SALERNO – Qualche settimana fa è stato ricordato il momento in cui Vincenzo Giordano, sindaco di Salerno, venne inopinatamente arrestato sotto casa sua mentre giocava a tressette con alcuni amici; l’accadimento era nell’aria da giorni ma l’accanimento con cui fu eseguito quella sera suscitò sdegno e rabbia anche nei suoi avversari politici. Quel momento fa, comunque, parte della storia di questa città e può entrare a pieno titolo in questa inchiesta giornalistica. Del resto i momenti precedenti e successivi all’arresto clamoroso del 31 maggio 1993 danno una lettura molto precisa di come, poi, si sono sviluppate le strategie per portare verso il cambiamento radicale dei gruppi politici allora imperanti. E’ bene ricordare solo alcuni di quei momenti che poi tratterò più approfonditamente nelle prossime puntate: un incontro riservato tra Carmelo Conte, Vincenzo De Luca e Paolo Del Mese ad Eboli in casa dell’ex ministro, un successivo incontro sempre a Eboli tra Conte e Vincenzo Giordano, le dimissioni da sindaco di Giordano, la notizia dell’imminente arresto che De Luca porta a Giordano (presumibilmente su precisa segnalazione della Procura) qualche giorno prima del 31 maggio 1993, l’elezione a sindaco di De Luca nella serata del 22 maggio 1993. Ora, però, è meglio ritornare al clamore che il 23° anniversario dell’arresto di Giordano ha suscitato soprattutto nel mondo del web. Non so se nell’aldilà Vincenzo Giordano ha modo di leggere Facebook; conoscendone bene i tratti caratteriali, quella di leggere un social (anche se il più grande del mondo), dovrebbe essere una pratica che Lui sicuramente aborrisce. Poi non si sa mai, con i tempi che corrono potrebbe anche essersi verificato il contrario. Comunque sia rimarrebbe attonito di fronte alle tante cavolate scritte su FB per ricordare il giorno più triste della sua vita (al di là, beninteso, di quello della sua morte !!); difatti sono stati decine e decine i commenti al post che Edmondo Iannicelli (genero di Giordano) ha lanciato anche con serenità e semplicità il 31 maggio 2016 in occasione, ripeto, del ventitreesimo anniversario dell’arresto clamoroso del sindaco della gente: “Il 31 maggio 1993, il Sindaco di Salerno, Vincenzo Giordano, fu arrestato. I processi ne dimostrarono l’innocenza. IO NON DIMENTICO!”.
Tantissimi, dicevo, i commenti tra i quali spiccano quelli di Aniello Salzano (già sindaco di Salerno e anch’egli vittima sacrificale di quella stagione giudiziaria violenta), Andrea Manzi e Sergio Vessicchio (giornalisti), Alessandra Dioguardi, Filippo Santolia, Pio Ragni, Gianpaolo De Petro, e i politici Andrea De Simone, Gaetano Amatruda, Fausto Morrone, ecc.; nessuno dei commentatori, ovviamente, dice la verità sull’uomo Giordano e sul presunto complotto che lo portò verso le dimissioni da sindaco e al successivo arresto quando già era stato scelto il suo successore: Vincenzo De Luca. Il commento che mi ha più colpito è stato quello del noto politico Andrea De Simone (se è lui, perché FB nasconde molte sorprese !!) che ha scritto: “Un galantuomo! Ma ancora oggi nessuno dice chi furono i delatori e i beneficiari…”. Per i meno informati va detto che Andrea Carmine De Simone (questo il suo nome completo) è stato uno dei protagonisti assoluti di quella stagione politica, compresa tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, finita nel tritacarne giudiziario e Lui fu anche, per certi versi, la vittima predesignata dell’allora Partito Comunista che al pari della D.C. aveva a Salerno due cavalli di razza: Vincenzo De Luca e Andrea De Simone. Il primo era soltanto il segretario provinciale del partito, mentre il secondo era il faro luminoso di una nuova era politica; occupò a lungo la carica di Presidente della Provincia in una coalizione sorretta dai socialisti che cominciavano la loro parabola discendente sotto i colpi di maglio della locale Procura.
