SALERNO – Ai tempi di Claudio, imperatore di Roma, il porto di Ostia era divenuto insufficiente. Correva l’anno 42 d.C. quando decise di ricostruirlo ed allargarlo ma l’opera non era perfettamente funzionale e funzionante, le correnti lo riempivano spesso di sabbia. Allora tra il 100 e il 112 d.C. ci pensò l’imperatore Traiano a costruire dietro il primo un secondo porto più protetto, e fu così che prese vita il più grande porto commerciale dell’antichità. Un porto che aveva una capacità di stoccaggio superiore a quella che oggi hanno i porti di New York e Amsterdam messi insieme. Incredibile ma vero, due imperatori romani si erano resi conto che prima di tutto dovevano garantire al cuore dell’impero una logistica portuale con una capacità di stoccaggio tale da far diventare la portualità di Ostia come la più grande del Mediterraneo al fine di consentire alla capitale del mondo ogni tipo di approvvigionamento. I romani avevano, quindi capito, che la portualità era fondamentale e che l’aggregazione di più porti era assolutamente funzionale alle esigenze del tempo. Sono passati duemila anni e in questi venti secoli abbiamo avuto la capacità di dissipare tutto quanto di buono i nostri antenati avevano capito, ideato e realizzato. Alla luce di questa nota storico-politica il comunicato diffuso da un fantomatico “gruppo di operatori portuali” attraverso l’ufficio stampa della “Gallozzi group” mi appare riduttivo rispetto all’enormità del problema, tardivo rispetto alla tempistica di intervento e antistorico se facciamo riferimento a quanto sopra descritto. Il problema è anche che, purtroppo per gli altri, la “Gallozzi group” prevale su tutti i cosiddetti operatori portuali di Salerno e condiziona il loro allineamento alle spalle del vero operatore portuale che è e rimane la stessa Gallozzi. E’ proprio la “Gallozzi group” che ha perso molto tempo e che si è trastullata ondivagando tra la politica di destra e quella di sinistra, negli anni e nei mesi scorsi, nell’attesa di capire come si sarebbe presentato e posizionato il quadro geopolitico regionale e nazionale dopo le elezioni del maggio scorso. Nel frattempo, però, il grande gruppo portuale aveva cercato, perché no, di rastrellare “nel e dal” porto di Napoli tutte quelle attività che potevano essere conquistate grazie all’intelligenza imprenditoriale del gruppo ed alla enorme confusione organizzativa di quel porto. Ora che, invece, la situazione sta radicalmente cambiando ecco affiorare le prime grandi preoccupazioni della “Gallozzi group” che si sente in pericolo rispetto alla cosiddetta “economia di scala e maggiore capacità produttiva” derivante dalle aggregazioni pensate e predisposte dal governo centrale che deve far fronte allo strapotere degli altri Paesi europei ai quali abbiamo ceduto, nei secoli, tutta quella potenzialità che erano riusciti a creare sia Claudio che Traiano. Qui non si tratta di favorire la portualità del nord-Italia e non si può affermare che le sei macro aree (Nord Ovest – Nord Est –Sud Ovest – Sud Est – Sicilia – Sardegna) sarebbero state più esaustive rispetto alla portualità accorpata in 14 autorità (Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Trieste, Venezia, Ravenna, Ancona, Napoli, Taranto, Gioia Tauro, Messina, Palermo, Cagliari); qui si tratta soltanto di “capacità organizzativa” che a Salerno è stata ampiamente e diffusamente dimostrata dalla giusta ed oculata gestione ideata ed attuata da Andrea Annunziata, attuale presidente dell’Autorità Portuale. Ecco perché il lamento della Gallozzi e degli altri operatori al suo seguito è molto tardivo e non ben centrato rispetto al problema essenziale. Non so come un gruppo così brillantemente di successo imprenditoriale come la “Gallozzi group”, forse nell’intento di difendere il suo impero oltre ogni limite, stenti a capire che soltanto manifestando una eccellente organizzazione si può far fronte allo strapotere di Napoli in tutta la Campania; il punto è che se Napoli si organizza riesce subito a fagocitare tutti e tutto. Questo è, forse, lo spauracchio per tutti gli operatori portuali che fino ad oggi hanno vissuto vita facile all’ombra di un grande modello organizzativo gestito dalla nostra Autorità Portuale; questo, in sintesi, è il rischio che Gallozzi non vuole correre. Ma c’è anche un altro aspetto della battaglia, tardiva ed antistorica, che gli operatori portuali -sospinti dalla Gallozzi- cercano di far veicolare anche attraverso la stampa; mi meraviglio, difatti, che perdono tempo a cercare di controbattere un “mostro statale” che ha già deciso tutto invece di impegnarsi a che la futura Autorità Unica della Campania possa avere una guida generale a garanzia di tutti, una guida come quella di Salerno, e perché no proprio lo stesso presidente di Salerno. E’ questa la battaglia da portare avanti tutti insieme, è questa (come ho già scritto) la battaglia che deve essere portata all’attenzione del governatore De Luca che (al di là delle “politiche” nomine e contro nomine, inutili e pericolose, nella sanità) dovrebbe impegnarsi a fondo per la ristrutturazione di tutta la portualità campana assegnando a Napoli la leader schip mettendoci semmai un sicuro condottiero al vertice organizzativo dimenticando, per qualche minuto, la ricostruzione del cosiddetto “cerchio magico” che ha intorno a se e che non si sta dimostrando all’altezza della situazione territoriale campana. Questa è la vera sfida per Salerno se vogliamo tutti insieme, operatori portuali compresi, difendere la nostra economia, la nostra occupazione e il nostro futuro.
direttore: Aldo Bianchini