SALERNO – “Salerno piange don Luigi Zoccola”, così hanno scritto quasi tutti i giornali all’indomani della prematura (soprattutto perché assolutamente imprevista) scomparsa di “don Luigi” il parroco che per vari decenni ha dominato e illuminato la scena umana e religiosa di una parte della città molto spesso dimenticata dalle Autorità. La zona a cavallo ed a cerniera tra lo svincolo di Sala Abbagnano della tangenziale, gli insediamenti abitativi post alluvione del ’54, l’area urbana considerata il top cittadino e quella parte assolutamente nuova e fiorente che sta venendo fuori a valle della stessa tangenziale. La sua cappella preferita era quella di San Felice in Felline dove spesso amava celebrare le funzioni religiose all’aperto e sotto gli alberi di ulivo, un po’ come Gesù faceva appunto nel più famoso giardino della storia dell’ Uomo. E nel corso degli ultimi quarant’anni proprio lì, sotto quegli alberi che in un certo senso venivano considerati più vip che poveri, don Luigi è stato capace di esaltarsi alla perfezione divenendo il “vero pastore di anime” e randellando senza pietà proprio i vip che arrivavano sul quella piccola cima di collina con tanto di suv e di autisti. Ma don Luigi non ha lesinato i suoi sermoni neanche verso i meno abbienti, così come verso i giovani esuberanti e gli sportivi di giornata. Insomma ne aveva per tutti i gusti ed aveva la capacità di saper distinguere con quei suoi occhioni che squarciavano qualsiasi tipo di velo e penetravano nelle profondità meno conosciute di ognuno di noi che aveva la ventura di incontrarlo e parlargli guardandolo in faccia, da uomo a uomo. Si !! perché don Luigi era innanzitutto un uomo che si era fatto prete, insomma un vero uomo prestato alla chiesa; ed era stato capace di entrare ed immedesimarsi talmente bene nel suo ruolo di sacerdote che tutti noi dimenticavamo che prima di essere prete era stato un uomo. Ecco questa era la straordinaria capacità mimetica di don Luigi il quale, attraverso questa finzione quasi naturale, riusciva ad entrare nell’animus confidenti di tutti, dai bambini ai vecchi. Lui non era vecchio, aveva appena settant’anni l’altro giorno quando ci ha lasciati nell’ora del patrono di Salerno San Matteo, ma appariva vecchio e non solo per colpa di quei tratti rugosi, ruvidi e forti del suo atteggiamento somatico. Appariva vecchio perché, nell’osservanza della sua missione terrena, era stato capace di caricarsi sulle spalle le problematiche, le aspettative ed anche le rivendicazioni di intere generazioni; per questo, e non soltanto per questo, bisogna rivolgere al Signore tutte le preghiere possibili affinchè lo accolga degnamente nel regno dei cieli. Ho avuto modo, in passato, di incontrare più volte don Luigi sia per motivi connessi alla sua attività religiosa, sia per fatti legati alla comunicazione verso la quale ha sempre dimostrato molta attenzione. Alcuni anni fa invocai la sua presenza nella sede di Capezzano della televisione Quarta Rete che all’epoca dirigevo; da un po’ di tempo io e i miei collaboratori avevamo notato, meglio sarebbe dire “avvertito”, la presenza negli studi di qualcosa che non riuscivamo a spiegare. Con molta semplicità, dopo aver pregato a lungo e più volte in quegli ambienti, sentenziò che c’era la presenza di “Baphomet” che nella fattispecie non era la mitologica ed enigmatica figura con la testa di una capra ma soltanto il simbolo esoterico di “un bambino” morto prematuramente e in cerca di una giusta ragione per meglio adattarsi alla sua permanenza nell’aldilà. Seppe essere così convincente e seppe così ben spiegarmi l’esistenza di quella presenza che personalmente da quel momento mi affezionai (e lo sono tuttora) all’immagine di quel bambino che spesso avverto a me vicino e con fare protettivo ancora oggi. Qualcuno, adesso, sostiene che a volte don Luigi officiava la Santa Messa in fretta; non è affatto così, don Luigi la officiava sempre in fretta, ma quella era fretta soltanto se la si paragonava alle altre messe di altre parrocchie e di altri parroci; alla ritualità lui prediligeva l’omelia; insomma anche in questo don Luigi era unico e rimarrà tale nel mio pensiero per sempre. Negli ultimi tempi, e un po’ a malincuore, aveva lasciato la zona di San Felice in Felline ed era approdato nella cappella ospedaliera del Ruggi dove quotidianamente toccava il dolore e la disperazione. E in quelle corsie, dove era arrivato per spirito di ubbidienza sacerdotale, aveva trovato la sua reale esaltazione; fino al suo ultimo palpito di vita.
direttore: Aldo Bianchini