SALERNO – Più di qualcuno, come ho già scritto, incomincia oggi a parlare (anche se timidamente !!) del “sistema di potere deluchiano”e in tanti cercano di analizzare il predetto sistema di potere; e nel farlo danno la sensazione come se quello di De Luca fosse l’unico sistema di potere ovvero “il sistema di potere”. Non è così; tutta la storia della nostra giovane Repubblica è costellata di tanti sistemi di potere; per De Luca va fatto, semmai, un discorso diverso e cioè che il suo è il primo sistema a durare tantissimi anni ed a superare in bellezza tutte le crisi, tutti gli attacchi e tutte le inchieste giudiziarie. Questo è il sistema di potere che non bisogna confondere con il “sistema di potere politico” che in diversi casi è durato anche più di quello di De Luca che è e resta un “sistema di potere per il potere personale”, che è cosa ben diversa. Fatta questa dovuta precisazione sull’essenza dei sistemi di potere posso passare ad analizzare il sistema di potere di GASPARE RUSSO, avvocato e politico salernitano, che per certi versi è stato un sistema eccellente ed anche molto più democratico di quello del kaimano. Un potere assoluto che ha avvolto tutto e tutti, un potere nelle mani di un personaggio che è stato mitizzato, idrolatato, forse sopravalutato, comunque combattuto e contrastato; un uomo capace di sottomettere la volontà degli altri, da chiunque si avvicinasse a lui riusciva a carpire cervello, azioni, idee, progetti, capacità professionali, tutte cose che rimescolava in un grosso calderone per far emergere la sua personale strategia nell’ottica del potere per il potere da utilizzare sempre e comunque. Per scrivere questo capitolo dedicato interamente a Gaspare Russo sono stato spinto da un’intervista che il “mitico Gasparone” ha rilasciato giovedì 12 gennaio 2017 al quotidiano “La Città”; un’intervista con cui Russo dice tutto e niente, non scende nei dettagli delle cose e, soprattutto, del suo potere sconfinato esercitato a cavallo di tre decenni, dagli inizi degli anni ’60 fino agli inizi degli anni ’90. Ho detto tante volte che a me non piace la storia scritta dai diretti protagonisti, ritengo che la storia debba essere scritta da osservatori esterni, semmai con la collaborazione dei protagonisti dell’epoca che si descrive. Quindi nell’intervista resa da Gaspare Russo nessun accenno al suo periodo storico ed in quali circostanze è nato il suo potere e come venne gestito. Non di meno condivido tutto quanto Russo ha detto nell’intervista anche se, ripeto, è una ricostruzione troppo parziale di un periodo quasi dorato della politica salernitana. Insomma io non mi fido quando i personaggi che vogliono scrivere la storia vengono chiamati dalle redazioni e/o bussano alle porte delle redazioni e Russo ha fatto sia l’una che l’altra cosa. Anche perché nella fattispecie Gaspare Russo non può assolutamente scrivere la storia in quanto Lui è la storia di uno spaccato molto ampio della prima repubblica salernitana. Tali e tanti sono, secondo alcuni, i segreti immagazzinati e compressi nel cervello e nella memoria di quell’uomo che se liberati potrebbero ancora oggi sconvolgere il quadro politico-giudiziario del passato ed anche del presente. Come Giulio Andreotti (di cui era sicuro ammiratore) non ha archivi raggiungibili, Gaspare Russo (conosciuto come “Gasparone” al tempo delle cronache giudiziarie), soprattutto per i magistrati; e si diverte, periodicamente, a lanciare quello che per molti è un vero e proprio anatema <<Adesso parlo io>>, e tutti in fuga a nascondersi dalle temute quanto improbabilissime ritorsioni dell’uomo più potente a cavallo degli anni 60-70 e 80. Ma Gaspare Russo prima di ogni altra cosa è un uomo, di quelli veri, di quelli che portano i segreti inconfessabili, semmai ne avesse, fino alla tomba. “”Abbiamo gli stessi problemi del dopoguerra e non sono stati risolti. Stanno distruggendo le colline sopra la D’Agostino, altro che Crescent ”” questa la principale rivelazione di Russo per spiegare come “Salerno è una città che si sente diversa”. Di certo lui, con il suo sconfinato potere, non ha fatto molto per ridisegnarla e per consegnarla “diversa” ai suoi successori. Ha amato la politica ed ha saputo