MONTE S. G. – E’ stata, come prevedibile, una bella serata di cultura; si è parlato di economia, e non poteva essere diversamente vista la presenza del prof. Giulio Tremonti, docente universitario di economia e già ministro dell’economia nei governi Berlusconi. Il set era quello prestigioso del “Palazzo Marone” di Monte San Giacomo e il contenuto molto ben organizzato dall’assessora alla cultura Angela D’Alto. L’avvenimento, perché di avvenimento si tratta, merita un approfondimento completo e non solo sulla tematica di fondo trattata dal vero ed unico relatore: Giulio Tremonti. Preferisco iniziare dalla fine, cioè dall’ampio ed articolato dibattito che ha animato tutta la serata. La domanda, breve e succinta ma penetrante, sicuramente interessante (e per la scelta del personaggio non vorrei essere linciato !! ma io vado contro corrente, si sa) l’ha posta la dottoressa Caporrino (esponente della minoranza in consiglio comunale) che nel riconoscere all’ex ministro il merito di aver esposto una brillante relazione lo ha, poi, costretto a rivedere (anche se in minima parte) anche le sue stesse convinzioni. Il tema posto dalla Caporrino è molto sottile e con un distinguo di fondo tra il “Gioco delle regole” piuttosto che “Le regole del gioco” sostenute da Tremonti. Sembra un gioco soltanto di parole ma è, forse, la spiegazione di tutto quanto avvenuto in fatto di “regole del potere” che hanno caratterizzato le alterne vicende dell’intera umanità. Insomma non è vero che nel mondo dell’alta finanza l’unica regola è che non ci sono regole, difatti c’è il gioco delle regole. Una risposta sicura l’economista Giulio Tremonti non l’ha data, forse anche perché Egli stesso è stato attraversato, ed in qualche occasione travolto, dal gioco delle regole del potere che gli hanno offuscato la sua rispettabile e puntuale visione globale dell’economia e della politica italiana, europea e mondiale. Si è profuso molto nella spiegazione che la caduta del Muro di Berlino del 1989 ha rappresentato una sorta di passaggio dall’era dello stato-nazione alla globalizzazione economica, quasi come se la caduta di quel muro avesse avviata la “terza rivoluzione industriale” dell’epoca moderna e che ancora non compare nei libri di storia. Ma questo la sappiamo tutti; difatti se la seconda rivoluzione industriale del 1889 (cent’anni prima della caduta del muro) aveva portato alla ribalta lo stato-nazione, cioè la rinascita del popolo contro le oligarchie reali, la prima rivoluzione nata dalla “rivoluzione francese” di fine 1700 aveva ridato a quelle stesse oligarchie il sopravvento su di un lungo periodo buio che proveniva dalle gole più profonde del “Medio Evo”. Insomma il mondo con la prima rivoluzione industriale si dava una sistema di regole che costringevano il popolo alla sudditanza economica ed intellettuale, con la seconda rivoluzione ristabiliva la sovranità del popolo che per diventare conclamata ebbe bisogno di due guerre mondiali, anzi di una sola (come ha giustamente sostenuto Tremonti) perché tra le due non ci fu una soluzione di continuità nelle sue ragioni, effetti e cause. Ma c’è un altro aspetto che l’economista ha sufficientemente chiarito e riguarda la velocità con cui la terza rivoluzione industriale, rispetto alle prime due, ha stravolto le regole del gioco. In venticinque anni, infatti, dal 1989 ad oggi c’è stata un’accelerazione incredibile della velocità del cambiamento che passerà alla storia sotto il nome di “globalizzazione” che non è solo l’affermazione del mercato sulla politica ma, soprattutto, della finanza su tutto e su tutti. E’ la finanza, o meglio la grande finanza, che regola tutti i dettagli della vita cosiddetta moderna e gli stati-nazione forse non si sono resi neppure conto dello stravolgimento delle regole avvenuto anche grazie, o a causa, di internet che ha velocizzato la nostra interlocuzione personale e globale. Ed a questo punto ritorna la valenza della domanda iniziale della Caporrino: gioco delle regole o le regole del gioco. Io personalmente propendo per la prima risposta e cioè che siamo di fronte ad un mondo che si è piegato al “gioco delle regole”; e chi poteva e può condurre questo gioco se non l’alta finanza globale ?
Dopo di che c’è di tutto e si può ipotizzare di tutto, dall’azione delle banche e dei banchieri ai movimenti politici, dai grandi imprenditori alle asfissianti multinazionali; ma tutto viaggia così velocemente che spiazza tutti gli attori in campo e travolge qualsiasi resistenza. Potrebbe, però, anche essere non vero o non completamente vero che la globalizzazione ha bruciato secoli di storia in appena venticinque anni. Bisognerebbe fare un piccolo passo indietro e come suggerito dallo stesso Tremonti fermarsi nel Granducato del Lussemburgo che non è stato né stato-nazione, e neppure globalizzazione; il Lussemburgo, difatti, esce di diritto dalle regole del gioco e sopravvive grazie al gioco delle regole. Fu sacralizzato dal Congresso di Vienna del 1815 (esattamente duecento anni fa) con il conferimento del ruolo di custode dell’economia globale dell’Europa prodotto dalle grandi oligarchie ieri e dalle multinazionali oggi; a ben vedere il Lussemburgo è la maxi stiva di tutte le banche del mondo ed è il motore dell’economia e dell’alta finanza planetaria; non a caso anche un personaggio come Jean-Claude Juncker è spuntato dal cilindro lussemburghese. Praticamente a Monte San Giacomo il noto economista Giulio Tremonti, mostrando un aspetto personale assolutamente simpatico e aperto, ha tenuto una lectio magistralis, cui è difficile assistere in altri luoghi, completa ed esaustiva; apprezzato e applaudito anche dai tanti presenti in sala e sulla stessa tribuna che, forse, in passato hanno spesso contestato pubblicamente le scelte e le idee del professore divenuto negli anni dell’ultimo governo Berlusconi l’obiettivo principale per gli attacchi della sinistra ma anche di buona parte della destra. La soluzione finale naturalmente Giulio Tremonti non la conosce, e con grande umiltà (tra le ruighe) lo ha confessato; ha precisato soltanto che tutto dipenderà dalla qualità politica che riusciremo ad esprimere nell’immediato futuro affinchè la stessa politica riesca a riprendersi quel primato che ora sembra esclusivo appannaggio dell’alta finanza con tutte le conseguenze del caso. L’ospite è stato salutato con parole molto lusinghiere dal direttore generale della Bcc Monte Pruno, Michele Albanese, che con il suo intervento ha evidenziato la grande e profonda cultura economica dell’ex ministro e la necessità di investire in cultura. Il saluto della comunità sangiacomese l’ha, invece, portato il sindaco Raffaele Accetta.
L’incontro con Tremonti (passo alla cronaca spicciola) è stato programmato per l’insediamento del nuovo direttivo del Centro Studi Politici, Sociali e Culturali Palazzo Marone. L’avvenimento, come spesso accade ha avuto un prologo ed un epilogo nelle dichiarazioni, assolutamente fuori luogo, del responsabile del Codacons del Vallo di Diano in merito ad una dichiarazione preistorica di Tremonti sul fatto che con la cultura non si mangia. Bene ha fatto il sindaco Accetta a rimarcare (fonte Il Mattino), e sono profondamente d’accordo con lui, che “il presidente del Codacons, Roberto De Luca, fa un uso personale di un’associazione nata per tutelare gli interessi dei consumatori, perché attraverso le elezioni non è riuscito a farsi valere …”.