Aldo Bianchini
SALERNO – Quando si parla di Bettino Craxi, ispiratore-autore della grandezza del P.S.I. ma anche della sua distruzione, bisognerebbe sempre chiedersi se-come-quando è opportuno, se non proprio necessario, ricordare la sua persona, la sua azione politica ma anche il disastroso finale della sua vita politica e personale. Insomma per Craxi, più che per qualsiasi altro politico-statista, è comunque necessaria una selkkria e meditata valutazione di tutto quanto ha fatto nella sua vita politica di grande esposizione nazionale ed internazionale. Per questi personaggi, più o meno grandi statisti, si parte sempre dalle cose sbagliate e/o dalle battaglie perse. Faccio solo un esempio che riguarda uno dei più grandi statisti-generali della storia, Napoleone Bonaparte, il cui nome è indissolubilmente legato alla battaglia di Waterloo che il condottiero perse malamente il 18 giugno 1815. Che piaccia o no il nome di Napoleone, da oltre duecento anni, viene automaticamente associato a quella sciagurata battaglia che segnò la restaurazione delle monarchie europee; tutto il resto, compreso i grandi cambiamenti politico-sociali che il corsico attuò, viene puntualmente dimenticato. Purtroppo per Bettino Craxi c’è un disvalore aggiunto di gran lunga peggiore della battaglia persa da Napoleone; per Craxi c’è, e ci sarà sempre almeno nell’immaginario collettivo, quell’ombra devastante della fuga dalle sue presunte responsabilità. La furia con cui i magistrati lo aggredirono, le monetine lanciategli addosso in quello squallido pomeriggio dell’hotel Raphael del 30 aprile 93, è tutta roba morta e sepolta, la gente comune ricorda solo la penosa fuga verso quel rifugio tunisino di Hammamet che lui (Craxi !!) chiamerà “esilio” e dal quale, comunque, aveva la libertà di parlare e di contrattaccare. Chi volete che ricordi la grande operazione di strategia politica attuata per la “crisi di Sigonella” o la battaglia per la scala mobile così come il referendum sulla responsabilità dei magistrati, l’ultimo drammatico discorso in Parlamento e la composta autorevolezza quando seduto nell’aula del Tribunale di Milano rispondeva con scioltezza alle pur insidiose domande di Antonio Di Pietro; tutta roba finita nel cestino. Io parlo e scrivo da “socialista”, di quelli puri che si inebriavano al profumo dei garofani e delle idee socialiste, e come tale non posso mai fare a meno di interrogarmi su tutte queste cose prima di pensare se-come-quando ricordare il grande uomo politico. Per ritornare, però, nel nostro piccolo mondo salernitano va fatta una considerazione ulteriore, soprattutto in presenza di una famiglia di socialisti che scende in campo all’improvviso per ricordare e richiamare alle coscienze la memoria di Bettino Craxi. Si tratta della famiglia dell’ex ministro delle aree urbane on. Carmelo Conte con due bracci operativi: il figlio Emmanuel quale consigliere comunale di Milano nella maggioranza del sindaco Giuseppe Sala, e direttamente l’ex ministro Carmelo a Salerno. Entrambi sono fortemente sostenitori di un progetto di ricostruzione dell’immagine di Bettino anche attraverso l’intitolazione almeno di una strada sia a Milano che a Salerno in un ideale congiungimento tra la città natale dell’ex premier e la città che amava tanto (Salerno !!) perché proprio da qui era partito il famoso “laboratorio laico socialista” voluto da Conte e fortemente sponsorizzato da Craxi anche contro le pressioni di Ciriaco De Mita che vedeva nella nascita di quel laboratorio una minaccia seria contro il suo sistema di potere che governava in maniera soffocante tutta la Campania. Conte padre e figlio lavorano per l’intitolazione di una strada in entrambe le città, un’idea che a mio modo di vedere va condivisa ed incoraggiata sempre dopo le singole e personali considerazioni; una strada a Craxi uomo mi piacerebbe più di una strada a Craxi politico-statista, non fosse altro che per riparare ai gravissimi torti subiti dal socialista per eccellenza, schiacciato sotto il peso di tutti quelli che lo additavano come l’unico responsabile della tragedia di tangentopoli che mise in ginocchio l’Italia intera. Sappiamo tutti che Craxi se fu responsabile di qualcosa non fu sicuramente l’unico responsabile. Nel decidere in senso negativo o positivo per la realizzazione dell’idea progettuale dei Conte non dobbiamo, però, farci prendere dai ricordi di un uomo che non c’è più e dai giudizi e/o pregiudizi sulle sue azioni politiche e amministrative. Una strada non si intitola, ad esempio, perché nel 2005 (seduti ad un tavolo di convegno) Rino Formica, Bobo Craxi, Claudio Signorile, Piero Fassino, Giuseppe Galasso e Carmelo Conte si fossero ritrovati a sostenere che assieme a Togliatti, Nenni e Natta anche Craxi dovesse avere un posto nel pantheon della sinistra italiana. Una strada si intitola alla memoria di un personaggio quando di quel personaggio viene data una lettura completa dei suoi valori e dei suoi disvalori facendo in modo che venga sempre fuori l’uomo che esiste dietro ogni vicenda. Non c’è, quindi, per Salerno un dovere di intitolargli una strada, come sostiene Carmelo Conte a Salerno e il figlio Emmanuel a Milano; c’è però l’esigenza insopprimibile di restituire a quell’uomo, che seppe essere umano e disponibile, la giusta dignità anche attraverso l’intitolazione di una strada.