Nel ’92 ci fu lo scontro epocale tra Andrea e Vincenzo (non credo che si rizeleranno più di tanto se li cito per nomi di battesimo) entrambi in lizza per un posto in Parlamento nelle file del neonato P.D.S. (Partito Democratico della Sinistra); la città comunista si divise ed alla fine di una feroce campagna elettorale scelse il giovane, battagliero e mediaticamente più presentabile De Simone che salì le scale di Montecitorio. Quello fu sicuramente un momento molto difficile all’interno del PDS, con segretario provinciale sempre De Luca, che probabilmente dalle segrete stanze di Via Manzo, con l’aiuto dei suoi tanti fedelissimi (primo fra tutti Mario De Biase che con lui divideva la stanza e tutti i segreti), preparò la vendetta contro De Simone che per colpa dell’appalto per “il prolungamento della tangenziale” era finito sotto inchiesta e successivamente a processo. Ma fu sufficiente quell’avviso di garanzia beccato in tempi non sospetti per fare scattare la tagliola del partito che, su evidenti pressioni della segreteria politica di Salerno, non lo candidò nelle successive elezioni di inizio 2004. Ma la fortuna sembrò baciare ancora una volta il “giovane intellettuale” del partito che maturava esperienze su esperienze, anche con Isaia Sales, e cresceva nella fiducia di Botteghe Oscure. A metà anno ’94 subentrò nella carica di “parlamentare europeo” in virtù del fatto di essere stato il primo dei non eletti nelle elezioni del 1989; ma l’incarico durò soltanto pochi mesi perché a metà anno la 3^ legislatura europea si sciolse. Non mancarono, comunque, le violentissime polemiche; da Salerno si pretendevano le dimissioni del neo deputato europeo che non arrivarono, ma la spaccatura traumatica di Salerno era ormai nota in tutto il Paese; Vincenzo De Luca cominciava a fare terra bruciata intorno a De Simone, al quale non vennero più assegnate cariche pubbliche dal partito salernitano. Era stato, come detto, anche Presidente della Provincia (il più giovane in assoluto) dal 1988 al 2001, ma tutto finì nel dimenticatoio e se non fosse stato per la legge elettorale che aveva suddiviso in “distretti” quasi zonali i collegi elettorali (nei quali l’effetto domino di De Luca risultò inefficace) non ce l’avrebbe sicuramente fatta per entrare a Palazzo Madama dove rimase dal 2006 al 2008 per tutta la sfortunata legislatura guidata da Romano Prodi; negli anni d’oro aveva fatto anche una apparizione in consiglio regionale. Insomma un uomo e un politico a tutto tondo che ha attraversato tutte le istituzioni con grande capacità dialettica e spessore culturale, grazie anche ai suoi studi filosofici e sociologici. Ho descritto in sintesi la figura politica di De Simone per far capire quanto Egli fosse stato protagonista proprio degli anni in cui veniva ordito a Salerno il terribile “complotto politico e di potere” che portò Vincenzo Giordano dietro le sbarre delle patrie galere. In quel periodo, dagli schermi di Tv Oggi, parlavo di un “quadriumvirato di potere” e facevo in sigla (per dare più suspense alla lunga storia) anche i loro nomi: C.C. (Carmelo Conte), P.DM. (Paolo Del Mese), A.DS. (Andrea De Simone) e V.DL. (Vincenzo De Luca); in verità facevo anche un altro nome, quello di I.S. (Italico Santoro) che, pur rappresentando la perfetta immagine del transpartito, scomparve presto dalla scena politica per via di un’inchiesta di “mani pulite” che lo aveva colpito da innocente.
Per inciso è giusto ricordare che Santoro fu colpito a causa delle rivelazioni (poi dimostratesi infondate) di Alberto Mario Zamorani, deus ex machina della Banca Etruria (si la stessa che oggi pone problemi per Renzi e la Boschi !!), che aveva consegnato ai magistrati milanesi un elenco di oltre mille nominativi di politici beneficiati. Da questi personaggi e dalla loro dissennata azione partì l’operazione di vero e proprio siluramento di Vincenzo Giordano che sembrava incollato alla sua sedia di sindaco. Soprattutto nel ’92, dopo la sonora sconfitta elettorale, Conte – Del Mese e De Simone cercarono di accontentare De Luca a tutti i costi anche per evitare gli effetti nefasti di tangentopoli che arrivava lancia in resta ad opera di qualcuno della Procura dichiaratamente amico di quello che sarà il sindaco di Salerno. Sulla testa di Giordano venne fatta pesare anche la scelta di
