Aldo Bianchini
SALERNO – Il Mar Mediterraneo, il “mare nostrum”, fin dalla preistoria ha occupato un ruolo centrale negli scambi commerciali; anticamente tra le terre che si affacciavano sul mare, poi in tutta Europa e, infine, in tutto il mondo. Questo ruolo è rimasto inalterato nei secoli ed è attualissimo ancora oggi con l’apertura del raddoppio del Canale di Suez che ha dato maggiore forza all’importanza del “corridoio Suez – Algeciras” che dalla sua posizione sullo stretto di Gibilterra consente il transito verso gli altri continenti (soprattutto le Americhe) ed anche verso il resto dell’Europa centrale e del nord non dimenticando gli scambi verso la Russia e i Paesi Orientali (Cina e India compresi). Algeciras è il punto di partenza del “corridoio Mediterraneo”, una linea di grande comunicazione che arriva a Lione (Francia) e da lì verso il centro Europa saltando l’Italia oppure tagliando le Alpi (sempre che il movimento No-Tav consenta la costruzione della ferrovia) per arrivare fino a Trieste e balzare verso Budapest. Dal centro Europa viene una domanda di scambi commerciali che gli esperti giudicano nella misura del 100% in crescita già per il 2016. L’Italia, ripeto, appare completamente tagliata fuori dal grande “Corridoio Mediterraneo” se non riuscirà a breve a costruire la Torino – Lione (per allacciarsi al corridoio) e se non predisporrà i quattro corridoi dei quali soltanto uno tocca il Mezzogiorno con il Sud sempre assolutamente escluso dai veri grandi discorsi internazionali. Il primo corridoio è il “Baltico – Adriatico” che dai porti di Trieste, Venezia e Ravenna sale verso la Polonia. Il secondo è il “Mediterraneo” che partendo da Alceciras dovrebbe passare (con biforcazione da Lione) per la pianura padana via Torino – Milano – Venezia – Trieste per poi salire verso Budapest e la Polonia (con il Baltico). Il terzo è il “Reno – Alpi” che dovrebbe collegare i grandi porti del nord Europa (Anversa, Rotterdam, Amsterdam) con Milano e Genova. Il quarto è il corridoio “Scandinavo – Mediterraneo” che da Helsinki, via Stoccolma, scende per la Germania e l’Austria, attraversa il Brennero e da Verona si dirama verso l’alto Tirreno (La Spezia, Livorno) l’alto Adriatico (Ravenna, Ancona) e con un ramo dovrebbe scendere vero sud fino a Napoli – Gioia Tauro – Palermo da un lato, e Bari – Taranto dall’altro. Il porto di Salerno rimarrebbe, così, davvero fuori dai grandi traffici internazionali a meno che non riesca in tempi brevissimi a creare una sorta di allacciamento con la direttrice Napoli – Bari o Napoli – Gioia Tauro del ramo sud del corridoio Scandinavo – Mediterraneo. Con uno sguardo sul futuro, assume una valenza davvero strategica l’apertura funzionale della Porta Ovest che consentirebbe rapidamente la progettazione e la costruzione del ramo autostradale di congiunzione con il corridoio Scandinavo – Mediterraneo. Sarebbe anche auspicabile la costruzione di un traforo ferroviario Porto – Nocera Inf. (come più volte suggerito su questo giornale dall’ing. Gaetano Perillo) per collegare la nostra portualità al discorso della Alta Velocità che secondo il primo ministro Matteo Renzi dovrebbe arrivare fino ad Eboli. Con qualche variabile si riaffaccia e riprende quota l’antico progetto di riammagliamento dei trasporti ideato dalla “Salerno socialista” degli anni ’80 che vedeva in San Nicola Varco il punto nodale per i trasporti ferroviari, marittimi e stradali. Ma al porto di Salerno mancano le zone per la logistica che il presidente Andrea Annunziata ha già individuato come siti nella Valle dell’Irno e nell’ Agro Nocerino-Sarnese; soltanto così il grande disegno potrà prendere quota anche in campo internazionale e non soccombere di fronte alle scelte (scellerate per Salerno) che il governo nazionale si accinge a fare. Questo è il quadro generale della situazione presente rispetto agli eventuali sviluppi futuri. In questo quadro dovrà forzatamente inserirsi la strategia regionale che Vincenzo De Luca dovrà essere capace di governare e di indirizzare se non vorrà l’inarrestabile declino del porto di Salerno. Senza dimenticare che dal porto di Salerno, dalle grandi vie di scambi commerciali, dall’allestimento delle infrastrutture dipenderà il destino del nostro territorio sul piano economico, occupazionale, commerciale e turistico. Nella prossima puntata cercherò di descrivere i tempi di attesa delle navi nei porti, tempi che incidono notevolmente sull’economia della grandi compagnie.
direttore: Aldo Bianchini
Dapprima un doveroso richiamo a carattere storiografico per introdurre un breve commento a questa nuova puntata sul Porto.
