SALERNO – La recentissima sentenza di condanna a circa 30 anni di carcere (per i sette componenti tratti a giudizio) firmata il 19 gennaio 2017 dal gup Emiliana Ascoli contro il “Clan Loreto-Ridosso” di Scafati è stata, forse, leggermente sottovalutata dalla stampa locale. E’ una sentenza, credo, che chiude il cerchio di un’azione investigativa molto intelligente ed efficiente messa in piedi dal pm antimafia Vincenzo Montemurro e dal capitano Fabio Iannaccone (per citare solo lui dei pool antimafia presso il tribunale di Salerno). Ma quale cerchio potrebbe aver chiuso questa sentenza ? Questa sentenza consegna nelle mani del pool antimafia guidato da Vincenzo Montemurro un’arma micidiale che va a coronare e completare tutte le altre inchieste che riguardano i rapporti (sempre esistiti e sempre difficili da dimostrare !!) tra la malavita organizzata e la politica nel comprensorio territoriale di Scafati dove vive, vegeta e cresce il clan malavitoso riconducibile ai Loreto-Ridosso. Difatti da giovedì 19 gennaio 2017 è stata sancita, almeno in primo grado, l’esistenza del clan che è stato a più riprese accostato, da altre inchieste ancora sul tappeto, alla gestione politico-amministrativa del Comune di Scafati dell’ex sindaco Pasquale Aliberti. Dunque c’è una base di conoscenza e di discussione conclamata da una sentenza giudiziaria, cosa che non era mai accaduto prima, quantomeno non era accaduto per l’altra inchiesta camorra-politica, quella denominata “Linea d’ombra” sugli intrecci tra la malavita organizzata e la politica di Pagani (altro comune dell’agro da sempre chiacchierato). Ecco perché in uno dei precedenti articoli parlavo, per quanto riguarda Scafati, di un’azione coordinata che veniva da lontano e che, soprattutto, si muoveva sulle ceneri ed anche sull’esperienza acquisita dalle precedenti inchieste costellate da diversi insuccessi. Oggi possiamo parlare, alla luce della sentenza Ascoli, di un pool rivisto – rinsaldato e rinforzato (almeno sotto il profilo delle capacità investigative) e in grado di presentarsi alle partite decisive con un capitale giudiziario abbastanza concreto. Difatti fino a giovedì 19 gennaio 2017 quando si parlava di rapporti e connessioni tra politica e camorra ogni discorso assumeva sempre la dimensione di pura e semplice supposizione; oggi, invece, si potrà sostenere che esiste un clan in tutta la sua rinnovata veste di immagine rafforzata dall’arrivo di nuovi elementi che hanno creato la giusta congiunzione tra i vecchi clan (tra cui anche il precedente clan Ridosso) e i nuovi clan e la possibile connessione di questi ultimi con la politica e la gestione amministrativa del Comune di Scafati. Non solo, dagli atti della sentenza Ascoli emerge con chiarezza un altro fatto molto importante e cioè che il clan “ha vessato” l’imprenditoria locale con l’intento di agganciare la politica e che l’imprenditoria locale ha reagito con fermezza e molto coraggio mettendo a nudo i passaggi collusivi tra camorra e politica. Se ciò dovesse essere confermato nelle sedi opportune ci troveremmo per la prima volta di fronte ad un meccanismo infernale che supera ogni immaginazione; questa è la qualità dell’inchiesta che ha portato alla sentenza del 19 gennaio (ma di questo scriverò in un prossimo articolo). Per l’inchiesta di Pagani, che pure mise sotto scacco un’intera generazione politica, per gli inquirenti non ci fu la possibilità di avvalersi (anche per i pronunciamenti del Riesame e della Cassazione) del famoso art. 7 che sancisce la successiva esistenza dell’associazione per delinquere di stampo politico mafioso perché gli stessi inquirenti andarono alla partita finale senza il supporto di una sentenza specifica. Adesso la sentenza c’è; ma attenzione, in materia giudiziaria due + due non sempre fa quattro; in pratica il lavoro certosino e intelligente del “pool Montemurro” potrà presentarsi allo scontro decisivo con la “sentenza Ascoli” e con la “ordinanza Sgroia” (quella del riesame che in data 24 novembre 206 ha riconosciuto l’esistenza dell’art. 7 e dell’associazione politico-mafiosa a carico di Pasquale Aliberti) per il dopo Cassazione che dovrebbe, a breve, ordinare o meno la carcerazione per l’ex sindaco di Scafati. Scrivo ex sindaco perché, in maniera anche coraggiosa, Pasquale Aliberti quattro giorni dopo l’ordinanza del Riesame si è dimesso nella giornata del 28 novembre 2016. Personalmente mi auguro che si arrivi al processo senza carcerazioni preventive che snaturano l’essenza della giustizia visto e considerato che ormai il processo è inevitabile visto il clamore mediatico e la consistente sostanza giudiziaria che era già stata messa in evidenza in data 28 giugno 2016 dal gip Donatella Mancini con la sua decisione di rigetto delle misure cautelari a carico di Aliberti Pasquale, Aliberti Nello, Ridosso Luigi e Ridosso Gennaro, sostenendo che si trattava di una semplice associazione finalizzata alla “corruzione elettorale” senza neppure il vincolo della continuazione (elezioni 2008, 2013 e 2015). La battaglia, comunque, sarà ancora lunga e difficile per entrambi i soggetti in campo, da un lato l’ex sindaco e i suoi presunti sodali e dall’altro la Procura Antimafia di Salerno.
direttore: Aldo Bianchini