SALERNO – La nostra città ha diversi appuntamenti storici da ricordare; alcuni sono molto positivi, pochi altri (fortunatamente !!) molto negativi. Tra questi non bisognerà mai dimenticare due momenti drammatici che la città ha vissuto nella sua storia più recente: l’assassinio del procuratore della repubblica (Nicola Giacumbi) e l’attacco alle forze armate in cui morirono tre servitori dello Stato (Antonio Palumbo, Antonio Bandiera e Mario De Marco). Non importa come e in quale contesto questi due avvenimenti vengono ricordati, ogni anno, dalle generazioni passate a beneficio delle generazioni future; la scuola salernitana, ad esempio, è abbastanza indietro rispetto alla memoria storica di fatti che, nel bene o nel male, hanno segnato profondamente la storia non solo della città ma dell’intero Paese. Non importa, dicevo, come e in quale contesto questi momenti vengono ricordati; va benissimo anche nell’ambito di una rassegna dedicata alla degustazione delle eccellenze vitivinicole del territorio; soprattutto quando la rassegna nasce, vive e cresce come inno al vino che spesso assume la dimensione di un’opera d’arte e si proietta verso il mondo esterno come mezzo di comunicazione globale e di cultura specifica di un bene che riusciamo a far primeggiare in tutto il mondo. Ci sono Paesi (es. gli USA) dove senza un buon bicchiere di vino non si riesce a discutere di niente e a dibattere su nulla; ci sono Paesi che hanno riscoperto, attraverso le piacevoli sensazioni offerte dal vino, il piacere dell’arte e della cultura. Questo il messaggio pregnante che è venuto, nel contesto delle manifestazioni dal 30 aprile al 7 maggio scorso, dalla VII edizione della manifestazione VinArte 2016 e per questo bisogna dare atto ai lungimiranti organizzatori della rassegna di vini e, soprattutto, della scelta di accoppiare e sottomettere il loro specifico interesse a quello certamente più grande della “memoria storica” della città (grazie al contributo dell’associazione “Salerno La Voce in Capitolo”) per la riqualificazione di siti e di situazioni particolari anche attraverso la raccolta di fondi. Nello specifico si è pensato, con il convegno del 6 maggio “Terrorismo Globale: tra Passato e Presente. Il caso Salerno, l’evoluzione del fenomeno, la minaccia ISIS” (celebrato alla presenza del sindaco Enzo Napoli, del questore Alfredo Anzalone, del magistrato Antonio Valitutti, del prof. Alfonso Conte, del presidente Fabio Troisi, del colonnello Marcello Capone e del letterato Paolo D’Amato), di lanciare la raccolta di fondi al fine di riqualificare la “piazza vittime del terrorismo” in cui avvenne l’attacco al cuore dello Stato, un attacco che provocò ben tre vittime innocenti ma colpevoli, secondo le B.R., soltanto di indossare le divise della polizia e dell’esercito; la colpa di indossare la toga di magistrato fu invece attribuita al giudice Giacumbi. Il magistrato fu ucciso la sera di domenica 16 marzo 1980, i militari vennero massacrati nel pomeriggio di giovedì 26 agosto 1982; poco più di due anni tra i tragici avvenimenti, un tempo brevissimo ma anche infinito; un tempo in cui, probabilmente, Salerno non si rese perfettamente e completamente conto di cosa stava vivendo la città e di cosa stava accadendo nell’intero Paese. Naturalmente le risposte a caldo furono tantissime le prese di posizione delle istituzioni non mancarono, ma a mio opinabilissimo avviso non ci fu una presa di coscienza generale, tutt’altro; sembrerà un assurdo quello che sto per scrivere ma è giusto scriverlo. In quel periodo l’opinione pubblica che stava ancora godendo degli agi del “miracolo economico” fu meno cosciente, rispetto alla politica, di quanto stava accadendo; difatti vennero dalla politica (in particolare dagli allora giovani parlamentari Carmelo Conte e Paolo Del Mese) gli allarmi più importanti e le sensibilizzazioni più significative degli Organi romani preposti alla sicurezza generale, a cominciare dal capo della polizia Vincenzo Parisi per finire ai “servizi segreti” per finire alla scoperta del “covo della massoneria” ed al sequestro di elenchi particolari con centinaia di nomi altisonanti salernitani in Via Michelangelo Testa, ed allo smantellamento della sede dei “servizi segreti” al Corso Garibaldi, proprio di fronte al Tribunale. Denunce prese sottogamba anche perchè in quell’epoca era nato il famoso o famigerato “Dossier Salerno” che fu presto seppellito nei segreti e misteriosi cassetti dello Stato che, forse, aveva già fatto le sue scelte in materia di terrorismo e, soprattutto, di cambiamento del quadro politico istituzionale; un cambiamento che soltanto qualche anno dopo le due stragi in questione investì in pieno l’intera classe politica dell’epoca con l’avvento, mai spiegato pienamente, di tangentopoli che ebbe bisogno di una nuova strage, quella dei carabinieri Claudio Pezzuto e Fortunato Arena, che venne proditoriamente commessa la sera del 12 febbraio 1992 e che, per certi versi, anticipò addirittura la tangentopoli nazionale che partì soltanto il 17 febbraio di quello stesso anno con l’arresto a Milano dell’ing. Mario Chiesa che era stato assessore ed era presidente del Pio Albergo Trivulzio. Ecco, tutto questo convulso susseguirsi di grandi e travolgenti avvenimenti aveva fatto passare in secondo ordine la successione delle due azioni criminali della Brigate Rosse che qui da noi, a Salerno, proliferava in forza della cosiddetta “colonna Fabrizio Pelli” che coinvolse nomi prestigiosi dell’alta borghesia, del professionismo, del sindacato e della politica salernitana e che, probabilmente, con le sue residue ramificazioni occulte appoggiò anche l’azione di Emilia Libera (detta “Nadia” che aveva fornito la Renault/4 rossa per il trasporto del cadavere di Aldo Moro) nella strage di Via Parisi. In apertura ho scritto della lentezza con cui la scuola salernitana si interessò e si interessa di questi avvenimenti che hanno, se non cambiato, almeno fermato la storia della città; si, esiste qualche singola e sporadica iniziativa ma non basta; bisognerebbe mettere insieme gli avvenimenti, incastrarli tra loro per ricomporre dei mosaici che sfuggono alla percezione generale e, quindi, rischiano di rimanere fuori dalla storia, Fortunatamente ci sono associazioni, come quella che ha promosso VinArte o come quella di “Salerno La Voce in Capitolo” e artisti come Vincenzo Caiella, che riescono, anche se in parte, a ricostruire gli avvenimenti per farne dei momenti culturali da tramandare alle generazioni future. In altri Paesi avvenimenti del genere vengono studiati, non semplicemente ricordati, nelle scuole di ogni ordine e grado; addirittura vengono scolarizzati anche alcuni dei momenti più drammatici del nostro Paese. In questo siamo indietro, molto indietro; va bene la scuola incentrata molto sul nozionismo ma sarebbe oltremodo necessaria anche la scuola della discussione aperta ai problemi contemporanei senza affidarsi, sempre e soltanto, alla genialità di singoli personaggi; e cito per tutti l’architetto Giovanni Giannattasio e l’artista futurista Ugo Marano che hanno lasciato in loro memoria opere di estremo valore, come ad esempio il monumento e la piazzetta dedicata alle vittime del terrorismo che ora, grazie a VinArte 2016, potranno essere avviati alla definitiva ristrutturazione.
direttore: Aldo Bianchini