SALERNO – Per caso, in questi ultimi giorni, leggendo il social più noto del pianeta mi sono imbattuto in un pensiero postato il giorno 25 maggio 2016 da una persona che conosco molto bene e dalla quale, in tutta sincerità, non mi sarei mai aspettato la cavolata che ho letto. Preciso ancora una volta che io sono quasi costretto a mantenere ancora aperto un mio profilo personale e ad andare su FB per ragioni esclusivamente professionali al fine di ricercare le notizie che possono interessarmi per la mia attività giornalistica. E di notizie se ne trovano tante, basta tirarle fuori dall’immenso letamaio che è diventato il più grande social che ha dato a tutti la possibilità di scrivere e di comunicare, quasi come se il social fosse una testata giornalistica, senza alcuna autorizzazione giuridica, a diffusione planetaria. Su Facebook si trova di tutto, dalle nefandezze alle cose interessanti, ma il social avrebbe bisogno almeno di un filtro capace di sconfiggere l’incalzante e devastante anonimato; ma questo lo dico più per me che per voi amici lettori perché, sebbene abbia a lungo riflettuto, non trovo una spiegazione plausibile ed anche logica al fatto che una testata giornalistica, comprese quelle online come questa che state leggendo, ha bisogno di un’autorizzazione da parte del tribunale territoriale, mentre ad un social si offre la possibilità di diventare un mondo sconosciuto e, per certi versi, pericoloso. Quindi leggo ma non entro mai nelle discussioni evitandole con cura anche se a volte mi dispiace rimanere fuori. Ma ecco cosa ho letto la mattina del 25 maggio 2016: “Sto studiando gli esemplari maschi che lavorano qui e vanno in bagno e non scaricano la pipi’. Osservando le loro urine galleggiare nell’acqua del water, molto cariche perché di un giallo ocra intenso, m’accorgo che non usano nemmeno la carta per asciugare il pisello. Mi domando se quella sensazione di umido alla punta possa in qualche modo far sentire vivo l’attributo. Credo che non lavino nemmeno le mani dopo. Poi dicono che sono scostante quando mi tendono la mano per salutarli e io rifiuto”. Prima di commentare faccio una premessa importante; io sicuramente vengo dalla preistoria vista anche l’età ma sinceramente un pensiero del genere mi inquieta anche e soprattutto perché scritto e postato da una persona che conosco e stimo. Non me lo sarei mai aspettato, devo però prendere atto che il cosiddetto “mondo moderno” è questo, purtroppo. Mi sono soffermato a pensare che probabilmente chi ha scritto tutto questo starà attraversando un periodo particolare della sua vita ovvero ha necessità di scaricare in poche righe evidenti e pesanti frustrazioni. Se è così me ne dispiace e spero che possa risolvere prestissimo le sue inquietudini; se così non è, allora la cosa è certamente molto più grave ed attiene non solo la sfera psicologica personale, con seri risvolti di natura psichiatrica, ma anche la complessa demenzialità del mondo in cui si vive al giorno di oggi. Ma la cosa più allarmante della vicenda che vi ho raccontato riguarda i numerosi commenti, quasi tutti positivi, inseriti in calce al pensiero di cui sopra; conosco quasi tutti i predetti commentatori e neppure da loro mi sarei mai aspettato la sostanziale, gretta e superficiale, insipienza con cui hanno pensato e scritto i commenti. Come sempre c’è ancora un altro aspetto della storia e cioè che alcuni dei predetti commentatori sono giornalisti, cioè colleghi, che molto verosimilmente dimostrano una evidente insoddisfazione nei confronti del proprio mestiere se hanno la necessità di partecipare alla cavolata che ho cercato di descrivere tenendo molto basso il profilo della critica nell’ambito di un discorso che anche se doveroso deve garantire la massima privacy possibile. Insomma, per certi versi, i contenuti di alcuni commenti sono ancora peggio del pensiero iniziale, addirittura demenziali; per questo vi risparmio la loro trascrizione. Tutto questo sta a significare che, a cominciare dalle famiglie moderne, manca qualsiasi momento di socializzazione; ormai i pranzi domenicali tutti insieme intorno ad un tavolo e senza televisione sono un lontano ricordo. Oggi anche a tavola i giovani, e non solo, usano il tablet tra un boccone e l’altro.
direttore: Aldo Bianchini