fare politica, ma non è mai riuscito in pieno a coniugare quella politica con le esigenze della gente e con le aspettative più generali dell’intera comunità. E’ facile dire oggi che dopo l’alluvione del ’54 e dopo lo svuotamento del centro storico degli anni ’70 furono fatte scelte sbagliate, scelte che hanno ripercussioni ben precise anche in questo periodo della storia salernitana; dimentica che lui aveva l’intelligenza politica e tutti gli strumenti adeguati per prefigurare gli scenari futuri e prevenire le scelte errate. Non so se, come spesso ha detto Aniello Salzano (demitiano come Russo), è stato il punto di riferimento politico della DC grazie alla sua disponibilità al dialogo, del rispetto delle istituzioni e della concretezza amministrativa; io non ho fatto politica in maniera diretta ma ho seguito dall’esterno e molto da vicino tutti gli avvenimenti ed ho sempre pensato che anche per colpa di Gaspare Russo e dei suoi tentennamenti strategici tra Nusco e Pontecagnano (a lungo con de Mita, poi brevemente con Del Mese, e infine ritorno a Nusco) si aprirono dei varchi enormi in cui si infilò abilmente la magistratura locale che in un precedente passato era stata crocifissa e, forse, sottomessa anche e non solo dallo stesso Gaspare Russo. Ma è vero, mi devo convincere, più mi guardo in giro e più mi rendo conto che non c’è più nessuno da interrogare per avere una risposta; come amabilmente scriveva Isaia nella Bibbia: “Guardai in giro e non c’era più nessuno da interrogare per avere una risposta”; questa è la fotografia più giusta di come questa città è stata amministrata fin dal dopo alluvione del ’54. Prima di andare avanti con il racconto di fatti specifici è giusto ricordare come si è articolato in città e in regione il potere sconfinato di Gaspare Russo. Nelle amministrative del ’60 Gaspare Russo venne eletto, come consigliere della D.C. (Democrazia Cristiana) nel Consiglio Comunale di Salerno. Si era nel pieno dell’epoca di Alfonso Menna (il sindaco della luce) che era salito sullo scranno di primo cittadino in seguito alle elezioni amministrative del ’56 (dopo l’alluvione e la grande nevicata) e del successivo trionfo plebiscitario del 1960 con un discorso di chiusura della campagna elettorale tenuto in un Teatro Verdi stracolmo di gente osannante. Io c’ero e posso garantire che consensi popolari e plebiscitari di quel genere il nostro governatore De Luca forse non li ha neppure sognati. Ma già nella campagna elettorale del ’64 qualcosa incominciava ad incrinarsi nel rapporto tout-court tra Menna e la Città; a Salerno imperversava la battaglia politica tutta interna alla D.C. con lo scontro tra Fiorentino Sullo e Ciriaco De Mita e nelle pieghe di quello scontro ecco apparire la figura di un giovane e rampante avvocato, Gaspare Russo, che fu la leva giusta di De Mita per piegare e spezzare l’apparato di potere di Sullo che in quel periodo era stato più volte ministro della Repubblica e regnava incontrastato su Salerno. Era l’epoca in cui si sussurrava, e non tanto silenziosamente, che Salerno era caduta nella mani degli avellinesi che avevano praticamente occupato la città con le falangi demitiane e sulliane, tenendola in stretto scacco. Gaspare Russo si inserì molto intelligentemente in questa battaglia perché aveva capito che il suo astro sarebbe cresciuto se di contro fosse stato oscurato m(oltre a Sullo) anche quello di Alfonso Menna. Nelle elezioni successive a quelle del ’64 la DC salernitana perdeva sempre più pezzi cadendo verso il basso anche nelle percentuali dei consensi elettorali mentre, al contrario, salivano i consensi per Russo; crescevano il PCI e il PSI. Si arrivava così alla fatidica data del 19 ottobre 1970; quel giorno era stato convocato il consiglio comunale con all’ordine del giorno la verifica della maggioranza (un surrogato anomalo di centro destra). Con un discorso da vero e proprio leader Gaspare Russo mise praticamente in stato d’accusa il vecchio sindaco Menna e lo scalzò letteralmente dal suo scranno riuscendo a ricompattare la maggioranza che sembrava essersi sciolta come neve al sole. Nel silenzio generale e sotto gli occhi di tutti all’anziano sindaco non rimase che alzarsi dalla sua sedia