SALERNO – Nel viaggio che stiamo compiendo attraverso le attività portuali italiane e salernitane è emerso con chiarezza un elemento distintivo tra il “porto di Salerno” e tutti gli altri porti italiani. Questo elemento distintivo è dovuto al fatto che, nonostante le difficoltà strutturali, a Salerno come per incanto si perde meno tempo degli altri porti per le operazioni importantissime di carico e scarico; operazioni che in passato hanno segnato quasi sempre in negativo la struttura portuale salernitana. Il “modello organizzativo” voluto e imposto dal presidente dell’Autorità Portuale, on. avv. Andrea Annunziata, ha segnato una precisa linea di demarcazione tra passato, presente e futuro, realizzando quasi un miracolo in una struttura che per dimensioni e ubicazione era destinata all’inevitabile declino. Il presidente Annunziata non solo ha lanciato il suo modello organizzativo, apprezzato in varie parti del mondo, ma ha pensato anche al futuro avviando lavori di ristrutturazione e di ampliamento decisivi per lo sviluppo delle attività commerciali e turistiche legate al porto di Salerno. I due trafori di Porta Ovest ne sono la rappresentazione plastica più importante, anche se il presidente non si è fermato qui ed ha tentato di far capire, e su questo sta battagliando in sede politica, che Porta Ovest da sola non basta per lo sviluppo futuro e che per garantirlo bisogna innanzitutto allestire le piattaforme finalizzate alla movimentazione delle merci, per collegare poi il tutto con apposito ramo autostradale con le direttrici Napoli-Bari e Napoli-Gioia Tauro che saranno allacciate al grande “corridoio scandinavo-mediterraneo” che da Helsinki, via Stoccolma, scende per la Germania e l’Austria, attraversa il Brennero e da Verona si dirama verso l’alto Tirreno (La Spezia, Livorno) l’alto Adriatico (Ravenna, Ancona) e con un ramo dovrebbe scendere vero sud fino a Napoli – Gioia Tauro – Palermo da un lato, e Bari – Taranto dall’altro. Questo nel quadro generale dei grandi trasporti europei e asiatici nell’ambito di una radicale trasformazione dello scambio e della commercializzazione delle materie prime e dei prodotti finiti. Se il porto di Salerno rimane fuori da questo discorso transcontinentale e nazionale sarà destinato al lento ma inesorabile declino, fino ad appiattirsi ai livelli di piccoli porti per la gestione interna delle risorse mare senza più avere la possibilità di affacciarsi sul grande scenario nazionale ed europeo verso cui portava e porta il “modello organizzativo” del presidente dell’Autorità Portuale salernitana. Naturalmente si dovrà anche pensare ad un raccordo ferroviario con la direttrice di alta velocità che dovrebbe arrivare fino ad Eboli; l’ipotesi oggi praticabile è solo quella di un tunnel che dal porto arriva nell’agro nocerino-sarnese per allacciarsi alla predetta direttrice. Oggi la disponibilità di un raccordo ferroviario è di assoluta necessità; difatti tutti i porti che ne dispongono (da Civitavecchia e Gioia Tauro) stanno già crescendo a passo molto più veloce di quello di Salerno che aveva il suo raccordo ferroviario e che sciaguratamente fu distrutto per fare, in via ipotetica, la città più bella e più funzionale. Sembra quasi che sia stato sfruttato quel momento di grande impatto mediatico avutosi a causa della morte della zia dell’ex senatore Alfonso Andria in modo tale da far passare nell’immaginario collettivo la convinzione dell’inutilità e pericolosità di quei binari che attraversavano Piazza della Concordia. Oggi in tanti affermano che quella fu solo una banale scusa per chi voleva divellere quei binari soprattutto nella ex zona delle Chiancarelle perché lì doveva sorgere la piazza più grande d’Europa. Fatto sta che ci ritroviamo con le pive nel sacco costretti con le spalle contro le montagne del retroporto e con la speranza che i due trafori in corso d’opera diano un po’ di respiro alle attività portuali ben sapendo che le stesse non potranno essere esaustive. Nel mondo, in generale, si ricomincia a privilegiare il trasporto su ferro rispetto a quello su gomma e per questa ragione lo smantellamento frettoloso della ferrovia che univa la stazione al porto appare sempre più grave ed irrisolvibile, almeno nei tempi brevi che impone la riforma europea dei trasporti. Sul fronte della riorganizzazione della portualità italiana con la soppressione di varie Autorità Portuali tutto tace ed al momento non è ancora chiaro quale sarà il destino del nostro porto e, soprattutto, dell’uomo che lo ha fatto rinascere a nuova vita. I recentissimi conclamati successi, se da un lato danno in crescita Salerno del 56% per traffico crocieristico e Napoli soltanto del 2,2%, dall’altro lato stigmatizzano che tra Salerno e Napoli ci sono ancora distanze siderali in quanto lo scalo partenopeo va verso 1.200.000 passeggeri l’anno, mentre Salerno si attesta e rimane intorno ai 100mila. Ma Salerno cresce anche nel traffico complessivo (+ 24%), traffico merci in contenitori (+ 43%) e traffico merci Ro-Ro (+ 18%); e questi dati stanno a dimostrare la sostenibilità del mio discorso in materia di “modello organizzativo” ideato e voluto da Annunziata, un modello che se sapientemente applicato a Napoli farebbe ritornare subito la Campania e tutti gli altri suoi porti al centro dell’intero traffico del Mediterraneo. Ma Napoli si dibatte da sempre tra polemiche, denunce e contraccolpi che inducono Bruxelles a ritirare anche i fondi già resi disponibili in un’altalena di interessi politici privati consumati nel nome della collettività. Se Vincenzo De Luca risolverà questo problema potrà anche e per davvero passare alla storia.
