Aldo Bianchini
SALERNO – Ieri vi ho lasciato con la domanda “perché sono state intercettate le telefonate e gli sms tra il giudice Anna Scogniamiglio, il marito Guglielmo Manna e il capo staff Nello Mastursi ?” e di seguito con “Ma come hanno fatto gli inquirenti a sospettare di un giudice al di sopra di ogni sospetto ?”. Queste le domande che ognuno di noi dovrebbe porsi per capirne di più in questa intricata vicenda, anche al di là delle precipue e rispettive responsabilità e caratterizzazioni dei personaggi in campo che non sono pochi. Per azzardare qualche domanda bisogna andare un pochino indietro nel tempo e ripartire dal momento in cui Vincenzo De Luca aveva vinto le elezioni regionali e, tra mille incertezze e cavilli giudiziari, si avviava a governare la Regione Campania. Probabilmente intorno al suo staff comincia a muoversi un corvo che si infila dappertutto e contando sull’amicizia diretta e completa con qualcuno dei più stretti collaboratori del kaimano riesce ad intuire che occorre salvare capre e cavoli e portare all’interno del “cerchio magico” l’importante offerta di una sentenza addomesticata che doveva essere pronunciata di lì a qualche settimana, ovvero subito dopo la sentenza già acquisita di “sospensione provvisoria della sospensione” (2 luglio 2015) rinviando ogni ulteriore decisione al Tribunale Ordinario, verso cui i difensori di De Luca subito si rivolgono con apposito ricorso in punta di diritto amministrativo (e qui è stata importante anche l’opera di Fulvio Bonavitacola nella preparazione del ricorso); il Tribunale Ordinario fissa l’udienza per il 17 luglio 2015 e viene indicata la “sezione civile” che deve decidere nel merito del ricorso. Quindi fino al 2 luglio nessuna combine era possibile perché non si poteva prevedere a quale sezione sarebbe stato assegnato il caso; cosa è accaduto tra il 2 e il 17 luglio lo sanno soltanto i protagonisti di questa complicata vicenda. A questo punto ogni tesi ricostruttiva è lecita, si deve comunque partire dal fatto che per mettere sotto controllo le linee telefoniche del marito di un giudice (e forse del giudice stesso !!) non lo si fa, così, semplicemente; per farlo ci vogliono sospetti gravissimi su quanto potrebber5 avvenire e sulla condotta specifica del marito del giudice, a meno di pensare che le intercettazioni sono state disposte perché il congiunto era già implicato in altre gravi vicende giudiziarie. Viene da pensare, quindi, che su tutta la vicenda ha disteso le sue ali il “famigerato corvo” sulla cui identità c’è il massimo segreto. Questi, se si segue l’iter investigativo, ha avvertito in anticipo le forze dell’ordine o direttamente la Procura di quanto stava per avvenire in quei quindici giorni utili, dal 2 al 17 luglio, per addomesticare una sentenza che sarebbe stata resa pubblica il 22 luglio 2015. Ma se davvero esiste un corvo, perché quest’ultimo ha deciso improvvisamente di far saltare il banco ? Difficile dare una risposta, tutte le ipotesi sarebbero possibili; mi astengo da qualsiasi formulazione per non influenzare minimamente l’opinione di Voi lettori. Ma andiamo avanti. A livello molto sotterraneo la vicenda comincia a complicarsi e, stando alle intercettazioni già pubblicate da molti giornali, iniziano vere e proprie minacce nei confronti di chi si era fatto propulsore dell’accordo quasi come se l’avesse richiesto direttamente Vincenzo De Luca, il quale probabilmente è ancora all’oscuro di tutto tra la fine di luglio e l’inizio di agosto.
Qualcosa, però, comincia ad incrinarsi nel rapporto tra i vari componenti del cosiddetto “cerchio magico” che accompagna De Luca da diversi anni; prova ne è la presenza anche a Napoli del responsabile dell’ufficio stampa del Comune di Salerno che lavora (un passo dietro De Luca !!) fin dal dicembre del 1993 all’epoca della prima elezione di De Luca a sindaco di Salerno. Difatti suona abbastanza strana l’epurazione improvvisa e senza alcun preavviso del predetto addetto stampa per far posto, senza alcuna spiegazione, ad un altro prontamente fornito dal quotidiano “Il Mattino” di Napoli. Passa poco più di un mese ed ecco la mazzata delle dimissioni, per finti motivi personali, di uno dei fedelissimi del kaimano (Nello Mastursi); il resto è storia di questi giorni, anche le sbadataggini e le cavolate raccontate dal governatore ad ogni conferenza stampa; farebbe molto meglio a zittire ma non è nel suo dna; De Luca è così da sempre, prendere o lasciare, e con le sue battute al vetriolo riesce a nascondere anche la brutalità con cui, giustamente, si libera di tutti quelli che cadono in disgrazia o rischiano di mettere in discussione la sua macchina da guerra. Fino alla furiosa lite tra Fulvio Bonavitacola e Nello Mastursi, lite alla base del siluramento, tutto però è andato abbastanza secondo le previsioni. Ma un errore enorme viene comunque commesso non soltanto da De Luca ma, soprattutto, dalla sua armata di avvocati difensori: primi fra tutti Fulvio Bonavitacola, Antonio Brancaccio e Paolo Carbone. Se è vero come è vero che il 28 ottobre 2015 De Luca ha chiesto al Procuratore di Roma di essere ascoltato, non si capisce perché nonostante l’esperienza dei legali e l’intelligenza strategica di De Luca nessuno di loro abbia pensato di inviare, nei giorni successivi al 28 ottobre, una relazione dettagliata allo stesso Pignatone. Un uomo politico importante, ma anche forse un semplice cittadino, una cosa del genere la fa al di là di ogni ragionevole innocenza; in questo modo De Luca avrebbe fugato ogni dubbio anche in merito al fatto che qualcuno possa ora pensare che Lui “non poteva non sapere”. Insomma una serie incredibile di errori che ha determinato, per la prima volta in assoluto, una frattura nel cerchio magico che aveva resistito, nel non lontano 2005/2006 a ben tre richieste di arresto per diversi suoi componenti, compreso l’allora deputato Vincenzo De Luca. Nelle ultime ore Matteo Renzi è intervenuto nella vicenda dicendo che “De Luca ha il diritto-dovere di governare, se ne è capace; ho piena fiducia nell’operato della magistratura”; esattamente le stesse identiche parole che aveva pronunciato per Ignazio Marino. E sappiamo tutti come è andata a finire.
direttore: Aldo Bianchini