Aldo Bianchini
SALERNO – Era giusto così. Salerno ne decretò la demolizione e Salerno ha ospitato, a distanza di sei anni da quell’avvenimento, la prima della presentazione del libro “Il navigatore. Achille Lauro una vita per il mare” scritto dal nipote ingegnere Achilleugenio a 35 anni dalla morte del nonno. In una rivisitazione, quasi surreale, tra verità e mito, il nipote parla del grande “Comandante” e lo fa rivivere di nuovo in mezzo alla gente, a chi lo acclamava ed a chi lo contestava. Il Comandante era fatto così; veniva dall’altro secolo; era nato nel 1887 a Piano di Sorrento e da giovane aveva attraversato tutta la seconda rivoluzione industriale, fino al punto di capirne tutti i risvolti e tutte le possibilità che essa offriva ad un giovane pieno di forza e di volontà imprenditoriale. La storia di Achille Lauro è stata un po’ come tante altre storie di famiglie definite dalla storia “casta proletaria arricchita”. Anche se Achille era nato in una famiglia di “armatori” già molto agiata; quinto de sei figli di Gioacchino Lauro e Laura Cafiero; ma lui, Achille, ci mise la classica ciliegina sulla torta per diventare il più grande armatore italiano di tutti i tempi arrivando a 99 navi di proprietà. Subentrò ad Ascarelli alla presidenza del Napoli e tutta la sua lunghissima gestione del club partenopeo fu contrassegnato da grandi colpi di mercato e dalla conquista di una coppa Italia. Raggiunse il record, in politica, di essere il più votato alle comunali ed alle elezioni per il parlamento, arrivando per l’epoca (anni ’50) a numeri irripetibili come 300mila voti alla comunali e ben 680mila alle nazionali. Su Achille Lauro si potrebbe scrivere di tutto e di più, ma il suo grande amore per il mare ha coperto, si fa per dire !!, anche tutte le cose sbagliate che comunque ha inanellato nel corso della sua lunghissima vita; morì nel 1982 alla veneranda età di 95 anni dopo averne viste di cotte e di crude ed aver assistito al parziale sfaldamento del suo enorme impero. Rivaleggiava con Aristotele Onassis non soltanto per le follie imprenditoriali ma anche per la passione degli yacht più alla moda di quei tempi;
e sicuramente il Karama, un trialbero con motore Rolls Royce Motor Cars (una sfida nella sfida !!), aveva rappresentato per decenni il punto massimo della guerra fredda tra i due grandi armatori combattuta a colpi di yacht luccicanti e bellissime donne, feste e festini da mozzafiato in giro per tutto il Mediterraneo e apparizioni finali nella rada di Montecarlo; e i red-carpet per Kim Capri (al secolo Eliana Merolla) per le lunghe fughe d’amore con l’ormai 79enne Comandante. Poi il declino inevitabile e penoso, e la fine di tutti i sogni; il Karama venne parcheggiato nei cantieri Gatto di Salerno nel lontano 1965. Per lunghissimi anni si scatenò una battaglia sulla proprietà dello scafo e poi sulle palesi responsabilità di chi lo aveva lasciato esposto alle incurie del tempo. Nel 2009, l’ 11 di maggio, purtroppo la decisione drammatica di demolirlo al fine di evitare pericoli per l’incolumità della gente, dopo che anche l’ultimo tentativo di raccolta di fondi ovvero l’asta su E-Bay; sarebbero serviti 7-8 milioni di euro per restituirlo alla sua dignità, ma l’asta andò deserta e la scure, anzi una ruspa, fatalmente si avventò sulla penosa struttura. Quella mattina ero presente al momento della demolizione, tutta la stampa salernitana era presente. Negli ultimi giorni era intervenuto anche il ministro Sandro Bondi, ma i soldini non li tirava fuori nessuno. Lungo ed a tratti anche commovente il discorso di Andrea Annunziata (presidente dell’Autorità Portuale) poco prima dell’assalto della ruspa: «Credo che il salvabile sia stato salvato. Recuperarlo era impensabile”; difatti dello scafo furono salvati alcuni pezzi ora custoditi dal Comune. Meno male che il Comandante non c’era più, per Lui sarebbe stato come una stilettata diretta al cuore. L’altra sera, nel salone dei marmi del Municipio di Salerno il nipote ha tenuto banco avendo di fronte una platea molto attenta.
direttore: Aldo Bianchini
Quella mattina ero presente al momento della demolizione, tutta la stampa salernitana era presente.
Sono perplesso,Direttore….mi hanno sempre detto che le ruspe entrarono in azione di notte….come quando è stato demolito pal. Sabbetta già d’Avossa in via Masuccio Salernitano e in tante altre occasioni dove l’oscurità della notte copriva i “delitti deluchiani”…
Dello scafo furono salvati alcuni pezzi ora custoditi dal Comune….MENZOGNA degli stessi assassini . Se è certo di quanto scrive (certamente in buona fede) , non le sarà difficile
recuperare foto delle ruspe in azione (alla luce del giorno) da quella moltitudine di giornalisti presenti all’esecuzione . Che certamente pubblicherà .
Ma un Museo del Mare , magari presso l’Istituto Nautico (distrutto anch’esso) , il Mercato Ittico , un Acquario, un discorso legato al mare e alla cultura del mare su quell’area non era possibile al posto del mostro Crescent , vero?? Un a identità culturale e territoriale unica protesa verso le due costiere non sarebbe stata la logica da seguire ? Cordiali saluti