria al porto. Quella mattina il cavalcavia fu abbattuto tra il tripudio generale popolare con inni osannanti nei confronti dell’allora sindaco Vincenzo de Luca; non ne parliamo, poi, del momento dell’inaugurazione della Piazzetta Ambrosoli con tanto di fontana a scomparsa (fontana che è realmente scomparsa subito dopo) e con la gente assiepata intorno al kaimano che benediceva la folla osannante. Neppure per un secondo si pensò che quella bretella ferroviaria, amata e contrastata, in un immediato futuro poteva ritornare molto utile per continuare la crescita del porto che avrebbe avuto, così, un’altra via di fuga per i suoi scambi commerciali. Piccola si, quella via, ma utilissima per lo sviluppo di tutte le attività portuali se la stessa fosse stata (anche quando esisteva) migliorata e disciplinata meglio. Quell’incidente mortale gravissimo certamente condizionò e, forse, offuscò le menti di chi poteva decidere di migliorarla e non lo fece preferendo la soluzione populistica della demolizione del ponte che spegneva per sempre ogni possibilità di recupero di un servizio essenziale. Con il mio ragionamento non è, però, pienamente d’accordo l’ing. Gaetano Perillo (esperto di trasporti) che il 19 dicembre scorso postò un commento in calce al mio precedente articolo: “”Il degrado in cui versa la piazzetta Ambrosoli non fa onore ai responsabili della cosa pubblica che dovrebbero preoccuparsi di mantenere alto il decoro delle aree cittadine, specialmente dopo che le stesse sono state oggetto di trasformazione e restyling mirati a migliorarne aspetto e funzioni. Ricordo come era quella zona. Peccato che vicende successive abbiano creato i tanti problemi denunciati ora e quasi fanno rimpiangere l’assetto precedente. In particolare sembra di capire che si recrimina anche per l’avvenuto abbattimento del ponte della ferrovia che oggi sarebbe stato “utilissimo per il porto commerciale”. Ritengo invece che forse questo intervento sia stato l’unico più determinante e coerente con il previsto sviluppo successivo di tutta la fascia urbana dal Grand Hotel alla Piazza della Libertà, facendo definitivamente sparire ogni velleità di ripristinare quell’inutile e anacronistico raccordo ferroviario col porto che si sviluppava sul lungomare e del quale si sono lasciati ancora in situ i binari, “a futura memoria”!! Sono sempre del parere che sarebbe stato molto più importante interrogarsi con lungimiranza e spirito costruttivo su come sostituire quel collegamento, sia pure improduttivamente praticabile, con una infrastruttura veramente valida e indispensabile allo scalo. L’argomento però è sempre latitante!!””. Condivido, comunque, buona parte del commento dell’ing. Perillo al quale, però, pongo alcune domande: 1) Se l’assetto precedente viene rimpianto perché ritiene l’intervento unico e determinante per lo sviluppo della zona, visto e considerato che se è vero che è stato creato il Grand Hotel non bisogna dimenticare che in quel sito si paventa anche una degradante speculazione edilizia-immobiliare con gli appartamenti che dovrebbero essere creati nello stabile dello stesso hotel; 2) E’ vero che Civitavecchia di binari tra stazione ferroviaria e scalo marittino ne ha ben otto, ma uno a Salerno avrebbe fatto comunque molto comodo visto e considerato che non abbiamo ancora Porta Ovest (e a questo punto non so quando l’avremo !!) e abbiamo un viadotto Gatto che andrebbe demolito; 3) In mancanza del binario, in mancanza di Porta Ovest, in precarietà con il viadotto Gatto, quale potrebbe essere la soluzione veramente valida. Il problema, gentile ing. Perillo, è un altro; il problema consiste nel fatto che in questa città decide sempre e solo un uomo che ha fatto il sindaco, fa il governatore della Campania, all’occasione fa il capo cantiere, fa il cacciatore delle prostitute, pensa di poter afferrare gli imbecilli, ecc.; ma soprattutto quell’uomo solo al comando non accetta consigli da nessuno. Ad esempio per lui il cavalcavia di Torrione, che per molti decenni delimitava in una sorta di amarcord il centro dal resto della città, andava abbattuto perché era necessario dimostrare a tutti che era capace di affrontare e sconfiggere anche la potente macchina delle FF.SS.. E poi lo sviluppo vero della città è sempre bloccato dalla presenza della stazione ferroviaria in quel posto (negli anni ’60 qualcuno aveva pensato di trasferirla nella valle dell’Irno con il risparmio notevole della costruzione della galleria Santa Lucia) e sicuramente la brutale soppressione di quella piccola tratta Stazione-Porto non era e non è stata sufficiente ad assicurare lo sviluppo di quell’area della città; ha soltanto fatto lievitare i prezzi degli appartamenti del palazzo adiacente alla piazzetta Ambrosoli, nel quale abita l’attuale assessora Gaetana Falcone che appena qualche anno fa fece di tutto per opporsi a De Luca contro la realizzazione della piazzetta. Adesso tace, ma la storia è questa.