di primo cittadino, attraversare longitudinalmente il salone dei marmi ed uscire nel corridoio principale per infilare le scale e raggiungere la strada. Non si mosse nessuno, neppure gli uscieri, e Alfondo Menna dopo oltre quattordici anni di sindacato fu costretto a chiamare un taxi per farsi accompagnare a casa, mentre il salone dei marmi cominciava ad infervorarsi per l’avvenuta elezione a sindaco di Gaspare Russo, quasi per acclamazione. Questo il primo momento pubblico attraverso il quale Russo ribadì il suo potere nei confronti di tutti, e tutti si inchinarono al suo potere perché tutti sapevano che era l’unica propalazione salernitana del “gran visir di Nusco” che nel frattempo aveva smantellato ogni resistenza di Fiorentino Sullo riuscendo a non farlo neppure rieleggere al Parlamento (sarà rieletto qualche anno dopo nelle file del PSDI e per l’ultima volta). Gaspare Russo rimase a palazzo di città per ben 1512 giorni consecutivi; 4 anni, 2 mesi e 9 giorni durò il suo sindacato (dopo di lui ben dieci sindaci in otto anni !!). Russo dominava ogni settore della vita pubblica e gestiva, come fedelissimo di De Mita, tutte le istituzioni e gli Enti locali mettendo in mostra anche una certa dose di “spietato esercizio” del potere, tanto da incutere timore a tutti. Fu scalzato dalla carica di sindaco il 20 dicembre 1974 ma il suo potere continuò fino al 75 come “presidente della CCIAA” e poi fino al 79 come 5° presidente della Regione Campania e 1° salernitano chiamato a tale importante compito; 26 anni dopo ci riuscirà soltanto Vincenzo De Luca anche se bisogna ricordare che il socialista Giovanni Sullutrone è stato “presidente del consiglio regionale”, ma non della giunta, nei primi anni ’90. L’ex sindaco di Salerno, l’ex presidente della Camera di Commercio, l’ex presidente della Regione Gaspare Russo sa benissimo, ancora oggi, quali sono state (se ce ne sono state) le sue responsabilità, le sue ambizioni, la sua sconfinata sete di potere; dunque dice e non dice, lancia messaggi trasversali, insomma si diverte dopo aver patito anch’egli molti momenti di grandi tribolazioni. Un giorno il suo grande amico Leonardo Calabrese mi raccontava che quando andava in Regione per perorare i suoi interessi di “patron della sanità privata salernitana” era sufficiente fare il nome di Gaspare Russo per aprire palazzi, porte e portoni. Ma dopo l’esperienza come presidente della regione Russo non si arrende e ottiene da De Mita la nomina prestigiosa nel Consiglio di Amministrazione delle FF.SS.; da qui, da un potere romano che non era abituato a gestire, arrivano le prime difficoltà per Gaspare Russo. Dagli archivi di “La Repubblica” del 26 novembre 1988 si legge: “NUOVA ONDATA DI ARRESTI PER LE ‘LENZUOLA D’ ORO’ – ROMA – A varcare i cancelli del carcere per lo scandalo delle lenzuola d’ oro é arrivato il turno dei pesci grossi. Su mandato di cattura del giudice istruttore Vitaliano Calabria sono stati arrestati, ieri, tre consiglieri dell’ Ente Ferrovie: Giulio Caporali, comunista; Ruggero Ravenna, socialista e Francesco Baffigi, liberale. Ma c’ é un quarto mandato di cattura, che però, fino a tarda sera, non era stato eseguito: riguarda Gaspare Russo, democristiano. Il nome del consigliere regionale della Campania si aggiunge a quello dell’ ing. Elio Graziano (titolare dell’Idaff di Fisciano), tutti e due sono considerati imputati latitanti…”. Alla fine Gaspare Russo si consegnerà spontaneamente nel carcere di Rebibbia a Roma da dove ne uscirà pochi giorni dopo e per essere infine assolto con formula piena. Storico quanto accadde al momento della sua scarcerazione; da Salerno erano andati dinanzi ai cancelli di Rebibbia numerosi suoi fan che accompagnarono Gaspare Russo con un corteo di macchine strombazzanti fino a Salerno. Dimostrazione di potere vero ed assoluto !! Ma il pm-giudice Calabria nell’ordinanza di arresto si premura di descrivere Russo in questo modo: “”Nell’ 85 l’ingresso nelle Fs. GASPARE RUSSO (Dc) UNA POLTRONA ROMANA PER LIBERARE LA REGIONE NAPOLI Basista e doroteo a fasi alterne, 61 anni, una laurea in legge ed una carriera politica di tutto rispetto, almeno fino all’ ultimo guaio giudiziario. Gaspare Russo, originario della