Casamonica: il flop di Vespa e la cattiva informazione


Aldo Bianchini

SALERNO – La trasmissione televisiva “Porta a Porta” di Bruno Vespa, all’inizio del suo storico ventennale, con il “caso Casamonica” ha toppato di brutto. A maggior ragione perché dopo le precedenti polemiche sulla risonanza mediatica che era stato dato all’avvenimento dei funerali di Vittorio Casamonica il talk show più visto in questo Paese “Porta a Porta” poteva e doveva organizzare l’invito dei due esponenti del “clan” in una maniera e in una forma assolutamente diversi. Anche Bruno Vespa, a mio avviso, è stato vittima di quella furiosa mania dello scoop a tutti i costi che sta scaraventando, giorno dopo giorno, il mestiere di giornalista e la libertà di stampa sempre di più verso il baratro del filtro e della censura. Le trasmissioni dell’8 settembre con Vera e Vittorino Casamonica e, soprattutto, quella della sera successiva (che qualcuno ha definito riparatoria !!) con Alfonso Sabella (magistrato e assessore alla legalità del Comune di Roma, autentico gentiluomo) hanno evidenziato diversi aspetti molto negativi della vicenda. Innanzitutto che Bruno Vespa, pur rimanendo uno dei grandi giornalisti contemporanei, si è fatto trascinare in un vortice senza fine di arroganza e di supponenza, difetti molto diffusi tra i giornalisti comuni ma impensabili in un soggetto molto equilibrato come il giornalista abruzzese; oltretutto ha dimostrato, nel confronto con Sabella, di non avere il senso dell’umiltà. Bastava, forse, chiedere scusa per il grave errore e tutto si sarebbe placato; ora invece il caso è approdato in Commissione Vigilanza con un PD che non vede l’ora di mettere le mani anche su Porta a Porta. L’altro elemento di riflessione è costituito dal fatto che quando si invita un ospite questi deve essere messo in condizione di esprimere il proprio pensiero in libertà e non può essere sottoposto ad un fuoco di fila come se si trovasse in un’aula di tribunale; la tv non è un tribunale e i giornalisti non sono inquirenti. La categoria si ingigantisce quando va alla ricerca della verità, e la verità è costituita da tanti segmenti, uno dei quali appartiene all’imputato ma gli altri sicuramente alle vittime. E delle vittime a Porta a Porta non c’era neppure l’ombra. L’altro aspetto che mi piace sottolineare è la grande serenità ed anche la composta educazione di un uomo, Alfonso Sabella, che pur rimarcando la grande professionalità di Vespa non ha mancato di mettere in evidenza le cadute di stile, e poteva infierire di più; ecco personaggi come Sabella mi piacciono e mi rassicurano anche quando fanno i magistrati; peccato che nel mondo della giustizia non ce ne siano tanti come lui. Mi dispiace rimarcalo, ma l’esempio portato da Vespa a sua giustifica con le grandi interviste del passato fatte sempre sul servizio pubblico da Biagi, Bocca o Santoro è un esempio fuori luogo; parliamo di tempi e situazioni molto diverse. Il buon senso giornalistico (perché per fare i giornalisti ci vuole buon senso) è lo strumento necessario ed indispensabile per fare questo mestiere che è e resta tra i più belli del pianeta. Vespa non ha avuto buon senso e neppure una briciola di umiltà, ha soltanto inseguito lo scoop senza rendersi conto di quello che poteva accadere ed a nulla è servita la presenza in studio di due affermati giornalisti, anch’essi trascinati dalla “furiosa mania” che spesso anche nella nostra realtà di provincia pervade una moltitudine di vecchi e giovani giornalisti, travolti quasi da un “delirio di onnipotenza” sulla base di un tesserino che molto spesso viene dato a cani e porci. Probabilmente, per quanto attiene Vespa, sarà stata la sua origine abruzzese a giocare un ruolo decisivo nella caparbietà di andare avanti a tutti i costi, anche al cospetto di un magistrato-assessore che lo ha comunque trattato con i guanti bianchi. Un cattivo esempio di informazione pubblica, non c’è che dire; un esempio che avrà comunque una ricaduta negativa nei confronti del mondo giornalistico e della libertà di stampa che spesso viene confusa, tra arroganza e supponenza, con la libertà di fare e disfare a proprio piacimento. Non è così, la realtà della vita odierna impone a tutti di essere riflessivi ma mai accomodanti nella trattazione di tutte le notizie che vengono scaraventate sui tavoli delle redazioni di tutto il mondo. Ho già scritto recentemente che le grandi trasmissioni televisive, soprattutto quelle che inseguono i casi giudiziari più eclatanti devono necessariamente essere autoregolate nel loro sistema di proposizione al pubblico, in caso contrario presto la regolamentazione verrà imposta giustamente dall’alto e sarà la fine dei tanti “processi mediatici” che sembrano essere diventati il sale e il pepe della nostra vita quotidiana. Naturalmente, come accade sovente, in un Paese sommerso dai falsi infingimenti si è scatenata la polemica e tutti dicono tutto e il contrario di tutto; ha parlato perfino il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che non dovrebbe avere alcuna facoltà di parola in considerazione delle sue continue assenze dalla capitale che, al di là di Porta a Porta, deve riguadagnare la sua dignità. Sbaglia anche Carlo Freccero (componente consiglio Rai) quando accenna allo share altissimo pur di giustificare il conduttore; non capisce che era ed è in gioco qualcosa che va ben oltre la punta eccezionale di share e che tocca direttamente la dignità di un intero Paese che non può permettersi il lusso di parlare e scrivere dei Casamonica a distanza di un mese dai funerali del capostipite. Fin da subito doveva calare il sipario e con esso il silenzio.

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