direttore: Aldo Bianchini
Sono generalmente in accordo con il Direttore A. Bianchini e con le sue circostanziate considerazioni, allorché illustra la situazione del Porto commerciale di Salerno, evidenziandone pregi e difetti.
Anche in questa puntata richiama l’attenzione del lettore sulla bontà del “modello organizzativo” ivi in atto per le operazioni di carico e scarico e di smistamento delle merci, che consente ad una struttura, fortemente penalizzata dal territorio al contorno, di conseguire comunque risultati più che positivi, sempre in crescita e universalmente apprezzati.
Devo invece esprimere il mio giudizio critico sulla parte che riguarda “… la ferrovia che non c’è più!!”.
Intanto, mi sembra tardivo sottolineare la mancanza di un raccordo ferroviario solo ora che si assiste al forte trend di crescita di tale sistema di trasporto, anche per effetto e in previsione dell’attivazione dei lunghi corridoi internazionali di AV e AC, che nell’immediato futuro collegheranno le regioni più distanti del nostro continente (e … perfino con quelle asiatiche) con una rete infrastrutturale da cui non si può né si deve rimanere esclusi.
Il fatto che lo scalo salernitano sia in assoluto privo della possibilità di entrare a far parte di detto reticolo costituisce in ogni caso un fattore negativo (E’ come se, invece di attrezzarsi per l’uso di internet, si voglia persistere nel comunicare solamente via telefono e fax!!).
Né credo che si debba ancora recriminale l’eliminazione del desueto binario sul Lungomare Trieste per una “improvvida” decisione presa sull’onda emotiva di un incidente mortale.
Quel tragico evento ne sarà stato pure una concausa. Ma, dovrebbe essere pacifico che affidarsi ad un binario “cittadino” di quella configurazione, per effettuare ripetuti trasporti di merci e container, era una pia illusione.
La sua scarsa funzionalità, oltre naturalmente all’impatto sul contesto urbano, ne misero in evidenza l’inutilità, con la conseguente rinuncia ad un impiego divenuto ormai sporadico e infruttuoso.
La mancata decisione di avviare contestualmente l’esame concreto di soluzioni alternative di uguale tipologia, come da tempo veniva suggerito da alcuni osservatori, ha dato luogo al ritardo per cui adesso appaiono più palesi le carenze infrastrutturali del porto commerciale.
Si dibatté su cosa fare e ineluttabilmente affioravano le problematiche legate alla posizione del porto:
“a) aveva alle sue spalle pochi spazi non solo per creare adeguate facilities retroportuali, ma anche per il deflusso dei mezzi di trasporto;
b) si riesumavano le mai sopite aspirazioni alla delocalizzazione verso sud-est e sistematicamente spuntavano ostacoli di altra natura, non meno difficili da superare;
c) si sottolineavano i vantaggi derivanti da un diverso uso dello scalo auspicandone la destinazione solo per attività turistiche e per la nautica da riporto; ecc.”
Peraltro, anche un massiccio e continuo impiego di automezzi su gomma creava situazioni di impatto sulle strade e di disturbo alla città assimilabili a quelle del treno sul lungomare, a meno di non approntare un piano di viabilità compatibile con l’orografia esistente.
Ecco quindi il Viadotto Alfonso Gatto e poi di recente l’avvio dei lavori per la Porta Ovest.
Sul primo non occorrono commenti!!
L’altra infrastruttura è ancora in divenire, ma, nel confronto con un collegamento diretto verso l’agro nocerino-sarnese, attrezzato anche con un doppio fascio di binari, essa risulta carente per versatilità di utilizzo e potrebbe non fornire una piena e adeguata funzionalità.
