SALERNO – “Non ho nulla da nascondere”, avrebbe detto proprio così al pm Vincenzo Montemurro il sindaco di Scafati Pasquale Aliberti che da pochi giorni è stato sommerso da una bufera giudiziaria insieme alla moglie Monica Paolino (consigliere regionale di Forza Italia). Si è presentato di sua volontà per rendere dichiarazioni spontanee, una prassi innovativa del codice di procedura penale che spesso, però, i sostituti procuratori non concedono ai loro indagati. Una scelta che anche molti difensori non prediligono e non consigliano ai loro clienti. Nella realtà si tratta di una “strategia giudiziaria” valida e/o pericolosa sia per la pubblica accusa che per la difesa. Per spiegare meglio il concetto è necessario fare un passo indietro ed andare alla prima mattinata del 18 settembre scorso quando personalmente il pm Montemurro, insieme ai Carabinieri della DDA di Salerno, fece irruzione nella vita e nei beni materiali dei due coniugi scafatesi per effettuare accurate perquisizioni e per notificare corposi avvisi di garanzia. Pesantissime le accuse di collusione con la camorra casertana dei casalesi e di stretta amicizia con l’ex parlamentare e vice ministro Nicola Cosentino (ben noto alle cronache giudiziarie); non solo, negli avvisi di garanzia venivano ipotizzati una serie impressionante di reati. Quel momento dell’irruzione e della perquisizione andava analizzato nei suoi minimi dettagli, ed è qui che il lavoro del difensore, avv. Giovanni Annunziata, è stato di una qualità a dir poco superlativa. L’avv. Annunziata in pratica si sarà posto la stessa domanda che anche io mi posi nell’immediatezza dell’accaduto: perché la perquisizione e perché la presenza diretta del pm ? In effetti Vincenzo Montemurro, alla luce dell’enormità delle accuse ipotizzate, avrebbe potuto facilmente richiedere ed ottenere non un semplice mandato di perquisizione ma addirittura un “mandato di cattura” che avrebbe avuto una risonanza clamorosa anche a livello nazionale vista la caratura dei personaggi: marito e moglie, un sindaco ed una consigliere regionale appena rieletta e per di più con l’incarico di presidente della Commissione Regionale Antimafia. Sarebbe accaduto di tutto e di più; da un lato il caso avrebbe proiettato nuovamente il pm Montemurro all’attenzione mediatica nazionale (dopo l’inchiesta su Alberico Gambino ed altri e dopo l’inchiesta sul tesseramento PD 2012 che al momento sonnecchia in attesa, forse, di riesplodere); dall’altro una deriva politica senza precedenti che avrebbe coinvolto una delle città più grosse della provincia ed avrebbe chiamato direttamente in causa anche la giunta regionale che da pochi giorni aveva affidato alla Paolino l’incarico presidenziale. Ma ritorniamo alla domanda. Posso soltanto ipotizzare che il pm Montemurro essendosi trovato di fronte ad una valanga di accuse, alcune delle quali incredibili se vere, ha voluto vederci più chiaro e si è quindi portato personalmente per eseguire le operazioni di perquisizioni; non si è trattato di un atto di sfiducia nei confronti degli investigatori della DDA piuttosto di un accompagnamento al fine di evitare qualsiasi tipo di deriva in negativo o in positivo, insomma il pm si è mosso come gli ottimi inquirenti dovrebbero sempre fare per assicurare il massimo della trasparenza anche nei loro atteggiamenti investigativi. E’ in questo spazio, tra arresto o perquisizione, che a mio avviso si è inserita la tempestiva azione dell’avv. Annunziata; da un lato con l’opera di convinzione per indurre il suo cliente ad offrire la spontaneità nel voler rendere dichiarazioni esplicative, dall’altro con l’abilità di sapersi inserire ed occupare quello spazio che il pm aveva lasciato intravedere nella sua indagine. Una perfetta “strategia difensiva” che, per carità non è esaustiva e risolutiva ma che certamente è di grossa apertura verso chi sta indagando a 360 gradi; questa non è una sviolinata nei confronti dell’avv. Giovanni Annunziata che conosco pochissimo e con il quale ho scambiato poche riflessioni negli ultimi anni, è piuttosto una considerazione che molti altri dovrebbero fare prima di parlare o di scrivere. Nessuno, ovviamente, è autorizzato a pensare che giovedì 1° ottobre in un sol colpo la pubblica accusa e la difesa abbiano risolto e chiuso il caso che rimane complicato in tutta la sua problematica e grave prospettazione accusatoria; un fatto eclatante come quello accaduto a Scafati il 18 settembre non si chiude con una dichiarazione spontanea che, seppure durata oltre tre ore, deve ancora essere serenamente vagliata, con l’aiuto sia di memorie difensive che il legale ha già anticipato che con momenti investigativi successivi. Per il momento è necessario prendere atto che il notissimo pm antimafia Vincenzo Montemurro non ha lasciato niente al caso e, soprattutto, ha cercato di evitare la luce di riflettori molti più grossi che qualche arresto clamoroso gli avrebbe garantito. Nel titolo ho scritto che “Aliberti non ha nulla da nascondere” per stigmatizzare un atteggiamento difensivo e non l’innocenza o una colpa; quelli che non vanno dal pm spontaneamente e/o non vengono ammessi non sono assolutamente colpevoli, almeno fino a sentenza passata in giudicato; anche quello fa parte di una strategia difensiva. Alla prossima.
direttore: Aldo Bianchini