L’ultima gravissima disgrazia sul lavoro richiama tutti ad un’azione reale. La Cgil chiede misure immediate per imporre una politica di prevenzione. Tutti esternano solidarietà alla famiglia del compianto Matonti. Nessuno più, purtroppo, ricorda i tre morti di Rufoli. Ecco cosa dice il sindacato: <<Il giorno dopo l’ennesima morte bianca, il segretario generale della Cgil Salerno, Francesco Petraglia, rinnova il monito ad investire sulla sicurezza dei lavoratori. “Il cantiere della Sa-Rc è diventato ormai tristemente noto per il dispendio di vite umane che è costato – commenta Petraglia – . Dall’inizio del 2011 questa è la terza vittima sul lavoro della tratta. E’ necessario un monitoraggio costante che permetta di garantire l’osservanza di tutte le norme sulla sicurezza e misure adeguate per imporre la prevenzione. Bisogna dire basta a questo stillicidio, causato da una politica che ha ridotto il valore del lavoro e della dignità dei lavoratori a merce che interessa solo se costa sempre meno, in nome dell’unico parametro della competitività. Bisogna tenere presente che dietro ad ogni morte c’è una famiglia distrutta. Dobbiamo tutti vivo in noi il monito che ha rivolto nei giorni scorsi il Presidente Napolitano”. “Questa è la 113 vittima in Italia dall’inizio del 2011 – sottolinea Luigi Adinolfi, segretario generale Fillea Cgil Salerno-. Lo scorso anno ci sono state 165 vittime, dunque la tendenza sembra peggiorare. Tutto ciò è frutto della insicurezza in cui operano i lavoratori in questo settore e della costante carenza di personale figlia dei ribassi scandalosi che le imprese operano per accaparrarsi gli appalti. Sarebbe auspicabile, così come la Fillea Cgil propone da anni, un cambio delle procedure di aggiudicazione dei contratti non più con la percentuale al massimo ribasso, ma secondo l’offerta economicamente più vantaggiosa. Le imprese, infatti, troppo spesso abbassano i costi sulla pelle dei lavoratori”. >> Chiacchiere, sempre e solo chiacchiere, anche da parte della Cgil, purtroppo!! Il chiacchierificio è il più classico degli amarcord all’italiana. Dopo un fatto se ne parla per un po’, almeno fino a quando regge la cronaca, e poi più nulla. Anche i sindacati, tutti, in questo ci mettono le loro migliori energie. Il caso del drammatico incidente sul lavoro che ha causato la morte del giovane Romeo Matonti (43 anni di Baronissi) e la riproposizione in chiave attuale di tanti altri incidenti clamorosi sull’autostrada. Ricordo molto chiaramente un incidente mortale sul lavoro che negli anni ’80, nel tratto autostradale compreso tra Rufoli e Fratte, causò la morte di ben tre operai addetti alla manutenzione del verde. Erano dipendenti della ditta Sica di Battipaglia (la nota azienda vivaistica che qualche anno fa curava anche il verde dell’Arechi) e stavano ripulendo dalle erbacce le scarpate dell’autostrada che in quel tratto scende rapidamente da Rufoli verso Fratte. Un autotreno proveniente dalla Sicilia sbandò paurosamente e travolse tutte le misure di protezione e prevenzione che la ditta aveva accuratamente predisposto. Morirono tre operai ed altri tre rimasero gravemente feriti. Toccò proprio a me condurre gli accertamenti e riferire alla competente magistratura. Un caso, a mio avviso, molto semplice (al di là della tragedia) che evidenziava la corretta applicazione delle norme antinfortunistiche da parte della ditta Sica, l’alta velocità dell’autotreno e, forse, un colpo di sonno dell’autista che aveva viaggiato tutta la notte. Rimasi molto deluso dalla conclusione giudiziaria del gravissimo caso d’infortunio mortale plurimo sul lavoro. La sentenza parlò di “istinto di conservazione” dell’autista dell’autotreno che nel momento si scegliere se travolgere il cantiere e sperare di salvarsi oppure andarsi a schiantare contro la scarpata aveva scelto la prima soluzione. Assolto, questa fu la conclusione. Da allora non è cambiato proprio nulla, o quasi. Non sono cambiate le chiacchiere, anche quelle del presidente Napolitano, che continuano a rompere i timpani e nulla più. Ma calma, tutti tranquilli, ci sarà pure un giudice a Berlino.