Non assicura infatti una auspicabile e sufficiente disponibilità di spazi nel retroterra, né dà certezze sulla effettiva fluidificazione del traffico veicolare a ridosso degli svincoli autostradali a monte.
E’ quindi verosimile che le predette infrastrutture create per la viabilità su gomma, ugualmente impegnative per difficoltà tecniche di esecuzione, per i tempi di ultimazione, per gli oneri economici e finanziari richiesti, potrebbero andare incontro ad una valutazione di costi /benefici, proiettata nel tempo, non altrettanto positiva.
Per concludere, non disconosco l’importanza di tenere desta l’attenzione sull’iter ministeriale e sui contenuti del provvedimento di riordino organizzativo e funzionale delle Autorità Portuali.
E’ altresì accettabile l’opposizione, sia pure tardiva, verso alcune determinazioni penalizzanti per quanto attiene propri diritti edificatori.
Non possono d’altro canto neppure mancare altrettante azioni di convincimento delle competenti Autorità politiche locali e nazionali e di capillare coordinamento con tutti gli operatori interessati alla tematica del porto, affinché il problema del raccordo ferroviario acquisti la necessaria evidenza, venga riconosciuto come non più eludibile e la sua realizzazione sia inserita fra le opere infrastrutturali di valenza nazionale, da finanziare con la dovuta priorità, sia con fondi pubblici che con il concorso dei privati.
La lettura del Sole 24 Ore di ieri 3 novembre 2015 mi ha fornito lo spunto per tornare su un ben noto argomento che chiama in causa anche il Porto di Salerno.
La mia attenzione è stata infatti attirata dal Rapporto n. 24 “Infrastrutture & Imprese”, ivi accluso, nel quale lo scalo salernitano compare due volte in bella evidenza:
– nella sezione Architettura, dove in un articolo a firma di Mariagrazia Barletta si fa il punto sulla Stazione Marittima di Zaha Hadid di prossima apertura ed entrata in esercizio a favore di passeggeri e turisti in transito per la città;
– in secondo luogo, nel ben visibile riquadro a pié di pagina recante l’intestazione dell’Autorità Portuale e la scritta “The Port of Salerno – Touching the Difference” campeggiante su uno sfondo blu occupato da sagome stilizzate di natanti, gru di banchina, ecc.
Per una singolare coincidenza di impaginazione, proprio a lato di detta inserzione pubblicitaria c’è un articolo su tre colonne di Marco Morino dal titolo “INVESTIRE SULLA LOGISTICA CONVIENE”, nel quale sono esposte alcune considerazioni sul tema della distribuzione delle merci.
La singolarità dell’accostamento consiste nel fatto che l’Autore, nel sottolineare l’importanza della logistica, punta l’attenzione sulle componenti principali che ne costituiscono l’ossatura, e fra queste include i trasporti ferroviari a servizio dei porti.
Si tratta, dice, di infrastrutture essenziali, la cui mancanza rappresenta un punto dolens.
A conferma, ne riporto di seguito alcuni stralci:
…”Per crescere come sistema Paese bisogna investire nella logistica e rimuovere gli ostacoli, intendendo per logistica l’ampio sistema dei trasporti e dei sistemi connessi alla mobilità delle merci … La logistica è un sistema produttivo … Infrastrutture inadeguate, burocrazia, territori disconnessi ampliano il divario con l’Europa … Abbiamo porti marittimi che non sono collegati alla rete ferroviaria, colli di bottiglia lungo i principali assi della viabilità, aree industriali che soffrono per una accessibilità scadente … Puntare sulla logistica conviene, ad esempio realizzando dei collegamenti fra i porti, gli aeroporti, le aree industriali e con la rete ferroviaria. A volte si tratta di semplici raccordi che porterebbero grandi benefici a tutto il sistema della mobilità e alla competitività dell’industria italiana”.
Si tratta di considerazioni inconfutabili, benché ci sia chi potrebbe essere portato a dare ad esse il significato di una “allarmistica” raccomandazione, troppo sbilanciata su certe posizioni.
Tuttavia, neanche si può ignorare che esse contengono un forte richiamo, indicativo specie per quelle situazioni – e Salerno rientra fra queste – dove, pur con l’impiego di strumenti alternativi che ne assicurano una più che accettabile operatività, la persistenza di certe lacune e la mancata messa in programmazione attuativa di adeguate misure correttive possono alla lunga rendere i sistemi logistici non più capaci di fronteggiare la dura e inesorabile competizione nell’arena, ormai globale, dei traffici combinati mare/terra.