Nei primi quattro decenni dopo l’Unità d’Italia, le opere di ammodernamento delle infrastrutture e delle vie di comunicazione entro i confini del nuovo Stato e verso i paesi confinanti furono concentrate nelle regioni settentrionali e portarono alla realizzazione di importanti trafori alpini (Frejus-1871; Gran San Bernardo-1882; Col di Tenda, stradale-1882; Col di Tenda, ferroviario-1890; Sempione-1898) e delle relative vie di accesso irradiate verso i territori circostanti.
Ai porti del sud non fu data l’importanza dovuta e neppure fu riconosciuto il ruolo che avrebbero potuto avere per incrementare i traffici oltremare.
Non furono avviate di conseguenza importanti opere di ammodernamento e/o realizzazioni di arterie stradali e ferroviarie, che avrebbero potuto evitare o alleviare il processo di isolamento delle regioni meridionali, rimaste così non al passo con il resto del paese e sempre nella condizione di dover rincorrere un battistrada.
Furono scelte penalizzanti, perché oltretutto non tennero conto che, all’epoca degli Stati pre-unitari, esistevano al Sud realtà produttive, insediamenti socio-economici, potenzialità archeologiche turistiche
e paesaggistiche, la cui valorizzazione, favorita dall’appoggio di opportuni interventi infrastrutturali, avrebbe prodotto ricadute positive per l’intera nazione, evitando forse l’insorgere della “Questione Meridionale”, tuttora irrisolta.
Purtroppo, l’opinione largamente diffusa nei due secoli scorsi, cioè che per l’avvio di innovazioni era comunque conveniente iniziare dal Nord, ancora persiste.
Da parte dei detentori del potere politico-economico e dell’informazione, di estrazione o provenienza meridionale, non vengono svolte al riguardo azioni incisive per invertire questo dato di fatto, vuoi per poca conoscenza di certe problematiche, vuoi spesso per l’incapacità di cogliere per tempo il significato di processi evolutivi e di fattori determinanti dei diversi scenari socio-economici in divenire.
Il Ministro Delrio ha di recente affermato che va portata l’Alta Velocità al Sud e che occorre recuperare ritardi storici che non possiamo più permetterci.
Non è accettabile allora rimanere ancora alla finestra e assistere inerti al consolidarsi di iniziative e realizzazioni capaci di modificare significativamente i fattori produttivi in larghi settori dell’economia mondiale e che possono condizionare in maniera consistente lo sviluppo delle singole nazioni.
In tema di movimentazione delle merci, quindi, non agganciarsi all’imponente reticolo delle grandi arterie stradali e ferroviarie, che nel giro di pochi anni garantiranno crescenti velocizzazioni dei trasporti terrestri dei prodotti provenienti o destinati ai trasporti marittimi (sempre più massicci in virtù delle grandi opere marittime programmate e del gigantismo navale), significherà rimanere confinati in una posizione subalterna, di retroguardia e di piccolo cabotaggio.
Salerno non può ignorare l’evoluzione in corso a Livorno, Trieste, La Spezia, Ravenna, Civitavecchia, Gioia Tauro, Bari Taranto, Venezia, Ancona, Napoli, Genova, – per citare solo quelli italiani – tutti porti nei quali i responsabili dell’attività gestionale, sia a livello operativo che di utilizzatori, hanno avvertito da tempo l’importanza dell’intermodalità articolata e complementare.
Con idee e progetti concreti hanno coinvolto autorità politiche, organismi del mondo economico e accademico, opinion makers. ecc. per ammodernare e rivitalizzare le rispettive infrastrutture portuali, anche in situazioni ambientali oggettivamente difficili.
Pur a fronte di processi decisionali lunghi e complessi, con azioni coordinate e mirate, hanno ottenuto le necessarie approvazioni e gli indispensabili finanziamenti.
Anche Salerno può aspirare ad essere una porta “principale” di ingresso per l’Europa dal Mediterraneo.
Non intercettare, con impianti appropriati e opere infrastrutturali al passo coi tempi, il crescente traffico che vi si svolge può dare allo scalo una connotazione negativa e di secondo livello.