SALERNO – Prima di andare avanti con la presente ricostruzione storico-giornalistica di quanto presumibilmente è avvenuto e sta avvenendo nella nostra città una riflessione, seria e coscienziosa, la riserverei ai soldi, a quei maledetti soldi capaci di coinvolgere e travolgere tutto e tutti. La location è sempre la stessa e sul palcoscenico si alternano molti attori, alcuni dei quali (se non proprio molti !!) erano in scena già trent’anni fa come giovani aspiranti politici, imprenditori e giudici ed oggi sono maturi e vaccinati politici, imprenditori e giudici. Qualsiasi palco non è mai perfetto e negli spiragli tra una tavola e l’altra s’infila il “dio denaro” che coinvolge e travolge gli attori (a volte anche incoscientemente !!) dalla punta dei piedi fin nella cima dei capelli. In tutte le sentenze giudiziarie e, soprattutto, in tutti i talk show televisivi si fa un continuo riferimento al famoso “flusso dei soldi” e sulle capacità degli inquirenti di scoprirne i vari percorsi per arrivare alla contestazione dei reati ed alle condanne; prova ne è “mafia capitale” che in poco tempo è già arrivata alle condanne di primo grado di personaggi politicamente ed istituzionalmente insospettabili. Nelle precedenti puntate di questa ricostruzione ho parlato ampiamente del “flusso dei soldi” che a Salerno sembra scomparire come d’incanto; e questo flusso inesplorato mi induce ad una prima considerazione che non è soltanto di carattere personale: “Abbiamo giudici brocchi, cioè incapaci di seguire il flusso del denaro pubblico, di entrare nei meandri del potere e di smantellare gli apparati perversi ?”. La mia considerazione scaturisce appunto da questa domanda anche perché c’è una prima stranezza abbastanza palese e facilmente riscontrabile; in tribunale operano diversi giudici che venticinque anni fa erano giovani pubblici ministeri che inseguivano la corruzione nella pubblica amministrazione e cercavano di punire i responsabili; oggi quegli stessi giudici assolvono gli imputati dai “reati loro ascritti” da giovani pubblici ministeri desiderosi anch’essi di fare una rapida carriera. Capisco che la vita ti fa cambiare e ti induce ad essere più misurato nelle azioni quotidiane, ma passare da accusatori impenitenti ad assolutori convinti mi sembra che la differenza sia abbastanza stridente. Ma torniamo sul palco dove ci sono ancora i politici e gli imprenditori legati a doppio filo da un rapporto strano e difficile basato sull’ottenimento di lavori pubblici e favori vari e sulla concessione di piaceri o prebende, se non proprio vive mazzette. Ebbene gli imprenditori presenti sul palco sono quasi tutti quelli del periodo di tangentopoli, quelli che scaricarono la politica di quel tempo e favorirono l’azione dei magistrati; e se non sono gli stessi per nome lo sono per cognome in quanto i figli hanno preso il posto dei padri ed hanno raffinato le loro tecniche di spartizione che al confronto i famigerati “cartelli” di un tempo impallidiscono. I nuovi imprenditori, figli dei vecchi, utilizzano tecniche molto sofisticate, sono quasi tutti ingegneri e/o laureati ed al contrario dei loro genitori (quasi tutti “mezze cucchiare”) hanno imposto alle rispettive aziende “modelli di lavoro” assolutamente al passo con i tempi. La cosa strana, in questo caso, è che i nuovi imprenditori non hanno più bisogno di oliare, di ungere, di menare pacche sulle spalle, di fare scivolare buste gialle e di provocare i poveri cristi di dipendenti pubblici con uno stipendio di poco più di mille euro al mese; oggi sembra che tutto scivoli su un “red carpet” ricoperto di petali di rosa. Beati loro, hanno trovato la via giusta nei confronti del potere e questo ci deve confortare; peccato che il “modello Salerno” (che sembra esistere solo a Salerno) non sia esportabile in tutto il Paese, potremmo evitare la deflagrazione di inchieste giudiziarie che quasi quotidianamente devastano molti assetti di potere. Naturalmente anche i politici devono aver seguito alla lettera la modernizzazione del loro ruolo e devono essersi imposti una radicale scolarizzazione nel rapporto con i potenti mezzi messi loro a disposizione dalla tecnologia odierna che si sviluppa e migliora giorno dopo giorno. Dico questo perché, almeno a Salerno se non solo a Salerno, le intercettazioni telefoniche e ambientali e le microspie disseminate un po’ dovunque in tutti gli ambienti di lavoro e di riunioni ammiccanti e decisive per lo sviluppo dell’apparato di potere che, comunque, esiste anche a Salerno e lo abbiamo visto nelle precedenti puntate di questa storia, non sembrano raccogliere i risultati voluti. Incredibile ma