SASSANO – Che piaccia o no, Tommaso Pellegrino riesce sempre a portare a Sassano e nel Vallo di Diano personaggi di spicco non solo sul piano politico ma anche su quello giudiziario. I suoi detrattori, visibili o nascosti, se ne facciano una ragione; il sindaco di Sassano sta rendendo un grande servizio, attento e meticoloso, di legalità alla sua comunità ed all’intero Vallo di Diano. Sabato 26 settembre 2015 è stata la volta del parlamentare PD Gerolamo Grassi (detto Gero) per la sua lectio-magistralis sull’eterno “Caso Moro” inerente il rapimento, il massacro dei cinque uomini di scorta e l’uccisione dello statista Aldo Moro che in quel momento rivestiva la carica di “presidente nazionale della Democrazia Cristiana”. Più che una lectio-magistralis Gero Grassi ha raccontato una storia, la sua storia sul caso Moro, e lo ha fatto in un modo assolutamente accattivante e credibile riempendo il suo lungo ed articolato intervento di date, località, nomi e cognomi, circostanze politiche. Ma rimane pur sempre una storia, addirittura da inserire nei libri scolastici, ma sempre una storia a compendio di una tesi ricostruttiva certamente credibile e che svela il numero dei brigatisti presenti quella mattina del 16 marzo 1978 in Via Mario Fani, luogo prescelto per l’agguato “a cancelletto” (secondo una tecnica perfezionata in Germania dalla Banda di “Andreas Baader e Ulrike Meinhof”) in quella che passerà alla storia come “l’operazione Fritz” decisa ed organizzata soltanto un mese prima della sua pratica attuazione. In Via Fani quella mattina, dicevo, giunsero ben 14 terroristi ed un numero imprecisato di fiancheggiatori tuttora senza identità (Rita Algranati, Barbara Balzerani, Francoi Bonisoli, Anna Laura Braghetti, Alessio Casimiri, Raimando Etro, Adriana Faranda, Raffaele Fiore, Prospero Gallinari, Alvaro Lojacono, Germano Maccari, Mario Moretti, Valerio Morucci e Bruno Seghetti); di tutti questi oggi sono ancora in carcere soltanto Algranati, Etro e Seghetti a pagare per l’azione eversiva contro lo Stato più clamorosa della storia di questo Paese. In tanti (primo fra tutti Carlo Bo) hanno definito il rapimento e l’uccisione di Moro come “delitto dell’abbandono”; difatti Gero Grassi ha sapientemente messo in risalto come e perché Moro non fu supportato dal suo partito e abbandonato a se stesso da un Parlamento che nel corso dei famigerati 55 giorni (tanto durò il sequestro !!) si chiuse in un assordante silenzio. Secondo la versione dei fatti illustrata da Grassi pochi personaggi possono essere, a distanza di trentasette anni, additati tra i veri responsabili della morte dell’uomo politico italiano più sbilanciato verso la sinistra e verso il PCI che in quel momento era il partito comunista più grosso dell’occidente. La CIA, il KGB, il Mossad (tanto per citare soltanto alcuni servizi segreti stranieri) con l’aggiunta dei nostri “servizi”, di tanti personaggi di mezza figura e poi in particolare di Giulio Andreotti e Carlo Alberto Dalla chiesa (il generale di ferro) protagonista di tante battaglie contro le BR e primo militare-uomo dello Stato ad entrare nel covo di Via Gradoli dove presumibilmente Aldo Moro era stato tenuto prigioniero. Io personalmente non credo che tutte le colpe possano essere addebitate ad Andreotti e Dalla Chiesa anche se, come Grassi, ritengo che l’uccisione del generale a Palermo sia stata provocata più dai veleni residuati dopo il caso Moro che dalla mafia siciliana. Ho letto più volte il libro “Delitto imperfetto” scritto da Nando Dalla Chiesa (figlio del generale) che pone tra le tante una domanda importante che riassumo così: “Dal momento in cui i primi proiettili attingono mio padre in Via Carini il 3 settembre 1982 e fino al momento in cui la Digos entra in Prefettura ed apre la cassaforte passano sette minuti; ebbene in quei sette minuti la cassaforte di mio padre venne svuotata. Da chi e perché ?”. Una domanda che, ovviamente, è rimasta senza risposta. Ma chi era Aldo Moro, o meglio qual è stato il personaggio politico Aldo Moro; lo ha spiegato brillantemente Gero Grassi. Moro è stato quel personaggio politico che aveva intenzione di sintetizzare in tre distinti momenti il riavvicinamento tra la DC e il PCI per portare il più grande partito comunista dell’occidente nel giusto alveo del “governo di solidarietà nazionale” nell’ambito di quel discorso più completo ed articolato passato alla storia come il “compromesso storico”. In pratica Aldo Moro intendeva prendere il meglio del capitalismo e dell’autoritarismo, miscelarli insieme e governare il Paese per il tempo necessario alla sua rinascita e per arrivare, alla fine, alla divisione della politica in due grandi blocchi “destra e sinistra” che avrebbero dovuto garantire “l’alternanza di governo” nell’ottica di una democrazia compiuta ed adulta: “Non si può vivere contro. Bisogna vivere insieme. Bisogna vivere confondendosi … dando ognuno di noi il meglio, anche quelli che apparentemente sono avversari o di un’altra parte politica”. Al condivisibile e rispettabile pensiero di Grassi va aggiunto, a mio sommesso avviso, che l’attentato di Via Fani, probabilmente voluto sia dall’America che dalla Russia, bloccò il grande progetto moroteo perché i tempi non erano maturi; lo stesso progetto, più o meno rivisto e ridisegnato, sta per essere realizzato a distanza di quarant’anni anche se per farlo è stato necessario abbattere la prima e la seconda repubblica, il muro di Berlino, l’impero sovietico e il comunismo; ma nessuno aveva forse calcolato che nelle more di queste epiche trasformazioni avrebbe preso il sopravvento su tutto la “globalizzazione” che, nei fatti, sta trascinando tutti verso altre e più lucrose posizioni per l’economia e la finanza che sempre hanno governato le sorti del Mondo. Aldo Moro, ovviamente, non poteva immaginare e comprendere nel suo pur fantascientifico progetto politico quanto testè esposto, così come non poteva neppure lontanamente prefigurare la “primavera araba”, l’avanzata economica della Cina, dell’India e del Brasile che avrebbero messo in discussione la leader-schip dell’Europa, della Russia e degli stessi Stati Uniti d’America in un riassestamento planetario che riserverà ancora clamorose sorprese per le generazioni future. Ed è proprio alle generazioni future, ai giovani, che “la storia di Gero Grassi” dovrebbe essere raccontata, così come la sa raccontare soltanto lui, con la professionalità e la passione giusta e con il cuore rivolto sempre all’uomo ed al politico Aldo Moro, conosciuto davvero pochissimo. Ma Gero Grassi è un indomito per natura ed ha già presentato, prima di8 Sassano, la sua storia in 18 regioni, 63 province, 132 comuni, 12 capoluoghi di regione e 48 di provincia ed ha impegnato e coinvolto 104 deputati Per chiudere è giusto ricordare che la presenza di Grassi a Sassano è stata l’occasione per inaugurare una sala di Palazzo Picinni, intitolata al grande statista scomparso, alla presenza dei parlamentari Tino Iannuzzi e Sabrina Capozzolo, il segretario provinciale PD Nicola Landolfi e il responsabile del Vallo di Diano Mimmo Cartolano.
direttore: Aldo Bianchini