Aldo Bianchini
SALERNO – Per la media borghesia italiana ciò che può un ragionamento fatto intorno ad un tavolo per un pranzo o una cena, oppure due canzonette strillate da un palco nel corso di una festa paesana, sicuramente non può fare l’ufficialità di un discorso fatto anche senza invitare gli interessati da quelle decisioni che scaturiscono dallo stesso discorso. Mi spiego meglio !! L’arcivescovo di Salerno mons. Luigi Moretti è apparso sempre poco popolare e/o populista e più attaccato alle regole ed alla ufficialità dei suoi discorsi, soprattutto quando questi riguardano la sacralità della chiesa cattolica e la sua preservazione da inquinamenti pagani. L’arcivescovo emerito mons. Gerardo Pierro, per fare un esempio, era diverso ed appariva più popolare e populista; sua però la responsabilità, quindi, di aver fatto crescere nella media borghesia salernitana la convinzione che la processione del Santo Patrono dovesse piegarsi a tutte le richieste di inchini, giravolte, entrate e uscite varie. Se si pensa, poi,che tutto questo si è esacerbato con la presenza del “divino kaimano” padrone assoluto del Palazzo di Città almeno dal 1993: che sfilava sempre da solo dietro il Santo almeno un passo davanti all’arcivescovo con in coda tutto l’esercito dei peones, che si affacciava dalla balaustra delle scalinate del Duomo sempre per primo rispetto anche ai cardinali, che la plebe applaudiva ed osannava senza ritegno. Ecco che doveva comunque arrivare ineludibile la svolta cristiana e non più pagana. Il Santo Patrono non si inchina dinanzi a nessuno, non fa giravolte o balletti e non entra e esce dai portoni; il sindaco farebbe bene ad attendere la processione davanti allo scalone d’onore del Municipio e, se credente, a genuflettersi al suo passaggio in modo da predisporre tutta la Città al doveroso omaggio verso il Patrono, per poi aggregarsi alla processione. Per confermare la vicinanza di San Matteo verso i suoi fedeli e le antiche tradizioni popolari, non è necessario che il Santo si infili nell’atrio della Guardia di Finanza o nell’androne principale del Comune. E’ il sindaco, semmai accompagnato dalla giunta, che deve rendere omaggio in nome e per conto di tutto il popolo salernitano al suo protettore. Così come il Comandante della Guardia di Finanza ha già deciso, doverosamente e religiosamente, di fare; esce dal suo palazzo e va incontro alla statua per renderle omaggio. Non mi sembra una cosa difficile e neppure irrealizzabile; anche perché in questo modo non sarà consentito in futuro a nessun sindaco di ripetere gli obbrobriosi sconvolgimenti dettati dall’umore del kaimano e non dai precisi e severi regolamenti imposti dalla CEI della Campania. Ed ecco, allora, che la scelta di don Michele Pecoraro (il prete cantante) come parroco della cattedrale assume una valenza che va al di là delle stesse scelte ed entra in un terreno poco praticabile dal vescovo ma sicuramente calpestabile dal parroco molto conosciuto, molto popolare, anche populista e probabilmente amato. A lui, con qualche schitarrata in più, spetta ora il compito della difficile mediazione al fine di indurre quei pochi “capa tosta” dei portatori a scendere a miti consigli, magari seduti a tavola e con un po’ di musica tra un bicchiere e l’altro. Non c’è altra soluzione che quella del sindaco in attesa che si inchina al passaggio del Santo; altrimenti continueremo a pasticciare. In caso contrario ha perfettamente ragione l’avvocato Luciano Provenza (consigliere comunale di maggioranza) che ha proposto la chiusura ermetica del cancello di entrata nel Palazzo di Città per evitare quella vergognosa, spocchiosa, meschina e abusiva apertura dei cancelli (con largo anticipo sull’arrivo della processione) da parte di due vigili urbani in divisa (li ho visti con i miei occhi insieme a tanti altri testimoni !!) che l’anno scorso ha rischiato di far degenerare il clima già turbolento della processione. E nessuno, neppure la magistratura, si è interessato di scoprire i due artifici di quell’insano gesto che di per se assolve eventuali responsabilità di quelli che ebbero reazioni sconsiderate per non dire di stile delinquenziale, contro il Vescovo e contro la Chiesa. Quel gesto fu un vero e proprio invito alla rivolta e se esistesse una legge divina, quei due vigili urbani dovrebbero essere seduti nell’aula del tribunale al posto di quei portatori rei di aver avviato la scandalosa disubbidienza. Perché, mi chiedo, quei due sciocchi non sono stati mai identificati e puniti ? Mi ha piacevolmente sorpreso l’intervento di Giuseppe Acocella, detto Pino, che con poche ed efficaci parole ha invitato tutti a ritornare a quella sensibilità religiosa che la cittadinanza salernitana ha sempre dimostrato. Cosa accadrà da qui al 21 di settembre ? Difficile dirlo; una cosa però è certa, il futuro di Mons. Moretti ed anche quello di don Michele dipenderà dal modo in cui riusciranno a chiudere la trattativa che sembra aver avuto un improvviso ritorno di fiamma dopo l’insediamento ufficiale di don Michele in cattedrale.
direttore: Aldo Bianchini