Oriol Bohigas che “il sindaco della gente” non voleva a Salerno e che invece veniva imposto dai repubblicani di Italico Santoro e di Ferdinando Cappuccio (allora assessore nella giunta Giordano). E’ in questa strategia che va ricercata la causa della cattura del “sindaco della gente”; la situazione alla fine sfuggì di mano a Conte, a Del Mese e a De Simone e il filo della matassa rimase soltanto nelle mani di Vincenzo De Luca che riuscì a tessere una ragnatela talmente fitta da renderla impenetrabile ai successivi tentativi dei suoi ex alleati che bramavano di rientrare al centro della scena pubblica e di potere. A distanza di un quarto di secolo è incredibile come Andrea De Simone reciti la parte di chi non ha visto, di chi non ha parlato e di chi non ha sentito; lui è stato un protagonista assoluto e chi meglio di lui potrebbe dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità sui veri motivi che portarono all’abbandono politico di Giordano ed al suo successivo arresto, un’azione che rimane tra le pagine più buie della storia recente di Salerno. Invece di porre strane e stranite domande passi al contrattacco e dica tutto quello che sa; Andrea De Simone fa ancora in tempo a scrivere davvero la storia della città. Insieme a lui anche Aniello Salzano, Carmelo Conte e Paolo De Mese avrebbero il dovere di raccontare cosa è accaduto facendo nomi e cognomi; è inutile continuare a prenderci in giro ed a beffeggiarci, loro sanno e devono dire. Io li ho fatti i nomi e i cognomi, ma essendo fuori dallo schema di potere politico-giornalistico-giudiziario valgono a poco tutti i miei sforzi nella ricostruzione, anche con questa inchiesta, di quanto accaduto a Salerno e provincia negli anni del piombo giudiziario. E’ evidente che se non decidono di parlare anche loro le mie ricostruzioni saranno sempre additate come fantasie giornalistiche (e forse anche meno !!) e dagli stessi saranno palesemente osteggiate perché anche a distanza di venticinque anni hanno ancora paura. Leggendo il commento di Andrea De Simone mi sono reso conto che anche lui fa come gli altri politici, legge soltanto quello che scrive lui direttamente, non legge quello che scrivono gli altri; sicuramente non ha letto il mio libro “Vincenzo Giordano: da sitting bull a sindaco di Salerno”. Se lo avesse fatto avrebbe facilmente appreso, dall’unico libro scritto fino ad ora su Giordano, e rivisto sotto i suoi occhi il dipanarsi di quell’insano complotto strumentalmente fornito alla magistratura ed usato per abbattere un potere e sostituirlo con un altro; e che in questo stravolgimento si inserì alla grande Vincenzo De Luca che con grande fiuto politico riuscì a mandare a casa tutti gli altri. Un po’ come aveva fatto
Gaspare Russo con il mitico Alfonso Menna quando, la sera del 19 ottobre 1970, senza alcuna remora lo mandò a casa in taxi per accomodarsi sulla poltrona di sindaco. Sulla vicenda Giordano ci sarà ancora molto da scrivere sempre che tutti, a cominciare da Vincenzo De Luca, siano d’accordo sulla rivisitazione in chiave di verità del personaggio “Vincenzo Giordano” che ha comunque e per tanti aspetti segnato la storia di questa città. Ma nel giorno della memoria, almeno relativamente all’arresto avvenuto la sera del 31 maggio 1993, per dovere di cronaca è necessario affermare che anche Vincenzo Giordano ci mise il suo per essere crocifisso; era molto caparbio e poco duttile, tutte connotazioni caratteriali che poco si uniformavano agli insegnamenti del suo unico maestro politico:
Enrico Quaranta. E fu proprio il compianto senatore che gli affibbiò il nomignolo di “Sitting Bull” (dal mitico Toro Seduto, capo indiscusso dei Sioux-Hunkpapa) che 117 anni prima, il 25 giugno del 1876, aveva annientato il settimo cavalleggeri guidato dal famoso generale George Armstrong Custer nella battaglia di Little Big Horne. E probabilmente Vincenzo Giordano venne utilizzato, a sua insaputa, come un ariete per colpire ed allontanare la D.C. dal potere comunale con la complicità dello stesso P.C.I. e, quindi, di De Luca e De Simone. Per chi ha vissuto quei momenti fu facile capire che Giordano fu prima ariete, poi ostaggio ed infine vittima di quel complotto nel quale entrarono, con ruoli diversi e per recitare ognuno la propria parte, politici – imprenditori – giornalisti e magistrati. Ma oltre alla caparbietà ed alla mancanza di duttilità (di cui prima) che lo tenevano distante dal prototipo del politico dell’epoca, Vincenzo Giordano aveva una caratterizzazione personale, a mò di grosso difetto, che lo trascinava, inevitabilmente, nel pacchetto anonimo e pericoloso di tutti i politici: la facoltà di non ricordare. E come Andrea De Simone anche Lui dimostrò di non ricordare quasi nulla quando affermò che nessun giornalista a Salerno lo aveva difeso in quel periodo drammatico; anche lui, ariete – ostaggio e vittima, andava alla ricerca dei