vero, all’epoca di tangentopoli fu sufficiente una preistorica microspia, che il procuratore della repubblica Domenico Santacroce fece inserire nell’auto dell’imprenditore Vincenzo Ritonnaro, per scatenare l’inferno con arresti e lunghe detenzioni preventive; oggi interi e sofisticati apparati di intercettazione vengono baipassati dagli interessati o, alla fine, ritenuti inutili dagli inquirenti; ma questo naturalmente solo a Salerno. Bisogna farsene una ragione, qui da noi l’onestà è al primo posto in assoluto, possiamo stare tutti tranquilli. Ma ho scritto poco fa che sul palco, tra gli spiragli lasciati dalle tavole, si infila il “dio denaro”; pensate un po’, i palchi sono sempre gli stessi rispetto a quelli di tanti anni fa, la tecnologia per il loro allestimento non è sostanzialmente cambiata, qualche volta ci sono le tavole di metallo ma le modifiche non hanno portato stravolgimenti. E qui mi si impone un’altra riflessione; quando venticinque anni fa iniziò tangentopoli il tutto fu incardinato dai magistrati sul famigerato pacchetto delle opere pubbliche dell’era socialista che complessivamente non superava i 150miliardi di lire; per questi pochi spiccioli furono smantellati partiti politici storici come la D.C., il P.S.I., il P.S.D.I., il P.L.I. e il P.R.I. (il famoso pentapartito). Oggi invece si annunciano finanziamenti pubblici per 4miliardi di euro e tutto sembra filare liscio come se non esistesse più il palcoscenico sul quale si devono forzatamente muovere i giudici, i politici e gli imprenditori e, soprattutto, come se non esistessero gli spiragli tra le varie tavole. 4 miliardi di euro destinati ad opere pubbliche è solo l’ultimo tra i tanti annunci fatti dalla politica in questo periodo. Ma volendoci fermare ai 4 miliardi annunciati in queste settimane, ho prima esultato (come hanno fatto in tantissimi su tutti i mezzi d’informazione) per il grande beneficio che una cifra così importante può portare alla nostra città ed a tutto il territorio provinciale e poi ho riflettuto (come forse non ha fatto ancora nessuno !!) sull’impatto devastante che una simile impressionante mole di denaro pubblico può avere sulla tenuta psico-fisica di tutti gli attori chiamati a recitare sul palcoscenico della cosa pubblica che prima vi ho elencato. Pensate un po’, i 4 miliardi di euro di oggi sono più o meno pari a circa 3 mila e 400 miliardi di lire di un tempo. Eppure non accade nulla, ovvero non svolazza neppure una tangente dimostrabile. Difficile resistere alle tentazioni ? Chissà !! stando alle cronache del tempo che viviamo la risposta e decisamente “NO non è difficile, basta volerlo”” e dispiace dover conseguentemente considerare tutti gli attori di venticinque anni fa dei poveri mentecatti che per quattro lire hanno perso cavalli e corone. Non scrivo sciocchezze, la storia di tangentopoli ci dice che andarono dietro le sbarre i giudici, i politici e gli imprenditori in un turbinio di accuse e contraccuse anche perché proprio allora nasceva il pentitismo sull’onda dello sconfitto terrorismo. Ecco, i pentiti sono la quinta essenza della recita che avviene sul palcoscenico; ma i pentiti sono sotto le tavole e si vedono soltanto quando escono allo scoperto per lanciare accuse devastanti ma quasi sempre indirizzate verso una sola componente politica. E’ brutto doverlo scrivere, ma oggi dipendiamo tutti dai pentiti che gestiscono in un fazzoletto di parole, mandate a memoria, sia i giudici che i politici e gli imprenditori. Lo vediamo tutti i giorni, o quasi, nel nostro tribunale quando alla sbarra (sempre con uno degli altri strumenti mediatici che la tecnologica ha messo a disposizione dei giudici: la teleconferenza !!) salgono i famosi o famigerati “pentiti di camorra” o semplicemente “collaboratori di giustizia”; ci rendiamo conto che modulano le loro dichiarazioni anche su quello che hanno visto in tv e letto sui giornali e soprattutto seguono attentamente l’evolversi dei processi per cercare di rimanere come veri e unici protagonisti contro o in favore a seconda delle necessità di giornata. Li vediamo esibirsi in tv ed ascoltiamo le loro rivelazioni, ma molto spesso non siamo capaci di scrivere che abbiamo assistito a delle vere e proprie buffonate, anche male organizzate, di gente che ormai alla frutta della vita associativa non cerca altro che qualche escamotage per ottenere qualsiasi tipo di privilegio o di agevolazione della vita carceraria che, comunque, è brutalmente difficile. Ma la recita, ovviamente, continua al di là di tutto e sopra di tutto, senza remore, senza timori, in un turbinio di arroganza che solo il potere vero riesce a dare.