provincia di Salerno è nato infatti a Minori a Salerno si trasferisce giovanissimo. La sua militanza nella Dc inizia negli anni cinquanta quando con un gruppo di amici fonda la rivista Orientamenti. Nel ‘ 60 è già candidato al Comune. E’ un successo, il giovane Russo risulta l’ ottavo dei 21 eletti del suo partito. A dicembre gli viene conferito il primo incarico: assessore al turismo e alle municipalizzate. Nel ‘ 65 viene rieletto e nel ‘ 68 diventa presidente della Camera di commercio, un incarico che manterrà fino al ‘ 75. Ormai Gaspare Russo è nella provincia di Salerno una stella di prima grandezza, è uno che conta ed ha seguito. Nel ‘ 70 si ricandida al Comune. Ed è un trionfo: ottiene 4297 voti di preferenza, il 12 per cento dei voti di lista della Dc, solo il capolista è riuscito a fare meglio di lui. A settembre di quell’ anno viene eletto sindaco, lo sarà ininterrottamente fino al ’74. Ormai i tempi sono maturi perché Gaspare Russo da Salerno punti ad altri più ambiziosi traguardi. Eletto consigliere regionale, dal ‘ 75 al ‘ 79 è presidente della giunta campana. Quando è costretto a passare la mano gli tocca la poltrona di capogruppo dc. E sarà capogruppo a Palazzo Santa Lucia fino ad un anno e mezzo fa quando deve farsi da parte per lasciare il posto a Ferdinando Clemente. Il partito gli assicura, però, in cambio un posto nel consiglio di amministrazione dell’ ente ferrovie. Sposato, un figlio, Ivo, che fa l’ imprenditore, Gaspare Russo spesso s’ è trovato al centro di intricate vicende giudiziarie, che lo hanno però soltanto sfiorato. Per una di queste il palazzo di giustizia di Salerno arrivò a spaccarsi così tanto che fu costretto ad intervenire il Csm. GIULIO CAPORALI (Pci)””. E ci fu anche una vicenda giudiziaria per la quale si spaccò anche il CSM. Un giovane pm salernitano, Claudio Tringali (che oggi ricopre la carica di presidente di una sezione penale della Corte di Appello) prossimo alla pensione, si mise ad indagare su alcune strane compra-vendite di terreni agricoli nell’alta Piana del Sele, tra Contursi e Santomenna, in una zona in cui, dopo il terremoto, stavano per sorgere alcuni importanti insediamenti industriali. Da queste prime battute il pm Tringali allargò le sue indagini lungo il filone che portava direttamente a Gaspare Russo; ed ecco il blitz rapido ed asfissiante, le forze dell’ordine agli ordini di Tringali entrarono e perquisirono gli studi e l’abitazione del mitico e potentissimo politico. Ma cosa trovò in quegli studi il giovane pm; per saperlo bisogna far riferimento alla famosa “relazione Scalfaro” che concluse la commissione d’inchiesta parlamentare sul terremoto dell’80. In numerose pagine Oscar Luigi Scalfaro descrive il sistema: quei terreni erano stati acquistati dalla moglie di un noto imprenditore vallese a prezzi stracciati per essere poi rivenduti o fatti acquisire dallo Stato per la costruzione degli insediamenti industriali che erano di là da venire, ma i cui progetti di massima erano stati trovati negli studi di Gaspare Russo. L’equazione per Tringali fu semplice, sia Russo che l’imprenditore facevano capo a De Mita, dunque c’era una specifica volontà politica in quello che venne definito come uno degli affari d’oro del dopo terremoto. Da quell’equazione difficile da dimostrare si scatenò l’inferno; Tringali aveva osato violare un vero e proprio sacrario della D.C. e il procuratore capo dell’epoca GENNARO GELORMINI, ritornato velocemente a Salerno da Firenze dove era impegnato in un convegno, avocò l’inchiesta a se e il bravo Tringali fu deferito al CSM che, come sopra detto, si spaccò e Tringali fu trasferito a Potenza e poi di quell’inchiesta non si seppe più nulla. Quelli furono anni in cui a più riprese la Procura della Repubblica di Salerno venne messa sotto scacco dalla politica ed alcuni giovani pm vennero trasferiti altrove, salvo poi a ritornare a Salerno in tempo per collezionare la grande rivincita nell’ambito di quella tangentopoli che travolse tutto e tutti. Dopo lo scandalo delle cosiddette “lenzuola d’oro” Gaspare Russo si allontana apparentemente dalla politica attiva, salvo a rientrare dopo un po’ di tempo schierato nelle file andreottiane dell’astro nascente di