nomi e dei cognomi degli autori del complotto che continuava ad avere intorno a lui e che fingeva di non conoscere. Nel mio libro ho dedicato un apposito capitolo-aneddoto alla “facoltà di non ricordare” di Vincenzo Giordano; il capitolo porta il titolo di “Il paradosso e la delusione” nel contesto del quale testualmente ho scritto: “”… Tempo fa il sindaco galantuomo partecipò ad una trasmissione televisiva sulle frequenze di Telecolore condotta dal collega Andrea Manzi; in quella puntata di “Resistenze” (questo era il nome della trasmissione) il conduttore pose a freddo una domanda specifica a Vincenzo Giordano –Professore ricorda il nome di un giornalista salernitano che l’ha sostenuto o difeso nel corso delle sue vicende giudiziarie ?–. La risposta, lapidaria e senza appello, —Nessuno–. Non ebbi modo di assistere direttamente a quella trasmissione; ricordo però che alcuni amici mi contattarono telefonicamente mentre ancora la trasmissione era in corso per riferirmi della posizione assunta dall’ex sindaco. Mi collegai da casa, la trasmissione stava per finire, riflettetti a lungo se telefonare, non lo feci, preferii il silenzio. Qualche giorno dopo telefonai, però, al professore Giordano soltanto per capire se c’era stato qualche impedimento che lo aveva indotto a non pronunciare il mio nome quale promotore di tante battaglie di legalità e trasparenza anche in suo favore. La risposta di Giordano non tardò ad arrivare e senza alcuna inflessione della voce disse –Scusatemi, ho sbagliato, ma in quel momento non ho riflettuto, scusatemi–. Gli dissi che non c’erano problemi e che può capitare, in cuor mio non l’ho mai scusato; in quel momento non stava parlando di sciuscelle ma di un capitolo molto triste della sua vita e non poteva non ricordare che un solo giornalista in tutta Salerno, rischiando l’osso del collo, aveva sposato la sua strategia difensiva contro tutto e tutti. Da quella volta ho rivisto in numerose altre occasioni l’ex sindaco Giordano ma per correttezza e per un senso di rispetto verso la sua persona non gli ho mai più ricordato quell’increscioso episodio. Episodio che si è trascinato per anni, fino alla sua morte; nelle diverse occasioni in cui poteva pubblicamente riparare all’errore non lo fece. Forse temeva di urtare la suscettibilità dei –salotti e dei circoli riservati— degli uomini del potere e del giornalismo; salotti e circoli dei quali non ho mai fatto parte per scelta precisa ed irrevocabile””. La storia ha voluto che anche dopo la sua morte l’unico giornalista che ha scritto un libro sulla sua figura sono stato io. Non posso non ricordare, a questo punto, che la mia azione garantista di quegli anni è stata anche oggetto di una “relazione – dossier” dei “Servizi Segreti” inviata alla Procura della Repubblica di Salerno ed affidata alla
pm Rosa Volpe che chiese il mio rinvio a giudizio in quanto, secondo i servizi, io ero stato lo strumento nelle mani dei vari grandi inquisiti dell’epoca (Giordano, Conte, Del Mese, ecc.) per deviare il corso normale delle indagini attraverso un’esposizione mediatica fuorviante e senza precedenti. Fortunatamente il gip-gup Vittorio Perillo decise per l’archiviazione del caso; ma questa è una vicenda che racconterò a tempo debito nel corso di questa inchiesta. E nonostante tutto questo i politici dell’epoca, tra i quali Giordano, hanno fatto finta e fanno finta di non ricordare; e qualcuno di loro non ricorda neppure di aver complottato personalmente contro “Sitting Bull”. Ma cosa rimane, in effetti, nell’immaginario collettivo del compianto Vincenzo Giordano a sette anni dalla sua morte ? Poco o nulla, la vita e la gente sono fatte così; soprattutto la gente facilmente dimentica al pari dei politici; oltretutto non c’è nessuno (neppure i familiari) che al di là di sporadiche chiacchiere faccia qualcosa di serio per ricordarne la figura e l’opera. Per quanto mi riguarda mi sono sempre chiesto perché Vincenzo Giordano, pur avendo avuto almeno due chiarissime opportunità per vendicarsi brutalmente di tutti quelli che lo tradirono e lo impacchettarono, non lo ha fatto. Non lo ha voluto fare perché, mi spiegò un giorno, la vendetta appartiene ai deboli. Lui ha preferito masticare la sua rabbia nel silenzio assoluto e con grande dignità. Anche lui, vittima della furia di tangentopoli, indebolito nelle difese immunitarie del fisico, sette anni fa ha raggiunto altri protagonisti innocenti di quella faida politico-giudiziaria che ha aperto le porte al “sistema Salerno” del kaimano. Lo ricorderò per sempre come “il sindaco”, altri non ne riconosco, né prima e né dopo.