SALERNO – Il presunto tentativo di rapimento di una bambina di 5 anni, il fermo e poi il rilascio dell’uomo accusato di aver tentato di portarla via, lo scontro tra il procuratore di Ragusa Carmelo Petralia e il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il quale avvia gli accertamenti sull’operato della magistratura iblea che porta avanti le indagini sul caso. Sono alcuni degli elementi finiti nel calderone di un caso di cronaca che ora sta spostando il suo baricentro dalla provincia di Ragusa a Roma, con Orlando che ha (molto giustamente !!) chiesto all’ispettorato del ministero di avviare alcuni accertamenti preliminari su quanto avvenuto a Ragusa e il capo dei magistrati iblei che, di contro, critica il titolare di via Arenula: “Avrei gradito una dichiarazione di solidarietà nei confronti di un magistrato che applica la legge“, queste le parole di Carmelo Petralia (capo della procura ragusana) rivolte al ministro, in difesa del sostituto procuratore, Giulia Bisello (che è così balzata agli onori delle cronache internazionali) che per due volte ha disposto la liberazione dell’indiano Ram Lubhaya, autore del presunto rapimento. Il fatto, sopra sintetizzato, è avvenuto il 16 agosto 2016 quando i carabinieri bloccano l’indiano di 43 anni con l’accusa di aver tentato di rapire una bambina di cinque anni sulla spiaggia di Scoglitti. L’uomo, ovviamente, si professa innocente. Sul filo del diritto e, soprattutto, del codice di procedura penale, tenuto conto degli arzigogolamenti interpretativi della legge portati a difesa e ritenuti validi dalla pubblica accusa, bisognerebbe dare subito ragione al pm Bisello che non ha fatto altro che applicare la legge sulla base del cosiddetto “libero convincimento” del magistrato. Dall’altra parte, invece, il ministro Orlando che dovendo fare politica deve badare anche alla famosa “giustizia distributiva” che è rivolta più allo stato sociale che all’applicazione nuda e cruda della legge; insomma tra il libero convincimento e la giustizia distributiva esiste da sempre, almeno nel nostro ordinamento, una sottilissima linea di demarcazione che molto spesso viene superata dai magistrati e non dai politici. La discussione su un caso così grave ed anche dalla difficilissima interpretazione dovrebbe essere spostata dall’apparente impopolarità della liberazione dell’indiano sul piano della più concreta applicazione omologa della legge, un’applicazione che non sempre avviene a causa delle continue irruzioni che i magistrati fanno nella giustizia distributiva invece di rimanere ben fermi nell’applicazione di quella commutativa. Ecco perché l’intervento del procuratore capo Petralia mi appare fuori contesto e unidirezionale in difesa della sua sostituta; Petralia, da magistrato di vaglia qual è, sa benissimo che la legge quasi mai viene applicata allo stesso modo per tutti e che soltanto nei casi eclatati a livello nazionale i riflettori si accendono sullo strapotere immenso dei pubblici ministeri costretti, solo in questi pochi casi, a rivedere se stessi con il rischio di impantanarsi ancora di più. Nel sistema, naturalmente, c’è anche l’attività difensiva (per l’indiano è assicurata dall’avv. Biagio Giudice) che spesso va alla ricerca di tutti gli arzigogolamenti possibili (come nella fattispecie) pur di accontentare il proprio assistito, e se questa attività (che è pur sempre legittima anche se talvolta tirata fino alle estreme conseguenze) incontra un magistrato che “liberamente si convince” della bontà delle tesi della difesa, ecco che il gioco è fatto e l’indiano ritorna libero per ben due volte. Spesso, però, accade il contrario; accade cioè che agli arzigogolamenti della difesa vengono contrapposti gli accanimenti della pubblica accusa (soprattutto contro i politici, meglio ancora se di destra !!) in una ricerca affannosa, e visibilmente unidirezionale, di elementi di prova inesistenti che cadono al primo stormire di fronde. Ecco perché il pm Bisello e la difesa dell’indiano Lubhaya si sono incanalati nel vicolo cieco dell’analisi del pensiero del rapitore arrivando a sostenere la tesi (incredibile, ma vero !!) che costui non aveva nessuna intenzione di rapire la bambina siciliana e che neppure il reato di “tentato rapimento” era possibile applicare perché c’era stato un semplice allontanamento, con in braccio la piccola, durato l’arco temporale di pochi secondi e di pochi metri. A nulla sono valse le testimonianze dei presenti e degli stessi genitori che hanno confermato il loro rapido intervento per scongiurare il definitivo allontanamento dell’indiano con la bimba; secondo il pm, autrice di un vero processo alle intenzioni, il reato non si è configurato nella sua accezione più dura e, quindi, l’extracomunitario andava liberato, così come è stato liberato per ben due volte. E fra qualche giorno scomparirà nelle nebbie di un Paese, l’India, poco disposto alle richieste di estradizione del governo italiano. Dopo le parole della mamma della bimba viene naturale una domanda: “Fino a che punto è giusto applicare la legge nei minimi particolari e, soprattutto, interpretarla ?”. La risposta più facile sarebbe “NO non è giusto”, anche perché non vedo dove nasce il diritto dei magistrati di interpretare la legge e l’impossibilità per gli altri di criticare le loro sentenze. Ci vuole la separazione delle carriere, dice qualcuno; giusto, anche se da sola la separazione non basta. Occorre, a mio sindacabile avviso, cancellare innanzitutto il libero convincimento che in un Paese civile appare come una mostruosità; si eviterebbero, così, tutte le tracimazioni dalla giustizia commutativa in quella distributiva che i magistrati operano costantemente e che la politica non può nemmeno permettersi di citare, come nel caso del povero ministro della giustizia Andrea Orlando senza correre il rischio di una sollevazione generale della magistratura. Nessuna solidarietà, dunque, per il magistrato ibleo che, secondo il capo della procura, ha soltanto applicato la legge. Ci piacerebbe, però, tastare il polso della gente comune e dei nostri lettori su questo argomento molto difficile; sul lato destro di questa pagina troverete una domanda-sondaggio incentrata proprio sul problema della legge che fa vomitare; è sufficiente cliccare sul SI o sul NO per dare la vostra risposta.
direttore: Aldo Bianchini