SALERNO – Ho raggiunto una discreta età per chiedere e chiedermi in quale Paese strano viviamo tutti noi italiani. Si parla, ormai, da anni della ristrutturazione dell’intera portualità italiana e del rilancio della sua logistica anche sotto il profilo delle innovazioni tecnologiche ed organizzative che galoppano e vanno come il vento in tutto il mondo. Pensate un po’ che mentre nell’altra parte del mondo è stato raddoppiato e aperto al traffico il nuovo Canale di Suez, e sta per essere completato l’ampliamento del Canale di Panama noi nel nostro mondo ci trastulliamo con leggi e decreti nel tentativo annoso di riorganizzare, almeno sulla carta, la portualità nostrana che è stata onore e vanto per secoli del nostro Paese. Mentre dall’altra parte del mondo hanno messo già in atto la direttrice marittima mediterranea “Suez – Algeciras” che baipassa tutti i percorsi storici verso l’Italia, noi ci trastulliamo con incontri stampa e convegni nei quali ognuno fa sfoggio delle sue conoscenze illustrando, sempre e solo sulla carta e a chiacchiere, progetti fantasmagorici che non saranno mai realizzati; e scendiamo sempre di più nella scala dei valori internazionali e mondiali. Algeciras, un modesto porto spagnolo, già movimenta un traffico commerciale che fa impallidire l’intera Europa, e noi invece variamo le sigle della nuova portualità. E’ vero che siamo stati sempre amanti delle sigle, ma se decenni fa avevamo dalla nostra il vantaggio della geopolitica in quanto tutto il Mediterraneo passava per l’Italia, ora questo vantaggio ci è stato annullato dalla globalizzazione, e noi non ce ne siamo accorti, impegnati come siamo nella ricerca delle sigle. Grazie a quel vantaggio geografico un tale dal nome di Enrico Mattei riuscì a bloccare le cosiddette “sette sorelle” del petrolio, ora siamo ridotti ad elemosinare qualche rimasuglio di trasporto marittimo per sopravvivere. Ma siamo sempre intenti alla ricerca delle sigle. Pensate un po’, prima avevamo per ogni porto principale una identificabile ”Autorità Portuale” autonoma e indipendente, destinata a sopravvivere o a soccombere in base alle capacità organizzative specifiche di quel territorio; ora abbiamo ben otto sigle che definiscono ben otto diversi e distinti enti con capacità autonome ed incrociate e con ruoli che inevitabilmente si sovrappongono, tali da fare di tutta l’erba un fascio da cuocere in un unico calderone. Cominciamo con il PSNPL (piano strategico nazionale della portualità e della logistica) con sede, naturalmente a Roma e con un proprio autonomo CdA e, forse, anche una Società di Gestione e con tanti consiglieri sia nel CdA che nella Società. Immediatamente al di sotto ci dovrebbe essere l’ ADSP (autorità di sistema portuale), sempre sito in Roma e con un altro CdA e un’altra Società; a seguire dovrebbe esserci il PRSP (piano regolatore sistema portuale), inutile ripetere con sede a Roma e le stesse caratteristiche del primo. Finalmente si scende sul territorio con l’ UT (ufficio territoriale), con la DP (direzione portuale) e a seguire con il TPRM (tavolo partenariato risorsa mare), naturalmente segue il CG (comitato di gestione) e, infine, il CCM (comitato cluster marittimo); tutti questi con un’altra infornata di CdA, di Società di gestione e di consiglieri. In questi meandri di sigle sembra essersi intruppato anche il nuovo ministro delle infrastrutture Graziano Del Rio che vorrebbe vederci chiaro: come, dove e quando ? E’ una delle riforma di Renzi, strombazzata ed annunciata più volte; anche Debora Serracchiani che governa un territorio montano pontifica sulla vicenda ed evidenzia nei discorsi una conoscenza del problema che fa impallidire anche il semplice marinaio che con la sua scappavia va ancora a remi. Siamo di fronte questa volta ad un postificio (termine caro a De Luca) calato dall’alto ed atteso, forse, da tutti. Non conosco il pensiero di Andrea Annunziata, presidente dell’attuale Autorità Portuale di Salerno, nel merito della nuova riorganizzazione; conoscendolo ho qualche dubbio che possa essere felice della situazione, soprattutto quando andrà all’estero per spiegare e vendere il “prodotto italo-salernitano” non so se riuscirà ancora a far capire che la sua amata Autorità è ormai incapsulata in un groviglio di sigle, di CdA, di Società di gestione e di consiglieri pronti a dire tutto e il contrario di tutto, alla faccia della velocizzazione decisionale che il presidente Annunziata ha spinto ai massimi livelli possibili. E sulla scena, negli ultimi giorni, è arrivato anche Agostino Gallozzi contro l’authority unica della Campania; finalmente anche lui si è svegliato dal lungo letargo, ma di questo scriverò nel prossimo articolo.
direttore: Aldo Bianchini
Si rimane sconcertati nel leggere la più che comprensibile e amara sintesi riportata in questo editoriale, che dà conto di un inspiegabile groviglio burocratico/organizzativo incombente sulla portualità italiana.
Sono già cominciati ad apparire all’orizzonte i primi personaggi (… e speriamo di non dover usare il termine caro a Vincenzo De Luca e ripreso da Crozza nelle sue imitazioni), i quali non si astengono dall’emettere sentenze, benchè raramente suffragate da idonee e specifiche competenze.
Speriamo solo che nel prossimo futuro ci si possa ricredere e assistere a risultati rapidi, efficienti e efficaci.