Pontecagnano Paolo Del Mese. Uno schieramento che non durerà per molto tempo ma solo il tempo sufficiente a far eleggere alla Camera dei Deputati il figlio Ivo, ottimo imprenditore salernitano; una esperienza che durerà soltanto un paio di anni anche perché in quel periodo si votò per le politiche nel ’92, nel ’94 e nel ’96 sotto l’incalzare di tangentopoli. Il 13 maggio 1993 accade un fatto clamoroso che ben chiarisce il potere materiale di Russo. La Procura di Salerno, su richiesta dei magistrati Alfredo Greco, Luigi D’Alessio, Vito Di Nicola e Michelangelo Russo, chiedono ed ottengono dall’ufficio del GIP vari ordini di cattura per Gaspare Russo. Qualcuno da per scontato che Russo è in volo aereo da Francoforte a Napoli senza scalo e, quindi, una decina di poliziotti scendono sulla pista di Capodichino e circondano l’aeromobile; ma di Gaspare Russo nessuna traccia. Sparisce nel nulla e su di Lui fioriscono varie leggende; c’è chi lo vuole nei mari del sud America, chi a Londra e chi a Parigi sulle rive della Senna in una latitanza dorata. La latitanza dura fino al 9 febbraio 1996 (poco meno di tre anni !!) quando gli inquirenti, proprio sulle rive della Senna, mettono fine alla sua fuga. Ma in carcere Russo non andrà mai, fermato in questura ci resta per poche ore per passare subito ai domiciliari e poi assolto da ogni accusa. Su quella latitanza sono state scritte pagine e pagine; la sua presenza veniva segnalata sulla costiera cilentana in un noto albergo di proprietà di quell’imprenditore di cui all’inchiesta di Tringali, in casa del figlio a Sapri, ed infine nel Convento delle Suore Carmelitane di Clausura a Fisciano. E’ l’alba del 13 agosto 1994 quando, su ordine dei magistrati innanzi citati, la polizia giudiziaria al comando del compianto commissario Sebastiano Coppola cinge d’assedio il convento e varca la soglia e viola la clausura delle suore ed anche i confini dello Stato Pontificio. Ma di Gaspare Russo neppure la più pallida ombra. Tutti cercavano di mettersi in contatto con Gaspare Russo, titolare anche di un numero telefonico fisso a Parigi; agli inizi del ’95 ci riesce l’allora direttore di Cronache del Mezzogiorno, Tommaso D’Angelo, al quale Russo risponde: “Ma allora non vuole capire ? Sono qui, a Parigi, da quattro anni, come ben sanno i magistrati salernitani, e non mi sono mai mosso. Si dovrebbero vergognare !!”. Dire che fu eloquente è come dire poco. In quel periodo intorno alla figura di Gaspare Russo e del suo immenso potere nacquero anche diversi aneddoti, il più importante era quello che circolava nei corridoi del Tribunale e che diceva pressappoco così: “Se un magistrato chiuso da solo nella sua stanza della Procura scrive su un foglio di carta le iniziali G.R. (Gaspare Russo) dopo qualche minuto qualcuno all’interno del palazzaccio saprà quello che ha scritto il magistrato e riferirà”. Ma gli episodi riferibili e riconducibili alla lunga vita politica di Gaspare Russo sarebbero veramente tantissimi; indubbiamente è stato uno dei personaggi più controversi, tra stima e timore, dell’intera “prima repubblica” per quanto riguarda Salerno, ma anche uno dei personaggi che ha illuminato la scena politica di un trentennio, e lo ha fatto con grande capacità e disponibilità verso il prossimo, tenendo sempre ben presente il benessere della gente. Ora vive tranquillamente la pensione nella sua Via San Giovanni Bosco da dove esce poco ma da dove, periodicamente, lancia messaggi trasversali che ancora oggi fanno paura ai tanti suoi amici o presunti tali ed anche a molti personaggi di spicco della politica di questi tempi. Ecco perché, ritornando all’inizio di questo racconto, insisto nel dire che il “sistema di potere” non appartiene soltanto a De Luca ma è stato messo in piedi e sfruttato anche da tanti altri politici, e non, della città e della provincia di Salerno. Anche se il “sistema deluchiano” sembra quello più solido, inattaccabile e inossidabile per via delle varianti più stringenti che il kaimano ha imposto al suo cerchio magico. Il sistema di oggi è verticistico, sfrutta, stritola e butta via; quello di Gaspare Russo, meno verticistico, sfruttava, stritolava ma non buttava mai via.
direttore: Aldo Bianchini