direttore: Aldo Bianchini
La sollecitazione rivoltami dal Direttore dr. Bianchini mi induce a tornare su un argomento a più risvolti – già da me affrontato in precedenti occasioni – anche perché mi ha posto esplicite domande a cui rispondere.
Non entro però nel merito dell’uomo solo al comando che non accetta consigli da nessuno.
Non ho infatti sufficienti elementi di diretta conoscenza della situazione, quale venutasi a consolidare negli anni. Ma, da quando si apprende dagli organi di informazione, sembra che egli sia un uomo politico capace di ottenere grandi consensi e ripetuti successi elettorali, ma nel contempo di accumulare aspre critiche e diffusi discrediti anche perché indulge in espressioni spesso “sopra le righe” e assume atteggiamenti discutibili che si prestano perfino ad applaudite riproposizioni caricaturali.
C’è tuttavia chi dice che ha dato una scossa significativa ad un ambiente “apatico e sonnacchioso”, suscitando voglia di riscatto e stimoli per una orgogliosa crescita della città. E però, quando ha voluto eccedere assumendo le multiformi vesti del capo cantiere, del cacciatore di prostitute, del fustigatore di cafoni e imbecilli e dir si voglia, nessun novello Apelle è insorto a gridargli efficacemente e con convinzione: “Sutor, ne ultra crepidam”, in modo da farlo recedere e fargli mantenere unicamente le sue funzioni di guida politica e di primo cittadino. Non è improbabile quindi che il persistente ardire di De Luca di spingersi oltre … la suola del sandalo dipendesse (e dipenda) anche dalla assenza di qualcuno che, al pari del celebre artista greco citato da Plinio il Vecchio, fosse (e sia) in grado di bloccarne intenzioni e atti debordanti, e di assumersi nel contempo dirette responsabilità di tipo esecutivo.
Vengo ora al tema, cercando di essere esauriente nelle mie argomentazioni.
Sono note le difficoltà burocratiche, le autorizzazioni da ottenere, i contrapposti interessi da conciliare prima che si possa procedere al risanamento e alla riqualificazione di aree o sobborghi degradati. Se in tali circostanze subentra anche il timore che possano diventare operazioni speculative le inevitabili rivalutazioni di cui verranno a beneficiare fabbricati, locali e quant’altro si trova nei paraggi, allora è meglio rinunciare e lasciare tutto come prima. Mi sembra che tale convinzione serpeggi ancora nei riguardi del discusso recupero della Piazzetta Ambrosoli, la cui attuazione avrebbe comportato – quali ulteriori conseguenze negative – anche la scomparsa del cavalcavia di Torrione, già simbolica linea di demarcazione fra centro e resto della città, nonché la demolizione del ponte che assicurava la continuità dell’utile (?) bretella ferroviaria Porto-Stazione FS.
Eppure, c’è da chiedersi fino a quando quest’ultima avrebbe dovuto continuare a far da via di transito per convogli da e per lo scalo commerciale, percorrendo un lungo tratto del lungomare “nobile” della città, con le dovute e ripetute frequenze richieste allo scopo.
Anche ammesso – e tenuto conto delle problematiche riguardanti Porta Ovest e Viadotto Gatto – che detto raccordo potesse fungere ancora come “un’altra via di fuga per gli scambi commerciali del porto”, quale sarebbe il compromesso con la vocazione anche turistica che si vuole dare a Salerno?
A meno che – ma è solo una facezia!! – non si pensi di creare una ulteriore attrattiva in occasione delle Luci d’Artista, facendo transitare su quel binario convogli illuminati e addobbati con coreografiche fantasie di luci e colori!!
Giusto quindi l’appellativo che il Direttore dà a quella bretella definendola: “amata e contrastata”.
