SALERNO – C’è un cadavere di troppo che vaga, avanti e indietro, tra i plessi ospedalieri di Nocera Inferiore e Pagani. Nell’edizione di ieri vi avevamo anticipato il caso drammatico del paziente che dopo circa un mese di rianimazione nel plesso di Pagani è deceduto domenica 28 agosto 2016. Vi avevamo anche riferito sulla denuncia dei parenti che si sono rivolti ai Carabinieri per segnalare che il congiunto presentava molte ustioni su gran parte del corpo ormai senza vita. Da qui l’immediato sequestro del cadavere da parte della Procura di Nocera Inferiore in data 29 agosto e l’ordine di eseguire l’esame autoptico (in data 30 agosto) che doveva essere effettuato lunedì 5 settembre 2016. Nell’articolo di ieri vi invitammo anche a ricordare lo spazio-tempo tra la data della morte e quella dell’esame medico legale; in questi otto giorni è accaduto di tutto e di più. La salma sarebbe stata depositata nei frigoriferi dell’ospedale di Pagani nell’attesa dell’autopsia; ma all’improvviso sarebbe partito l’allarme del cattivo o non funzionamento delle celle refrigeranti con grave rischio per l’integrità del cadavere e successivi effetti devianti sull’esito autoptico. Interviene di novo la Procura, così almeno si dice, che ordina il trasferimento della salma a Nocera Inferiore; nel frattempo, però, sono passati almeno un paio di giorni durante i quali la salma è rimasta esposta alla normale temperatura di questi giorni piuttosto calda. Tutto questo, forse con ulteriore trasbordo del cadavere da Nocera a Pagani, avrebbe impedito che l’autopsia venisse eseguita il 5 settembre; e il giudice che sembrava orientato a nominare il dr. Giovanni Zotti per l’esame non ha ancora deciso niente (almeno fino al momento in cui scriviamo questo articolo). E adesso, come vi avevamo già annunciato, veniamo alla descrizione di quello che sarebbe accaduto agli inizi del mese di agosto al povero paziente ricoverato presso l’ospedale di Pagani dove doveva essere sottoposto ad un trattamento di “termoablazione epatica”, un esame particolarmente difficile e poco conosciuto nello stesso ospedale di Pagani; fino al punto che alcuni infermieri, attivamente interrogati dai C carabinieri, avrebbero dichiarato di non conoscerne la pratica esistenza. Per la cronaca vogliamo ricordare ai nostri lettori che l’esame di termoablazione epatica si effettua, in genere, con degli aghi molto sofisticati e che ogni ago costa la bella cifra di 16mila euro; ed ogni ago può essere utilizzato soltanto per una volta. Oltretutto a Pagani sarebbe stata acquistata una macchina speciale per tali esigenze che costa appena 120mila euro. Tutto questo, però, non sarebbe stato previsto nel contesto del “piano sanitario aziendale”; come dire che questa sperimentazione innovativa e di alto profilo scientifico sarebbe abusiva. Su questo gli investigatori starebbero accertando tutti i passaggi ed avrebbero già disposto il sequestro degli ordini di acquisto e delle commissioni. Questo il quadro della situazione che potrebbe aprirsi ad ogni tipo di sviluppo sul piano squisitamente giudiziario con pesanti ricadute sugli eventuali responsabili. Nell’attesa dei prossimi imminenti provvedimenti abbiamo appreso, grazie ad alcune fonti riservate, che cosa potrebbe essere realmente accaduto in corsia; perché la vicenda comincia proprio lì, su un lettino di ospedale dove chiunque dovrebbe sentirsi al sicuro, soprattutto del fuoco e delle fiamme. Dunque il paziente viene urgentemente ricoverato in rianimazione perché, secondo quanto sarebbe stato indicato nel referto di ammissione al reparto specializzato in rianimazione, raggiunto da alcune scosse elettriche dovute al cattivo funzionamento degli strumenti operativi ed utili per la benedetta termoablazione. Dalle prime notizie che filtrano dalle strette maglie del riserbo istruttorio sembrerebbe invece che i fatti possano essere andati in maniera ben diversa. In pratica per i predetti esami altamente specialistici vengono utilizzati o meglio sarebbe stato impiegato un disinfettante altamente infiammabile; la bottiglia contenente il disinfettante avrebbe registrato delle perdite e il liquido avrebbe invaso gran parte del lettino su cui era adagiato il paziente. Poi, sempre secondo le indiscrezioni, sarebbe partita la famosa scintilla (anche questa tutta da verificare) che avrebbe dato fuoco al disinfettante altamente infiammabile e, dunque, da non utilizzare per simili operazioni. Panico in corsia, spegnimento delle fiamme che avvolgevano il corpo del paziente e via, di corsa, verso la sala di rianimazione nella quale dopo diversi giorni di sofferenze il paziente è deceduto. Lautopsia potrebbe illuminarci di più e meglio sulla veridicità dei fatti accaduti. Il fatto, stranamente non riportato dalla stampa locale, sarebbe di dominio pubblico all’interno del plesso ospedaliero di Pagani. Non ci sono molte considerazioni da fare, al posto del malcapitato poteva esserci ognuno di noi, ignari di affidare la propria vita a chi pensa che la vita degli altri non vale a niente. Dal prossimo articolo ritorneremo sulla vicenda che riguarda il “medico abusivo” di Nocera Inferiore, perché anche per questa vicenda ci sono notizie esclusive.
direttore: Aldo Bianchini