SALERNO – “”Solo un edificio su tre in Campania (il 27%) è in regola con i criteri antisismici stabiliti dal D.M. 18 gennaio 2008, entrato in vigore nel 2009: un dato allarmante che colloca la nostra regione al 15° posto in Italia per numero di abitazioni. Il 19% di tutti gli immobili a rischio sismico in Italia si trova in Campania. Sono i dati di un’analisi compiuta dal Centro Studi ACS Salerno incrociando dati Cresme e di altre fonti. In particolare sono ad elevato rischio sismico 118.286 edifici residenziali e inutilizzati, 15.913 capannoni produttivi (il 91,8% del totale), 2.148.364 abitazioni e 784.478 edifici residenziali. La situazione in provincia di Salerno non è meno preoccupante: non sono a norma con le disposizioni antisismiche 28.411 edifici non residenziali e inutilizzati, 164.600 edifici residenziali e 394.256 abitazioni. Inoltre 4872 edifici scolastici e 271 strutture sanitarie in Campania sono a rischio sismico e sorgono in zone ad elevato rischio””. Parole pronunciate dal presidente ACS-Salerno ing. Antonio Lombardi e diffuse alla stampa con un comunicato molto ben articolato; sembrano, però, parole pronunciate in libertà, quasi come un oracolo capace di prefigurare il nostro futuro; parole in libertà che sembrano anche di parte in quanto pronunciate da uno dei maggiori imprenditori edili della nostra provincia, interessato anche legittimamente a lanciare una campagna di adeguamento sismico dell’intero patrimonio edilizio regionale. E ripete, Antonio Lombardi, tutte le chiacchiere che sentiamo eclatare in questi due mesi dopo il terremoto di Amatrice. Il fatto che siamo messi malissimo è concreto, ma che siamo ridotti proprio al lumicino aspetterei un momentino per dichiararlo. Anche perché se è vero che l’intero patrimonio edilizio campano e fuori norma non sarà mai possibile rimetterlo in sesto, né adesso né mai. Bisogna, comunque, tener conto di un’altra considerazione; prima si aspettavano i terremoti per lanciare campagne di risanamento urbanistico e incassare una marea di soldi, oggi si tenta addirittura di far soldi con la scusa dell’azione preventiva sulla staticità degli immobili, una pratica costosissima e senza possibilità di essere portata avanti. Del resto, in un sussulto di lealtà, lo dice lo stesso Lombardi che: “… si tratta però spesso di interventi molto onerosi dal punto di vista tecnico ed economico, sia per le imprese che per le famiglie e le pubbliche amministrazioni. È possibile tuttavia immaginare un piano strategico nell’immediato che preveda quanto meno un miglioramento del rischio, con interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale, pur senza raggiungere i livelli richiesti dalla norma. Sono lavori realizzabili in maniera più semplice che migliorerebbero sensibilmente le condizioni di sicurezza attuali. Occorre promuovere in ogni modo, magari rafforzandoli e supportandoli con specifici interventi creditizi, gli incentivi fiscali previsti per l’adeguamento sismico, il cosiddetto sismabonus ma il solo incentivo fiscale non basta: occorrono misure più incisive per stimolare l’adeguamento antisismico di tutti gli edifici a rischio che insistono in zone sismiche ad elevata pericolosità, prevedendo un piano di rateazione ventennale anziché decennale, coinvolgendo le banche per prestiti agevolati ad hoc, ma anche estendendo il bonus volumetrico del 35% a tutti gli interventi edilizi che prevedono abbattimento e ricostruzione di fabbricati a rischio …”. Ritorna, dunque, un vecchio strumento come il “sismabonus” che dopo il terremoto del 23 novembre 1980 Giuseppe Zamberletti lo fece semplicemente chiamare “buono contributo” e che, al di là delle pure e lineari intenzioni dell’inventore della protezione civile, diede la stura a tantissime mega truffe con collusioni paradossali tra politici e beneficiari. All’epoca il buono veniva pagato in più tranche e l’ultima tranche (sempre piccola rispetto agli acconti) dipendeva dalla conclusione dei lavori e dal consuntivo obbligatorio; ancora oggi migliaia di pratiche sono appese e sospese perché i beneficiari e le ditte esecutrici dei lavori non hanno ancora depositato i consuntivi a conclusione dei lavori. Ci sono stati abusi di tutti i tipi che hanno dato origine a migliaia e migliaia di inchieste giudiziarie finite all’ammasso e schiacciate sotto il peso della lentezza e dei rinvii. Quello che dice oggi Antonio Lombardi e che già hanno detto il presidente del consiglio, i ministri competenti e i presidenti della regioni, oltre al capo della protezione civile e al commissario per il terremoto del centro Italia, sono tutte cose che erano già state dette e denunciate trentasei anni fa. E da quel momento niente è accaduto. Intanto il terremoto da Amatrice si estende anche verso altre zone ed altri paesi.