E’ stata infatti una vicenda annosa e di lunga durata, nonché fonte di dibattiti e vivaci scambi di opinioni, il mantenere funzionante o meno il binario ferroviario sul lungomare di Salerno.
Questo anche perché, e più in generale, da molti decenni persiste il dilemma sull’identità da assegnare alla città.
Si insiste infatti sugli aspetti turistici e di immagine, esaltando bellezze naturali, il fronte a mare, i trascorsi storici, l’arrivo delle grandi navi da crociera, il Marina di Arechi, ecc. Ma si esaltano anche i grandi risultati conseguiti dal porto commerciale che ora soffre per la mancanza di quel raccordo, data la persistente inadeguatezza delle strade del retroporto a smaltire il traffico veicolare adibito al trasferimento delle merci in transito.
Tuttavia, non mi sembra condivisibile l’opinione che forse era meglio tenere in uso quel raccordo e magari disciplinarne più opportunamente l’uso (come?), perché comunque utilissimo per le esigenze del porto.
Al riguardo, trovo più pertinente pensare che da molto prima si doveva progettarne la soppressione e la deviazione su altra direttrice, creando una valida alternativa su un percorso in galleria tale da superare l’ostacolo collinare esistente nell’area retroportuale e consentire così un diretto collegamento col corridoio ferroviario tirrenico. Con una seconda canna parallela si sarebbe potuto scavare anche una bretella stradale per collegarsi alle autostrade SA-CE e NA-SA, con svincoli meno impegnativi rispetto a quelli da realizzare con la Porta Ovest.
Si è pensato invece al doppio tunnel della Porta Ovest che però consentirà, in un … non lontano futuro, il solo traffico su gomma. L’aspettativa è che con tale infrastruttura si ottenga una significativa fluidificazione del traffico veicolare pesante nella zona collinare della città. Ma … quando si vedranno vagoni ferroviari andare e venire in maniera regolare, cadenzata e senza intoppi, su linee dedicate a servizio del porto commerciale?
Un valico, come replica di quello (ben più oneroso) in via di realizzazione a Genova – il cosiddetto Terzo Valico – potrebbe quindi essere ancora una soluzione da prendere in considerazione.
(Per inciso, mi viene da annotare che anche la città ligure ha non una ma ben due Stazioni ferroviarie situate in pieno agglomerato urbano e … ci convive).
Non si può continuare ad ignorare la crescente importanza che va assumendo, per una infinità di motivi, il trasferimento delle merci su rotaia. Altri scali marittimi soffrono meno per vincoli ambientali o di conformazione del territorio e più facilmente riescono a fronteggiare le nuove esigenze e a adeguare le proprie infrastrutture. Ma c’è anche dove si valuta realisticamente l’esistente e non si accetta l’ineluttabile, anche perché progressi scientifici e moderne tecnologie offrono concrete possibilità per superare certi ostacoli.
Forse, nel nuovo assetto delle Autorità dei Sistemi Portuali, proprio perché nascono con l’intento della semplificazione e razionalizzazione dei bisogni, si potrà trovare la chiave per ottenere che il porto di Salerno non rimanga escluso dalla connessione in rete coi grande network dei collegamenti ferroviari europei.
Tornando infine alla zona che gravita nei dintorni del Grand Hotel, non so dove si pensa di ubicare “gli appartamenti che dovrebbero essere creati nello stabile dello stesso hotel”, operazione che sarebbe sicura fonte di “una degradante speculazione edilizia-immobiliare”.
Al riguardo però, piuttosto che rinunciare al completamento della necessaria riqualificazione di tutta quell’area onde scongiurare una simile deprecabile deriva, se proprio il piano dovesse realizzarsi, andrebbe preteso da chi di dovere una puntuale e piena osservanza delle pertinenti norme di legge, sia in termini di impatto ambientale che nel merito della congruità di costi e ricavi connessi a tutta l’operazione.
Peraltro, la viabilità negli immediati dintorni ancora non ha assunto l’assetto definitivo e, tanto per fare un esempio, anche il parcheggio – interrato ma a cielo aperto – situato fra l’Irno e l’albergo rappresenta un’anomalia dal punto di vista del decoro in generale atteso per quell’area. Andrebbe mimetizzato con alberi di alto fusto o meglio ancora ricoperto, creando in superficle un largo piazzale opportunamente attrezzato per attività di “agorazein”.